“Malarazza” al Cortile Platamone di Catania - Mario Incudine, Kaballà, Tony Canto in concerto
Data: Sabato, 09 agosto 2014 ore 16:10:34 CEST
Argomento: Comunicati


Tre cantanti siciliani, dopo aver calpestato, in buona gloria, i palchi dell’Italia continentale, come i nostri benamati paladini dell’arte dei pupi, scendono in campo in quello catanese del Cortile Platamone, la sera dell’appena trascorso 22 luglio, per celebrare Domenico Modugno; quello “siciliano” però, il quale si era ritagliato una fulgente leggenda, apripista di un’altra luminosa carreggiata, oltre “volare”, che il tempo non dissolve! Dico di tre nomi sonanti della canzone isolana di respiro nazionale: Mario Incudine, Kaballà e Tony Canto. Dai tre, quindi, un omaggio alla nostra Terra e al Grande Pugliese con “Malarazza”, lo spettacolo ideato su una canzone di Modugno, la quale il cantautore aveva messo in pentagramma rimaneggiando abilmente una poesia popolare di autore anonimo che Lionardo” Vigo, intellettuale acese, aveva inserito nei suoi “Canti popolari siciliani” (1857), poi “Raccolta amplissima” (1870-1874); e quindi il repertorio di marchio siciliano.
“Malarazza”, dal popolare ritornello, è rimasta più impressa nell’orecchio e anche nel cuore di spiriti indomiti che mal hanno sopportato e sopportano l’autorità padronale: «Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!». Questo messaggio forte aveva lanciato da Termini Imerese Mario Incudine, nel settembre 2013, in occasione del “Termini Folk Festival”, dove non ci si voleva arrendere alla crisi e alla “schiavitù del lavoro salariato”; per cui si gridava: «Operai liberiamoci dalla “malarazza” dei padroni. Non lamentiamoci ma lottiamo». Buona chiave di lettura per un canto sociale e di riscossa che avrei visto come centralità nel concerto catanese. Perché è questo lo spirito di “Malarazza”: dall’Anonimo a Modugno.
Ha ragione quindi il mio amico Ciccio (Francesco) Giuffrida che vuole dare più efficacia al ritornello di Modugno, poi eseguito da tanti bravi artisti: Ginevra Di Marco, Carmen Consoli, Ray Paci, Mario Venuti, I Lautari; perché nella prima stesura un servo prega Cristo per sottrarlo alle umiliazioni del padrone e quindi lo pregava perché annientasse codesta “mala razza” (ce ne sarà poi una seconda, dove Vigo ne annacqua lo spirito di rivolta sottostando al dettato inquisitoriale della Chiesa allineata ai padroni e all’antiebraismo dell’Ottocento); quindi avrei gradito lo spirito, a Catania, del “Ci ragiono e canto” di Dario Fo; per cui ne condivido anche la sottolineatura di Ciccio: «il lamento del servo davanti al Cristo trova una collocazione di grande rilievo [...] Dario Fo inserisce dopo ogni endecasillabo della risposta del Cristo un impetuoso “susitivi” (alzatevi, sollevatevi); e affida a una voce solista i versi della risposta e a tutto il coro l’intercalare “susitivi”. L’effetto è davvero molto efficace e tende a potenziare l’aspetto sociale e collettivo della ribellione a scapito di quello individuale». Il punto forte, cardine del messaggio che avrebbe dovuto far passare il concerto di Catania, lo chiarisco con la riflessione sempre di Giuffrida usata a proposito degli altri interpreti già citati: «Hanno adottato per il loro repertorio l’esecuzione più apparentemente battagliera e “rivoluzionaria”, capace di trascinare le folle dei concerti con un’orecchiabilità che fa passare in secondo piano il contenuto e ogni possibile riflessione critica. Che – se ci pensiamo bene – è la prima vittima di questo tipo di raduni in cui il saltare, il ritmare, l’agitarsi insieme, rappresentano il triste sostituto di quello che tutti noi dovremmo ricercare per capire quello che ci succede intorno: ragionare assieme».
Poi nel concerto lasciamoci tutto: “U pisci spada”, “Amara terra mia”, “Tre briganti e tre somari”, anche “La Donna riccia” e “L’uomo in Frak”, un po’ di colore genuino non guasta! “Nel blu dipinto di blu” no, era fuori posto; infatti non c’è stata. Bravi tutti i concertisti. A fianco dei 3 cantautori, ecco gli altri eccellenti musicisti: Antonio Vasta (fisarmonica, organetto e zampogna ‘a paru’, Antonio Putzu (fiati), Pino Ricosta (basso), Manfredi Tumminello (chitarra acustica), Salvo Compagno (percussioni).

Pino Pesce
Lalba.info





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