Abolire i voti? In Francia si prepara la rivoluzione della valutazione
Data: Domenica, 29 giugno 2014 ore 07:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


«Deve essere al servizio del l’apprendimento e dei progressi». E contro la «cultura dell’umiliazione», il ministro Hamon lancia una conferenza nazionale -  PARIGI - Con coraggio, anche Benôit Hamon ha deciso di affrontare la questione dei voti, lanciando una «conferenza nazionale sulla valutazione degli alunni» che dovrà concludere i suoi lavori entro dicembre. È la prova che Hamon è entrato definitivamente negli abiti di ministro dell’Educazione nazionale, dopo essere subentrato a Vincent Peillon in occasione del rimpasto governativo dei primi di aprile: chiunque si trovi alla guida di «rue de Grenelle» (il ministero a Parigi), da decenni ormai è chiamato a misurarsi col problema della valutazione scolastica.
Per definizione, non va mai bene. Per alcuni, come il filosofo conservatore Alain Finkielkraut, la scuola francese ha già abdicato abbastanza al suo vero ruolo, che non è quello di formare cittadini felici né coccolare gli infanti, ma fornire una istruzione vera fatta di conoscenze salde. Secondo questo modo di vedere le cose, il declino della nazione francese è cominciato con il Sessantotto e l’introduzione nelle scuole di un egualitarismo che ha portato a non valorizzare i bravi per rassicurare i mediocri, creando generazioni di adulti semi-illetterati. Toccare il sistema dei voti, renderlo ancora meno severo, equivarrebbe ad abbassare definitivamente le braccia.
All’opposto di questa visione catastrofica, ci sono le critiche ricorrenti alla rigidità del sistema scolastico francese, che nonostante il Sessantotto continuerebbe a riprodurre le differenze di classe, a penalizzare i bambini provenienti dalle famiglie più modeste e a mortificare quanti non riescono da subito a impadronirsi dei codici - per esempio espressivi, all’orale - per andare avanti con successo. Ecco allora l’iniziativa del neo-ministro, che fa leva sull’ultimo studio triennale Pisa (Programme for International Student Assessment) pubblicato dall’Osce. «L’ultima inchiesta Pisa lo ha dimostrato: i giovani francesi sono quelli che temono di più l’errore e che presentano i tassi più elevati di non risposta alle domande, per paura di sbagliare - ha detto il ministro -. È il momento di tornare a riflettere su un nuovo modo di valutare, al servizio dell’apprendimento e dei progressi degli allievi».
Il ministro sostiene che la scuola francese deve uscire dalla logica binaria «lo sa», «non lo sa», e fa l’esempio del dettato. «Uno scolaro che ha difficoltà in grammatica e sintassi prenderà uno zero in dettato. Se anche progredisce in sintassi ma continua a fare errori di grammatica, continuerà a prendere lo stesso zero. Come facciamo a cogliere il fatto che c’è stato un miglioramento?». Il punto alla fine è abolire, o mantenere, i voti. Un dilemma decennale, che Hamon non pretende di risolvere subito ma affidandosi, appunto, a una conferenza di studiosi che avranno mesi di tempo per presentare le loro conclusioni. Comunque, il ministro dice già che «il voto deve essere utilizzato a ragion veduta. È utile, ma se diventa un fattore paralizzante, meglio sostituirlo con altre forme di valutazione».
Le parole del ministro Hamon sembrano prendere in conto il lavoro del giornalista britannico Peter Gumpel, che dal 2002 vive a Parigi e, forte della sua esperienza di padre con due figli nelle scuole parigine e di docente a Sciences Po, si è dedicato a studiare - e criticare - il sistema educativo francese con due libri fortunati, «On achève bien les écoliers» e «Élite academy», quest’ultimo dedicato alle grandi scuole (Ena, Sciences Po, Normale etc.). «Perché la Francia è il solo Paese al mondo a scoraggiare i suoi bambini in nome di quel che non sono, invece di infondere loro coraggio in nome di quello che sono?», si chiede Gumpel.
