Statali, trasferimenti e nuove mansioni. Il travet perde l'inamovibilità
Data: Domenica, 15 giugno 2014 ore 06:55:37 CEST
Argomento: Rassegna stampa


​Il mito del «posto fisso», il pubblico dipendente inamovibile, intrasferibile, non licenziabile, potrebbe tramontare. Il condizionale è d’obbligo, visti i precedenti tentativi di riforma. Ma i germi del cambiamento nei provvedimenti sulla Pubblica amministrazione approvati venerdì 13 dal governo Renzi, ci sono tutti. Una delle misure, passata quasi inosservata, è per esempio quella del «demansionamento» dei dipendenti statali.
Un lavoratore considerato in «eccesso» nella sua amministrazione, per salvare il suo posto di lavoro ed evitare di essere trasformato in un esubero ed essere alla fine licenziato, potrà scegliere di di essere ricollocato in un’altra amministrazione a svolgere una nuova mansione, anche inferiore a quella svolta fino al giorno prima.
Lo stesso principio vale anche all’interno della stessa amministrazione. Un esempio, a caso, potrebbe essere quello dell’infermiere degradato a portantino. Chi accetterà la mansione inferiore per non essere messo in esubero dovrà anche accettare di guadagnare meno.
TUTTE LE MISURE
Per attuare il demansionamento la riforma della pubblica amministrazione proposta dal ministro della funzione pubblica Maria Anna Madìa, prevede l’introduzione di un’eccezione all’articolo 2103 del Codice civile, che prevede che un lavoratore «deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto» oppure «a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione».
Non è come detto l’unica norma in grado di modificare quelli che fino ad oggi erano considerato postulati immodificabili del lavoro pubblico. Anche le norme sulla mobilità obbligatoria degli statali sono molto incisive. Le sedi della amministrazioni pubbliche che si trovano nello stesso Comune di quella in cui è impiegato il lavoratore, saranno considerate una unica «unità produttiva». E lo stesso discorso sarà valido per quelle che si trovano ad una distanza fino a 50 chilometri. Significa che ogni lavoratore, in questo raggio, potrà essere spostato da una sede all’altra dell’amministrazione (statale o locale che sia) come se venisse trasferito da un piano all’altro dello stesso stabile. In pratica la stessa regola che oggi vale per i lavoratori del privato.
Alle proposte di trasferimento sarà difficile dire no, perché, come nel caso del demansionamento, l’alternativa è passare da una condizione di personale in eccesso a personale in esubero, con tutte le conseguenze che questo comporta. Se per i dipendenti e i funzionari la licenziabilità, altro tabù della pubblica amministrazione, sarà legato solo ai possibili esuberi, per i dirigenti, invece, la tagliola è più concreta. Chi resterà senza un incarico sarà messo fuori ruolo e percepirà solo la parte fissa della sua retribuzione. Dopo un certo numero di anni durante i quali il dirigente non riesce a ricollocarsi all’interno dei ranghi dell’amministrazione, potrà vedere sciolto il suo rapporto di lavoro.

Andrea Bassi
Economia.ilmessaggero.it





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