Scuola frontiera dell'inclusione
Data: Martedì, 15 luglio 2014 ore 07:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


a A Scampia c'è una scuola elementare dove la matematica si impara facendo la spesa o correndo in palestra per capire la differenza tra perimetro e superficie di una forma. Dove gli studenti sono chiamati a calarsi nei panni di insegnanti per introdurre i bimbi della scuola dell'infanzia, ai concetti di numeri e insiemi, alle operazioni e alla geometria: senza neanche una tabellina, ma con oggetti, animali e cose da comprare. E capita che gli insegnanti dell'Istituto comprensivo Virgilio 4 di Napoli si mettano a fare i programmatori dedicando ore del loro tempo extrascolastico a costruire un dvd e un sito per divulgare l'esperienza innovativa e mettere a disposizione delle scuole di tutta Italia moduli di insegnamento e giochi matematici fatti dai bambini per i bambini.
Siamo a Scampia, davanti alle Vele, il quartiere diventato simbolo di degrado e disgregazione sociale alla periferia di Napoli.
L'intuizione è nata dalla voglia di insegnare la matematica in maniera innovativa, introducendo un approccio scientifico alle situazioni complesse della vita quotidiana: «L'obiettivo è insegnare a essere buoni cittadini, a mettersi in gioco, a scegliere, a confrontarsi - spiega Paolo Battimiello, dirigente del Virgilio 4 -: le tabelline non rientrano in questa logica, ma lo studio e la comprensione di un assioma matematico possono aiutare a fare le scelte corrette nella vita quotidiana. I ragazzi devono essere educati a sapere che ci sono delle regole, nella scienza così come nella vita, da rispettare ma anche da sfruttare».
Nella primaria del Virgilio 4 la matematica viene insegnata in un apposito laboratorio ricco di materiali, di forme e colori di tutti i generi che introducono i bambini ai concetti di ordine, di insieme, di numero e poi, via via, alle varie operazioni, sempre sotto forma di gioco: «Non siamo noi insegnanti a dare loro i concetti dalla cattedra, ma li facciamo emergere insieme, attorno a un tavolo», spiega Giosuè Verde, uno dei docenti che hanno gestito l'intero progetto. Lui ha curato la parte tecnica, riversando 160 giochi matematici e una trentina di video su supporto digitale in tre versioni diverse (pc, tablet e Lim) - oltre che online sul sito www.atuttalim.it -, a disposizione delle scuole primarie che vogliano sperimentare una didattica inclusiva. La digitalizzazione è stata resa possibile dal contributo concesso dalla Fondazione Enrica Amiotti.
Con Verde ha lavorato un gruppo di docenti che ha messo a punto la parte più didattica, quella in cui gli alunni hanno "sbriciolato" la matematica, rendendola digeribile ai bimbi della materna. Il progetto è stato ampliato alle classi del secondo ciclo della primaria e ora si guarda alla media. «Bisogna eliminare i ruoli rigidi - prosegue Verde -: si tratta di eliminare qualsiasi barriera, a partire da quella tra cattedra e banco. Si lavora insieme, perché tutti devono imparare che siamo noi a costruirci il sapere».
In questo processo la tecnologia rappresenta uno strumento, tanto più rilevante per le enormi opportunità che offre: «Il digitale permette di attuare una didattica per competenze che rompa le barriere e superi le pareti delle aule in un'ottica di integrazione e di collaborazione», gli fa eco Aurora Mangiarotti, membro del Centro Studi ImparaDigitale e una delle artefici del progetto Scuola Lombardia Digitale che quest'anno ha fatto lavorare un migliaio di ragazzi di 41 scuole da tutta la Lombardia su nove unità di apprendimento legate ai temi di Expo 2015. Un lavoro per competenze dove la distanza fisica è stata superata grazie alla condivisione nella cloud, in un ambiente tutto virtuale «in modalità wiki, co-costruendo in maniera collaborativa e non con un semplice assemblaggio dei materiali», sottolinea Mangiarotti.
«I bambini sono già abituati a lavorare nella nuvola, in maniera virtuale: per loro diventa subito una modalità normale interagire con ragazzi che stanno a centinaia di chilometri di distanza», racconta Nadia Mainetti, insegnante della scuola primaria di Piazza Brembana, che insieme alle colleghe Daniela Cortinovis e Viviana Lazzaroni si è imbarcata in questa avventura che ha portato la loro quinta a scendere in maniera virtuale dall'Alta Val Brembana bergamasca per lavorare sull'olio con ragazzi più grandi che non hanno mai visto. Due anni fa le maestre non sapevano quasi neanche cosa fosse un tablet, poi hanno fatto la scelta coraggiosa di introdurre il digitale in aula: «È stata una scelta vincente tenendo conto anche di una classe con due casi certificati e diversi Bes (ragazzi con bisogni educativi speciali, ndr): per questi bimbi lo schermo ha rappresentato una modalità più motivante del classico foglio bianco e il lavoro collettivo ha inciso di più che non la lezione frontale».
Anche Tiziana Pelamatti, docente del liceo Golgi di Breno, in Val Camonica non ha dubbi: tutti i ragazzi hanno un tablet e la didattica è stata rivoluzionata «in una chiave di peer education basata sul confronto e la collaborazione tra ragazzi e docenti». La partecipazione al progetto di Lombardia Scuola Digitale «è stata un'occasione per mettersi alla prova e confrontarsi con altre esperienze: abbiamo potuto verificare che siamo sulla strada giusta».
Due scuole di piccoli comuni di alta montagna che hanno potuto sentirsi parte di un progetto comune grazie alla nuvola informatica. «Costruire un modello di scuola a distanza significa aprire la classe, abbatterne i muri per trasformare l'isolamento da limite geografico a opportunità di apprendimento sia per gli studenti che per i docenti». A parlare è Leonardo Tosi, ricercatore di Indire e uno dei curatori del progetto Piccole scuole crescono, per garantire che le scuole in comuni isolati, dalle piccole isole alle zone montuose, «con pochi alunni, ad alto rischio di chiusura e basso tasso di socializzazione» possano assicurare il diritto allo studio.

Pierangelo Soldavini
Ilsole24ore.com





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