La scuola non ha i soldi? Lo sponsor paga i corsi di recupero (e non solo)
Data: Mercoledì, 09 luglio 2014 ore 07:30:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Il caso della
Luxottica che in provincia di Belluno finanzia i corsi in matematica e
inglese. E un esperimento di peer education al liceo Renier - In
America è una prassi comune. Aziende, fondazioni e singoli privati
finanziano buona parte della vita scolastica: corsi, borse di studio,
persino i banchi e le sedie. C’è anche una catena di caffetterie,
Starbucks, che ha stretto una collaborazione con l’Università
dell’Arizona e pagherà i corsi online a chiunque tra i suoi 135mila
dipendenti sparsi per tutta l’America desideri prendere una laurea. In
Italia, però, l’idea del sostegno dei privati fa fatica ad entrare
nella scuola pubblica. Un po’ per una sorta di resistenza culturale a
tenere ben divisi gli ambiti per evitare speculazioni, un po’ perché si
teme che gli investimenti vadano solo alle scuole più blasonate, quelle
dei «figli di».
Pochi fondi
C’è da dire, però, che col tempo (e con la crisi), la distanza tra
pubblico e privato si è ridotta. E oggi sono molti gli istituti che
vanno a caccia di sponsor, per le novità tecnologiche, ma anche per i
corsi di recupero. Finanziarli spetterebbe alle scuole che però non
hanno i soldi: da alcuni anni ormai, infatti, il Mof – cioè i fondi a
disposizione per migliorare l’offerta formativa - viene utilizzato per
pagare gli scatti di anzianità. Ci sono anche aziende che, su base
territoriale, decidono di aiutare gli studenti finanziando non solo
corsi di recupero, ma anche esperimenti di peer education. Stiamo
parlando di Luxottica, marchio famoso in tutto il mondo, che ha deciso
di investire fondi contro la dispersione scolastica e dallo scorso anno
porta avanti una collaborazione con la provincia di Belluno. È proprio
qui, infatti, che l’azienda ha i suoi stabilimenti e qui che risiedono
i suoi lavoratori. Una presenza cospicua sul territorio tanto che in
base alle stime fatte dall’ufficio scolastico, l’8 per cento degli
studenti bellunesi sono figli di dipendenti Luxottica.
I corsi di recupero
Così, in 10 scuole (licei e istituti tecnici) distribuite tra Feltre e
Belluno sono stati organizzati corsi di recupero in inglese e
matematica. «Statisticamente sono le materie in cui gli studenti
incontrano le maggiori difficoltà - spiega Mara De Monte dell’Ufficio
scolastico provinciale - In un periodo in cui i finanziamenti statali
calano, questo progetto ci ha permesso di sperimentare un approccio
globale e tempestivo ». Come? «I ragazzi vengono divisi in due gruppi a
seconda delle carenze (gravi da 4, o meno gravi da 5) in modo da
rendere l’intervento più mirato. Ma la vera novità è che il recupero
parte subito, già alla fine del trimestre o del quadrimestrale». «I
risultati, sono ancora in fase di analisi, ma sono stati certamente
positivi – spiega Franco Chemello che lavora sempre all’ufficio
scolastico - Tanto che speriamo di estendere il progetto a tutte le
scuole della provincia e di incrementare le materie dei corsi di
recupero, a cominciare dall’italiano».
La peer education
Al liceo Giustina Renier di Belluno, inoltre, dallo scorso settembre si
sperimenta la peer education in matematica, ovvero il metodo che vede
gli studenti più bravi con i numeri e le equazioni aiutare i compagni
in difficoltà. Il metodo ha efficacia su tutti le persone coinvolte:
«L’alunno più debole apprende grazie a un rapporto paritario, sia sul
piano della relazione che del lessico, e si giova anche del fatto che
quel compagno quelle cose le ha imparate poco prima e sta ancora
lavorandoci su. Ci guadagna anche il più bravo: ripetendo comprende
meglio e affina la capacità di risolvere problemi» spiega il preside
Paolo Fratte. Con il progetto pilota del Renier sono stati coinvolti un
centinaio di ragazzi, per un totale di 10 classi dalla seconda alla
quarta. Gli alunni, dieci per classe, hanno lavorato divisi in coppia,
cinque gli insegnanti che hanno fatto da tutor. Le coppie hanno
lavorato fuori dall’orario scolastico, con incontri periodici che sono
stati valutati e monitorati dai docenti.
Abbattere il pregiudizio
I risultati del progetto, anche in questo caso sono molto positivi: «A
parte qualche difficoltà logistica dovuta agli spostamenti – aggiunge
Fratte - abbiamo avuto un miglioramento sostanziale. Il nostro
obiettivo, sia chiaro, non era incrementare i voti (per questo bastava
un corso di recupero…), ma cercare di abbattere una sorta di
pregiudizio contro la matematica, riconciliare gli alunni con questa
disciplina. E abbiamo fatto centro: i ragazzi hanno imparato a
confrontarsi con la matematica». Il progetto sarà ripetuto l’anno
prossimo, e l’intenzione è di allargarlo a livello provinciale.
Carlotta De Leo
Corriere.it
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