All’opposto di Finkielkraut, Gumpel sostiene che nelle scuole francesi non regni affatto il permissivismo ma piuttosto una disastrosa cultura dell’umiliazione: «Sei una frana», è la frase più ricorrente tra insegnanti e compagni di scuola. Nei prossimi mesi Hamon cercherà di sostituirla con qualcosa di più invogliante.PARIGI - Con coraggio, anche Benôit Hamon ha deciso di affrontare la questione dei voti, lanciando una «conferenza nazionale sulla valutazione degli alunni» che dovrà concludere i suoi lavori entro dicembre. È la prova che Hamon è entrato definitivamente negli abiti di ministro dell’Educazione nazionale, dopo essere subentrato a Vincent Peillon in occasione del rimpasto governativo dei primi di aprile: chiunque si trovi alla guida di «rue de Grenelle» (il ministero a Parigi), da decenni ormai è chiamato a misurarsi col problema della valutazione scolastica.
Per definizione, non va mai bene. Per alcuni, come il filosofo conservatore Alain Finkielkraut, la scuola francese ha già abdicato abbastanza al suo vero ruolo, che non è quello di formare cittadini felici né coccolare gli infanti, ma fornire una istruzione vera fatta di conoscenze salde. Secondo questo modo di vedere le cose, il declino della nazione francese è cominciato con il Sessantotto e l’introduzione nelle scuole di un egualitarismo che ha portato a non valorizzare i bravi per rassicurare i mediocri, creando generazioni di adulti semi-illetterati. Toccare il sistema dei voti, renderlo ancora meno severo, equivarrebbe ad abbassare definitivamente le braccia.
All’opposto di questa visione catastrofica, ci sono le critiche ricorrenti alla rigidità del sistema scolastico francese, che nonostante il Sessantotto continuerebbe a riprodurre le differenze di classe, a penalizzare i bambini provenienti dalle famiglie più modeste e a mortificare quanti non riescono da subito a impadronirsi dei codici - per esempio espressivi, all’orale - per andare avanti con successo. Ecco allora l’iniziativa del neo-ministro, che fa leva sull’ultimo studio triennale Pisa (Programme for International Student Assessment) pubblicato dall’Osce. «L’ultima inchiesta Pisa lo ha dimostrato: i giovani francesi sono quelli che temono di più l’errore e che presentano i tassi più elevati di non risposta alle domande, per paura di sbagliare - ha detto il ministro -. È il momento di tornare a riflettere su un nuovo modo di valutare, al servizio dell’apprendimento e dei progressi degli allievi».
Il ministro sostiene che la scuola francese deve uscire dalla logica binaria «lo sa», «non lo sa», e fa l’esempio del dettato. «Uno scolaro che ha difficoltà in grammatica e sintassi prenderà uno zero in dettato. Se anche progredisce in sintassi ma continua a fare errori di grammatica, continuerà a prendere lo stesso zero. Come facciamo a cogliere il fatto che c’è stato un miglioramento?». Il punto alla fine è abolire, o mantenere, i voti. Un dilemma decennale, che Hamon non pretende di risolvere subito ma affidandosi, appunto, a una conferenza di studiosi che avranno mesi di tempo per presentare le loro conclusioni. Comunque, il ministro dice già che «il voto deve essere utilizzato a ragion veduta. È utile, ma se diventa un fattore paralizzante, meglio sostituirlo con altre forme di valutazione».
Le parole del ministro Hamon sembrano prendere in conto il lavoro del giornalista britannico Peter Gumpel, che dal 2002 vive a Parigi e, forte della sua esperienza di padre con due figli nelle scuole parigine e di docente a Sciences Po, si è dedicato a studiare - e criticare - il sistema educativo francese con due libri fortunati, «On achève bien les écoliers» e «Élite academy», quest’ultimo dedicato alle grandi scuole (Ena, Sciences Po, Normale etc.). «Perché la Francia è il solo Paese al mondo a scoraggiare i suoi bambini in nome di quel che non sono, invece di infondere loro coraggio in nome di quello che sono?», si chiede Gumpel.
All’opposto di Finkielkraut, Gumpel sostiene che nelle scuole francesi non regni affatto il permissivismo ma piuttosto una disastrosa cultura dell’umiliazione: «Sei una frana», è la frase più ricorrente tra insegnanti e compagni di scuola. Nei prossimi mesi Hamon cercherà di sostituirla con qualcosa di più invogliante.

Stefano Montefiori @Stef_Montefiori
Corriere.it





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