Tartaruga gigante trovata a largo di Lampedusa
Data: Domenica, 17 agosto 2014 ore 07:45:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Biologa Freggi,
eccezionale ritrovamento - LAMPEDUSA, 15 AGO - Festa grande al
Lampedusa Turtle Group, il centro per il recupero delle tartarughe
marine in estinzione. E' stata ritrovata, annuncia la biologa Daniela
Freggi che lo gestisce da 20 anni con il patrocinio del Wwf, una
tartaruga liuto di 250 kg. ''E' un eccezionale ritrovamento'',
sottolinea la Freggi visto che da tempo al massimo si trovano esemplari
giovani e di poche decine di chilogrammi proprio perchè sono in
estinzione. La scoperta della tartarugona, che potrebbe avere una
quarantina d'anni, è del motopesca Serena con il suo capitano Filippo
Solina e il suo equipaggio al largo del mare di Lampedusa. ''Li
ringrazio per la disponibilità e la sensibilità che hanno mostrato
ancora una volta'', dice soddisfatta la dottoressa volontaria Freggi
che sulla collaborazione con i pescatori lampedusani punta molto per
aiutare i 'suoi' animali. La tartaruga ha un amo conficcato ma si potrà
salvare. Andrà a stare fino a guarigione in una delle vasche del
centro-laboratorio, l'unico in Sicilia, visitabile ogni pomeriggio al
pubblico dalle 17 alle 20.
Tartarughe,
a Lampedusa dove i volontari sognano di salvarle dall'estinzione -
Visita al centro dove curano le caretta caretta
Si chiamano Serena, Maia, Alex, Diana, Homerous e sono le tartarughe
ferite che Diana Freggi e un manipolo di volontari - in queste
settimane d'agosto - curano con grande passione nel centro Lampedusa
Turtle Group che ha il patrocinio del Wwf. E che dopo i tagli ai fondi
che hanno provocato la chiusura degli altri centri - tra qui quelli di
Comiso e Ficuzza - e' rimasto l'unico aperto in tutta la Sicilia ad
occuparsi delle caretta caretta, le tartarughe a rischio di estinzione
che abitano questo mare.
''Noi resistiamo - dice la biologa marina Freggi, l'eroina delle
tartarughe, da 20 anni emigrata in Sicilia per loro - i fondi non li
avevamo prima e non li abbiamo oggi, a noi non e' cambiato nulla.
Viviamo del nostro volontariato, di chi come il chirurgo veterinario
Antonio Di Bello dell'università di Bari prende il primo volo per
Lampedusa quando lo chiamiamo per qualche operazione da fare e lui con
generosità si precipita. Ci sono tre tartarughe che hanno bisogno del
suo bisturi per non morire''. C'è il volontariato, diciamo anche la
dedizione assoluta di Diana Freggi, quello di Di Bello e quello dei
tanti ragazzi che da ogni parte d'italia e dall'estero vengono a dare
una mano qui.
''Siamo in una casa del centro tutti insieme noi volontari, ci paghiamo
le spese, lavoriamo con le tartarughe, impariamo a conoscere la loro
vita e quello che noi possiamo fare per non contribuire alla loro
estinzione. Sono 15 giorni o un mese qui ma e' un'esperienza che vale
tanto'', ci racconta Caterina che e' arrivata da Milano e pazienza se
il tempo per fare il bagno e' davvero poco. E ci sono i turisti, i
bambini in vacanza a bocca aperta a vedere muoversi nelle vasche di
degenza, i loro letti d'ospedale, questi animali che magari hanno un
amo nel'intestino, un'intossicazione da plastica scambiata per una
medusa di cui sono ghiotte o una ferita sul carapace provocata
dall'elica di un motoscafo.
Ai turisti e' aperto durante la stagione estiva, ogni pomeriggio dalle
17alle 20, i bambini guardano, ascoltano i racconti delle volontarie,
sono i primi a lasciare qualche euro di offerta mentre ammirano la
figura lenta di questi animali. Una sosta obbligata qui a Lampedusa,
tra un tuffo e l'altro. ''Una visita importante perché dalla loro
sensibilità - racconta Daniela - si potrà cambiare in futuro il nostro
rapporto con il mare. L'uomo ha inventato una cosa utile come la
plastica ma quando la getta in mare non si rende conto di quanto sia
un'arma micidiale. Il tappo di una bottiglia di plastica si pianta alla
bocca dello stomaco della tartaruga e la soffoca, per fare un esempio
banale''.
