Adozione Libri di testo: oggi e ieri
Data: Domenica, 15 giugno 2014 ore 08:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Come si sa, da sempre il Collegio dei docenti, ogni anno, entro la seconda decade di maggio, delibera le adozioni dei libri di testo. La fase prodromica di codesta operazione è senza dubbio molto delicata e impegnativa sotto il profilo della didattica. Purtroppo, dacché è operante la scuola dell'autonomia, bisogna riconoscere, in tutta onestà, che le indicazioni operative "a cui le istituzioni scolastiche devono attenersi per l'adozione dei libri di testo", risultano spesso tanto arzigogolate e cogenti, da restringere la libertà di scelta dei docenti, e mortificare il perimetro entro il quale sia azionabile l'autonomia scolastica stessa.
Non funzionavano così le cose ai tempi della storiella che sto per raccontare, di cui fu protagonista un docente di filosofia, nostro conterraneo. 1898. Il ministero della pubblica istruzione offre un incarico di filosofia nel R. Liceo Mario Pagano di Campobasso a Giovanni Gentile.
Il Nostro aveva allora poco meno di 24 anni e non era affatto di carattere accomodante. Ne dette chiara prova alla prima riunione del collegio docenti. Occorreva scegliere un libro di testo, e Gentile decise che si sarebbe avvalso delle lezioni di filosofia ad uso dei licei del filosofo neokantiano Francesco Fiorentino, preferendolo al testo in uso "Corso elementare di filosofia " di Carlo Cantoni, che, per giunta, alcuni ragazzi avevano già acquistato in anticipo dal libraio.
A nulla valsero le rimostranze, seppur garbate, del preside che raccomandò a Gentile di non cambiare il testo o, almeno, di adottare il Fiorentino solo per gli studenti del primo anno, lasciando agli altri il Cantone su cui avevano cominciato il programma. Nulla da fare! Il giovane docente siciliano restava fermo sulle ragioni della sua scelta.
Secondo Gentile, il manuale usato dal collega che l'aveva preceduto, doveva essere sostituito: Cantoni aveva scritto un pessimo libro a cui si doveva la decadenza della filosofia nei licei italiani. Mettere quel testo nelle mani dei giovani sarebbe stato diseducante. Il preside capì, e mise la questione all'ordine del giorno per l'indomani, pretendendo una memoria scritta, con la quale il prof. Gentile giustificasse e motivasse la scelta della sua adozione e, soprattutto, precisasse il suo programma didattico e chiarisse davanti al collegio - docenti gli obiettivi e le finalità del suo insegnamento.
L'indomani con "coscienza nitidissima" del suo dovere, e della sua libertà di insegnamento, la memoria era già scritta per i colleghi del liceo "Mario Pagano" di Campobasso. Affermava, fra l'altro, Gentile:
"Io credo (...) che fine precipuo del mio insegnamento debba essere non tanto insegnare nozioni, elencare cose e descrivere la natura, come se la verità potesse esistere fuori dell'uomo, quanto, piuttosto, l'educazione di una forma; non la produzione di un contenuto mentale, ma una disciplina scientifica del raziocinio e delle energie pratiche degli alunni, più che un sagace apprendimento di certi speciali gruppi di conoscenze".
Era il documento iniziale di una battaglia per l'insegnamento della filosofia nei licei, e non solo.
Era il tempo in cui stava per maturare l'idealismo assoluto. L'Autonomia scolastica non c'era ancora, per nostra ventura.

Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com





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