Il X agosto di Giovannino Pascoli
Data: Domenica, 10 agosto 2014 ore 09:30:00 CEST
Argomento: Redazione


I miei ricordi della poesia pascoliana sono spalmati lungo l'arco del canonico curricolo scolastico degli anni '50 e primi '60; e si riferiscono, peraltro, a determinate poesie legate al gusto di un'epoca dominata dal magistero dell'idealismo crociano e dalla sua estetica. Allora io non lo sapevo che il grande critico napoletano non era mai stato generoso e compiacente nei confronti del poeta del "fanciullino". Solo alla fine del Liceo, capii la modernità, e la grandezza, del Pascoli; il fascino del suo linguaggio onirico - simbolico; e m'attrasse certa sensibilità magico - animistica della sua poesia, comprendendone il particolare valore consistente nel suo essere ossimoricamente sospesa tra la soggettività del contenuto e l'oggettività della rappresentazione.
E scoprii, allora, che il poeta del "fanciullino", non riduceva tutto alle sole leggi naturali della fisica e della chimica.

In Pascoli c'è una realtà che va oltre le forze meccaniche e inorganiche. C'è una Natura più viva, capace di partorire energie fluide; una Natura organicista, che obbedisce a movimenti più "flessuosi", più segreti, e a vincoli irrazionali. Una Natura la cui voce è mistero che impaura, con i suoi silenzi, con il buio degli spazi cosmici, con le sue "ulteriorità", i suoi "aldilà" metafisici, trascendenti. A leggerli con sensibilità più acuta, i dati "oggettivi" della natura, le forme delle cose che il poeta ci presenta, sono i "significanti" di una scrittura che rinvia, sì, agli inevitabili "significati", ma quest'ultimi, a loro volta, non riescono mai a distaccarsi dalle spoglie che li veicolano.
E' come dire: c'è l'atto incessante dell'interrogazione, ma non una risposta ; mai una soluzione netta ed esplicita". Insomma, i versi del Pascoli anche se partono da una base sensibile-naturale, nel risultato finale si rivelano di una determinatezza e precisione illusoria e ingannevole, allusiva; il dato positivo serve solo per "tirar fuori" dal significato particolare il generale, dal fatto l'Idea.
E anche questa, in definitiva, non del tutto sempre dicibile se non per interpunzioni.
Nato in piena età positivista, il poeta di San Mauro ha una sensibilità poetica impregnata di quel simbolismo fin - de - siècle, da cui tanta linfa vitale trarranno le poetiche del primo Novecento.

Ne è un esempio significativo, fra tanti, la poesia X agosto; un testo percorso da forti tensioni simboliche che trascendono l'evento luttuoso, privato, della uccisione del padre di Giovannino, per dire, anche, "altro".

I
San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.

II
Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.

III
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

IV
Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido: portava due bambole in dono.

V
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

VI
E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!

L'assassinio del padre evoca le figure evangeliche del martirio ("Ora è là, come in croce"), dell'olocausto del giusto ("Perdono"); la sua morte, equiparata al sacrificio di Gesù, trova analogie con quella del Cristo crocifisso.
Il poeta di "Myricae", in X agosto universalizza la tragedia familiare, il suo dolore privato, nel κήρυγμα di una vera e propria tragedia cosmica; una tragedia che non trova nessuna soluzione "noetica", nessuna risposta positiva, "oltre all'atto dell'interrogazione" (R. Barilli).
Quel "cielo lontano" vanifica l'essenza cristiana del mistero, estraniato, com'è, e impotente, davanti al male e al dolore dei viventi. La morte redentiva del Signore, non promette nessuna salvezza: nessun rapporto è ipotizzabile tra lo spazio orizzontale della storia e quello verticale del cielo. Nessuna comunicazione. Il gesto disperato di chi muore accennando ai segni-valore-simbolo del nido (il cibo, le bambole) ignora il compianto di un'entità metafisica iperurania e consolatrice.

Così Pascoli sigillava il suo simbolismo pessimistico, insieme con il suo spiritualismo, espressione esso stesso della crisi gnoseologica del positivismo di fronte al "mistero" di "quest'atomo opaco del Male"!

Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com





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