E poi i bambini sono preziosi, ''tornano nelle loro città e spesso
quando nei primi giorni di scuola gli insegnanti chiedono cosa è
rimasto delle loro vacanze è proprio il racconto di un pomeriggio
passato a vedere le tartarughe ferite la prima cosa che affiora e da lì
una bella onda di conoscenza, voglia di approfondimento, di educazione
ambientale si propaga'', dice con entusiasmo la Freggi.
Con le donazioni dei turisti si comprano alimenti, medicine,
strumentazioni. C'è la sala chirurgica, il laboratorio, la sala video,
lo spazio 'museo' con la storia di questi animali, le uova grandi come
palline da ping pong che non si sono schiuse (una visita virtuale in
attesa di andare a Lampedusa si può fare su
www.lampedusaturtlegroup.org). In 20 anni racconta la biologa ''abbiamo
curato 4000 tartarughe, cinque anni fa nel centro ne sono arrivate 500
, lo scorso anno appena 30, prima arrivavano esemplari da 60 kg ora da
10. Significa che si stanno estinguendo per davvero e che muoiono
sempre più giovani''.
Molte tartarughe arrivano dalla Sicilia, dove le squadre del Wwf,
specialmente le guardie della Riserva Naturale di Torre Salsa, Paceco e
Capo Rama, affrontano i viaggi di collegamento dalle Capitanerie dove
l'animale è stato trasportato al traghetto di Porto Empedocle, con
qualsiasi tempo e a qualsiasi ora. Un capitolo a parte spetta ad
Homerous, la tartaruga di circa 25 anni che da tre anni è diventata una
mascotte del Centro. E' arrivata nel 2008 da Marsala, con una ferita ad
una pinna. Quando è arrivata era affamata, mostrava una grande ferita
cicatrizzata sul dorso, responsabile della lesione alla colonna
vertebrale che le impediva l'uso delle pinne posteriori. ''Ma la nostra
paziente ha continuato a crescere in mare, superando quel grave trauma,
fino a quando, forse in una rete a strascico, un masso le ha
polverizzato l'omero sinistro.
A questo punto per la tartaruga, con l'uso solo di una pinna, è
diventato difficile procurarsi il cibo, lei predatrice di pesci,
calamari, meduse, conchiglie, alghe, ha dovuto alimentarsi con le
piccole cose che riusciva a catturare, lenta nei suoi movimenti, fino a
quando sfinita, è rimasta impigliata nelle reti di un pescatore
sensibile, che dopo averla recuperata, l'ha consegnata alla Capitaneria
di Porto di Marsala, che l'ha affidata alla squadra del WWF per il
trasporto presso il nostro ospedale. Le radiografie hanno mostrato
subito l'impossibilità di recuperare l'osso leso, e l'unica cosa che
abbiamo potuto fare è curarla dalle infezioni e dalla debilitazione che
la indebolivano. Le abbiamo dato il nome di quell'osso che le impedisce
la libertà, ed ora è Homerous per tutte le migliaia di visitatori che
anno dopo anno la ritrovano nel nostro ospedale. Nel frattempo Homerous
cresce, sensibilizza le persone alla difesa dell'ambiente e delle
tartarughe marine in estinzione, e stimola convegni dove i veterinari
studiano il suo caso, per cercare di trovare le nuove tecniche
ortopediche o neurologiche che le restituiscano la velocità che le
serve per la sopravvivenza. Spesso la portiamo in mare, per ritrovare
il suo ambiente, ed è dolcissimo vederla fare capolino fra la
posidonia, nel blu trasparente delle acque cristalline di Lampedusa'',
racconta la volontaria che è addetta a lei e che qualche giorno fa s è
emozionata a vederla muoversi nel mare per la terapia riabilitativa.
