Esami di stato, istruzione e giustizia amministrativa - Se la scuola ti boccia, ti salva il Tar
Data: Venerdì, 04 luglio 2014 ore 07:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Sembra un appuntamento ormai scontato. Ad ogni conclusione di anno scolastico, ad ogni esame di Stato, l’incontro tra scuola e giustizia amministrativa produce i suoi deleteri effetti. Anche quest’anno, si è verificato l’inevitabile caso. In un liceo classico romano, la bocciatura di uno studente che aveva riportato nello scrutinio finale pesanti insufficienze - 3 in matematica, 4 in fisica, 3 in storia dell’arte -  è stata annullata da una sentenza del Tar del Lazio, con motivazioni tanto fantasiose quanto arbitrarie, secondo le quali, matematica e fisica sarebbero materie secondarie nel liceo classico e quindi insufficienze così gravi non inficerebbero la regolarità del corso di studi.

Giovanni Belardelli commentando questo episodio sul Corriere della sera di lunedì scorso, osserva che il politologo Alessandro Pizzorno definisce il fenomeno dei continui ricorsi alla giustizia amministrativa come una «resa dell’autorità sociale alla legge» (Il potere dei giudici, Laterza) da parte di chi in passato aveva il ruolo di fissare le regole e farle rispettare (dall’insegnante al medico, dal capofamiglia al dirigente d’azienda) ora non più in grado di svolgere questa funzione. Da parte sua, l’utenza che un tempo accettava le decisioni di un’autorità sociale oggi ricorre sempre più frequentemente alla magistratura per far valere quelli che ritiene diritti lesi, ma anche, bisogna aggiungere, spesso per aggirare furbescamente gli insuccessi o trarre vantaggio dagli inconvenienti. Del resto, chiunque operi nella scuola, soprattutto nella secondaria superiore, è testimone a fine anno di scenate isteriche e anche di aggressioni ai docenti da parte di genitori che non riescono ad accettare una bocciatura o comunque un insuccesso.

Nella confusione dei ruoli che ne deriva, la valutazione e l’esame diventano meri adempimenti burocratici, di semplice ratifica routinaria che tolgono non solo prestigio alla scuola ma anche la possibilità di svolgere quella funzione di ascensore sociale che le compete, generando frustrazione e sfiducia in tutti. Nei docenti sempre più delegittimati e mortificati, negli studenti sempre meno motivati e nelle famiglie sempre più diffidenti, tutti risucchiati in un circolo vizioso senza via di uscita.

Quale altra sorpresa allora riserverà la conclusione dei lavori delle commissioni d’esame di Stato, di maturità insomma, come si continua ostinatamente a definirla, ancora all’opera per valutare l’esito del ciclo di studi secondario? Probabilmente nessuna. Ormai il danno è fatto e ha prodotto le sue devastanti conseguenze. La circolazione di notizie del genere contribuirà a indurre i commissari ad eccedere nella cautela e a chiudere non uno ma molti occhi, come sa bene chi ha esperienza di commissioni di esame, per evitare ricorsi e contestazioni.

Ci troveremo quasi certamente alla conferma della tendenza manifestatasi negli scorsi anni per cui oltre il 99 % dei candidati supera l’esame. Certo, tutti saremmo ben lieti che la popolazione studentesca raggiungesse veramente un tale livello di successo scolastico.  Ma almeno tre indicatori svelano una realtà ben diversa.  Il primo viene da diversi rapporti, tra cui quello di Confindustria “Oltre le apparenze: scuola e impresa del terzo millennio dossier la domanda delle imprese” del 2010 che rivela un gap di 110mila unità tra domanda e offerta di tecnici da parte delle imprese. Ma se ogni anno dalla scuola superiore escono circa cinquecentomila diplomati, di cui il 50% di area tecnica e professionale, come si spiega questo dato se non con l’inadeguatezza della preparazione dei diplomati?

In secondo luogo, le ricerche OCSE continuano a mortificarci rilevando che le competenze linguistiche e matematiche degli adulti italiani si collocano tra le più basse nei paesi OCSE e  ciò, purtroppo non risparmia anche i giovani italiani che sono ampiamente al sotto di quanto osservato per le stesse fasce d’età nella maggioranza dei paesi partecipanti all’inchiesta. (dati PIAAC 2013). Infine la ricerca Almalaurea 2009 mostra dati significativi di abbandono degli studi universitari (oltre il 18%) e soprattutto quote elevata di laureati fuori corso, quote ridotte di laureati e incongruenze tra percorsi universitari e competenze richieste nel mercato del lavoro.

Tutto ciò alimenta qualche dubbio sul fatto che i diplomati così massicciamente licenziati dagli esami risponda totalmente ai requisiti attesi e getta anche un’ombra sulla effettiva utilità degli esami stessi. Ma pone anche l’urgenza di restituire all’esame una dignitosa oggettività. Come? Cominciando anche con piccole cose. Ad esempio, con la revisione di alcuni orpelli ormai barocchi quali la cosiddetta tesina, spesso ridotta a un puro copia e incolla. Ad esempio introducendo elementi di terzietà nella valutazione con prove oggettive, magari curate dall’INVALSI e da sottoporre a correttori esterni. Partendo da un esame più oggettivo si potrebbe cominciare a rompere anche quella autoreferenzialità della scuola che costituisce uno dei limiti più seri alla credibilità del sistema e al prestigio sociale agli insegnanti e anche a rompere il circolo vizioso della sfiducia e della arrendevolezza.

Donatella Purger - Firstonline.info
donatellaaura@gmail.com





Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org

L'URL per questa storia è:
http://www.aetnanet.org/scuola-news-2486570.html