Dice Daniela Freggi: ''per lei sogniamo un braccio di mare dove
protetta possa sviluppare la sua muscolatura, per compensare le
limitazioni motorie che ha. Una piccola baia dedicata a lei,
ambasciatrice di una specie che sta scomparendo dai nostri mari,
preziosa per l'umanità perché ha il compito di tenere sotto controllo
il numero sempre maggiore di meduse, un pezzetto di mare dove la gente
posa vederla nuotare, dove lei possa imparare ad andare più veloce, per
catturare il suo cibo''. Fondamentale e' la collaborazione con i
pescatori, la Freggi li vorrebbe più sensibili come quelli di Mazara
del Vallo. Le tartarughe sono a volte considerate dannose, rompono le
reti, sono fastidiose, e' difficile far capire loro che stanno per
estinguersi. E capita anche che li tengano come 'attrazione' nelle
barche che fanno il giro turistico dell'isola.
''A Lampedusa c'è solo un pescatore che si da tanto da fare per noi, ci
consegna gli animali feriti che trova, ci porta le meduse per dargliele
da mangiare'', racconta. Muoiono per le lenze da pesce spada conficcate
nell'intestino, per i metalli pesanti per le fratture agli arti
provocate dalle eliche, ''tutti danni provocati dall'interazione con
l'uomo''. Daniela insegna matematica e scienze agli studenti delle
medie a Lampedusa, ''mi mantengo così per lavorare volontaria anche io
in questo centro aperto 365 giorni l'anno. ''Un solo ragazzo di
Lampedusa c'è ad aiutarci e questo mi dispiace tanto, ma le cose
cambieranno sono fiduciosa'' dice la dottoressa che avrebbe voluto da
biologa marina occuparsi di delfini invece il destino l'ha portata qui
da Roma ad occuparsi delle tartarughe. ''Sono animali solitari,
ostinati che solo con il tempo ho imparato ad amare. Sono tenace come
loro'', conclude.
Alessandra Magliaro
Ansa.it
Lampedusa, le meraviglie
dell'isola che non vuole più etichette - Il mare è una piscina, la
terra una zattera protesa a Sud
Lampedusa, da dove si comincia? Dalle cassate e dai cannoli di
ricotta di Isola delle Rose. O dagli arancini al ragù o alle melanzane
della rosticceria Mancino in gara con il bar dell’Amicizia del fu poeta
don Pino Brignone o con Martorana. Forse da una granita di gelsi o di
mandorle o di pistacchi nel bar di Via Roma che di sera diventa piano
bar e leggenda vuole cominciò lì Mario Biondi. A cena al Portohotel
Calandra sotto al porto vecchio per tartare di tonno e ricciola
eccezionali o ‘fuori porta’, si fa per dire, da Bernardo dove sarebbe
un delitto rinunciare ai primi (il Terranova con trito di seppioline e
acciughe per esempio) o nel meraviglioso giardino arabo di Borgo Cala
Creta dove Omar, tunisino, da oltre 20 anni delizia gli ospiti con le
conchiglie alla Spatola o con il cous cous di cernia. Di sera al Tunez
a Cala Croce, a vedere il tramonto a picco sul mare o bere vino siculo
allo Sbarcatoio Lounge, meta di movida al Porto Vecchio, aperto da tre
veronesi, tra i tanti ‘immigrati’ che hanno scelto di trasferirsi
sull’isola più a sud di Tunisi. A casa al ritorno si portano le delizie
ittiche – sgombro, accelle, tonno, bottarghe, sughi afrodisiaci – di
Paqualino Famularo (www.famularo.it) o di sua sorella Sarina
(www.iprodottiittici.it) , produzioni a mano, tagliate a lama di
coltello, senza l’ombra di conservanti e le spugne giganti dello
Spugnificio storico di Lampedusa, quello di Giovannino.
No, si comincia dai lampedusani. Gianfranco Rosi, leone d’oro a Venezia
con Sacro G.R.A. li ha scelti come ‘soggetto’ del nuovo atteso film e a
settembre si trasferirà qui e Filippo Pucillo, il ragazzino che
Emanuele Crialese scelse per Respiro girato proprio in queste acque, e
che ora è cresciuto, già lo aspetta impaziente. Già i lampedusani: i
giovani che devono passarci l’inverno e non hanno il cinema (glielo
porta in piazza Castello una settimana l’anno ad agosto Massimo
Ciavarro con la rassegna Vento del Nord), le donne che per partorire
non hanno un ospedale e devono prendere l’aereo per Palermo (qui a
Lampedusa sono nati solo i bimbi dei migranti in parti d'emergenza),
gli uomini, pescatori da sempre. Lampedusa è un’isola vera, di mare,
una zattera nel Mediterraneo dove si coltiva poco o niente (ci
proveranno i ragazzi con il progetto di Terra! Onlus che vuole portare
con Legambiente gli orti urbani) e si esce ogni giorno a pescare tonni,
spada, ricciole e il bendidio di queste acque meravigliose.
I lampedusani, ospitali come Tano Licciardi che mentre ti porta alla
spiaggia dell’isola dei Conigli – da sola è meta di questo viaggio – ti
racconta quando da ragazzo fu sequestrato dai tunisini perché a 14
miglia da Lampedusa erano finiti nelle loro acque e ci vollero 15
giorni e 50 milioni di allora (che mise l’armatore della barca) a
tirarli fuori dai guai lui e gli altri 4 pescatori a strascico o
Antonio Greco che vuole non dimenticare la storia drammatica di Ester
Ada, la giovane nigeriana 17/enne, in stato di gravidanza, morta nel
2009, al largo della costa di Lampedusa, durante le operazioni di
soccorso della nave 'Pinar'. I lampedusani e i drammi dei migranti,
l’accoglienza e la voglia di non essere solo la porta dell’Europa che
pure sta lì ed è un simbolo che papa Francesco ha scelto come primo
viaggio ufficiale per gettare una corona nel mare che tante volte è
stato bara. I lampedusani che si sentono sotto i riflettori solo per
quello, anche ora che il centro è chiuso e vuoto, anche ora che su
Facebook uno xenofobo torinese poi individuato dalla polizia postale ha
fatto girare la notizia che c’erano stati casi di ebola sull'isola con
un video da 26 mila visualizzazioni e tante disdette last minute agli
albergatori disperati che come consorzio chiederanno 10 milioni di euro
di danni.
I lampedusani, fieri di tanta bellezza: i ragazzi che a km zero
stampano Capperi!, la guida per godersi l’isola, quelli di Legambiente
come l'infaticabile Simone Attardi che presidia con gli altri volontari
la spiaggia dei Conigli, dà i contenitori per non buttare le cicche di
sigaretta, ripulisce la spiaggia tutte le sere dopo l’invasione dei
turisti, controlla che la natura sia finalmente rispettata. O quelli
del Wwf che sulla banchina del porto, proprio di fronte alla
Guardia Costiera, hanno un ospedale speciale per curare le tartarughe
ferite dalle barche. O quelli di Pedi-Pedi che organizzano tour, a
piedi evidentemente, o di Prometeomare che propongono le ecologiche
bici elettriche in alternativa alle storiche mehari, la ‘spiaggina’
della Citroen residuo degli anni ’80 qui ancora in voga. Gli adulti
tengono alta la memoria come Antonino Taranto l’anima dell’associazione
Archivio storico Lampedusa dove foto, reperti, documentari raccontano
la storia dell’isola in cui battagliò con i saraceni l’Orlando furioso
ad Aria Rossa o dove ci sono persino siti megalitici o dove negli anni
’40 della povertà nera i ragazzi andavano a scuola scalzi. La memoria
degli sbarchi recenti come il cosiddetto cimitero dei barconi, relitti
sotto sequestro di traversate, pezzi di legno buttati la che Francesco
Tuccio, falegname di Lampedusa, trasforma in piccole croci per
ricordarci il dolore dei nostri fratelli in cerca di una vita
migliore.
Infine il mare e la natura, che poi a Lampedusa sarebbe l’inizio. Una
playlist di spiagge e calette da comporre ogni giorno – Pulcino,
Madonna, Gutgia, Mar Morto, Creta, Pisana, Francese, Tabaccara (‘la
piscina’ dove sembra di vedere barche volanti tanto l’acqua è
trasparente) – e su tutte i Conigli, tra le prime spiagge
d’Italia, dove le tartarughe caretta caretta in estinzione vanno
a depositare le uova. Oggi ce n’erano 91 sotto la sabbia, lasciate da
un'unica mamma la mattina presto del 30 giugno, avvistate da un turista
che per fortuna era di Legambiente Siena e chiamò gli altri
volontari per organizzare la protezione delle uova che sono piccole
come palline da ping pong. Si schiudono a fine agosto, primi di
settembre. Bisognerà tornare.
Alessandra Magliaro
Ansa.it
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