1914-2014, il Centenario di una guerra assassina
Data: Domenica, 08 giugno 2014 ore 08:30:00 CEST Argomento: Redazione
Le
ricorrenze dei centenari sono eventi astratti, creati dalla nostra
necessità di misurare il tempo, di ordinare la memoria, di catalogare i
ricordi, affidandoci a dei numeri, che, pur essendo anche loro
astratti, acquistano quasi una valenza magica, un potere simbolico che
travalica le stantie stanze dei ricordi e condiziona, con
sottolineature di affinità, il tempo lontano e il nostro oggi. Oggi
2014, ieri 1914. Cent’anni! E che cosa fu il 1914? L’anno della Grande
Guerra (1914-1918, l’Italia vi sarebbe entrata nel maggio 1915). L’anno
dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, che ha segnato tutto il secolo
e che ha cambiato il mondo, per sempre. L’Europa e del mondo non
sarebbero stati più gli stessi. Tutto ebbe inizio il pomeriggio del 28
giugno 1914, a Sarajevo, con l’assassinio dell’erede al trono
dell’Austria-Ungheria, l’Arciduca Francesco Ferdinando, e di sua moglie
Sofia, che scatenò una drammatica successione di avvenimenti infausti
che portarono allo scoppio della guerra in Europa.
Ma com’era l’Europa in quegli anni? Come si viveva? Qual era il clima
culturale? Nel 1914 erano ancora fresche di stampa le pagine del primo
volume, uscite nel 1913, de “Alla Ricerca del tempo perduto” di Proust
(Dalla parte di Swann), e quelle di “Totem e tabù” di Freud; e sempre
dal 1913 appena concluso, risuonavano le scandalose e selvagge note
della “Sagra della primavera” di Stravinskij. Nel 1914 esce “Gente di
Dublino” di James Joyce (che in quel tempo vive a Trieste, ancora
austriaca, è diventato amico di Italo Svevo e, forse, tra i loro
dialoghi sta già maturando “La coscienza di Zeno”, che uscirà nel
1923). Dal dicembre del 1912 giacciono nei cassetti dello scrittoio di
Franz Kafka i fogli de “La metamorfosi”, e nel luglio di quel 1914
inizia la stesura del “Processo”. In Italia, sempre nel ‘14, Pirandello
pubblica il primo nucleo di quello che diventerà “Novelle per un anno”,
il grande “vivaio” dai quali fioriranno i suoi capolavori teatrali;
mentre Dino Campana pubblica, presso un tipografo di Marradi, i Canti
Orfici. Sempre del ‘14 è la straordinaria fioritura artistica
dell’avanguardia, innovatrice fra cubismo e futurismo, metafisica,
espressionismo e astrattismo: recano la data di quell’anno diversi
capolavori di Picasso, Braque, Boccioni, Severini, De Chirico,
Kirchner, Kandinskij. Opere di eccezionale carica emotiva e artistica,
e di possente forza liberatoria che avrebbero condizionato l’arte di
tutto il Novecento. Ma il 1914 è, soprattutto, l’anno della Grande
Guerra, di un’immane tragedia mondiale, ufficialmente non voluta da
nessuno, ma che tutti in qualche modo contribuirono a scatenarla.
E la guerra, quella guerra, feroce e mai vista prima d’allora, fu
combattuta nelle fanghiglie delle trincee di Verdun, nei terribili
assalti “alla baionetta”, corpo a corpo, con le fiamme dei gas nervini
e con le marce infinite di uomini e muli, allineati da canti d’amore e
di speranza. La Prima Guerra Mondiale fu un conflitto che cambiò il
mondo, un’allucinazione che anticipò gli orrori del Novecento: guerra
di massa, guerra chimica, guerra psicologica e di propaganda,
manipolazione delle masse, spersonalizzazione degli individui. Un
enorme numero di soldati si ritrovò nell’inferno delle trincee,
costretti a vivere con assalti che erano lotterie della morte. Molti
soldati soffrirono di una malattia fino ad allora sconosciuta, chiamata
“shellshock”, shock da bombardamento, e gli psichiatri del tempo
decidevano di rimandarli al fronte prima possibile, aiutandoli con gli
elettroshock. Per i casi più gravi era previsto, addirittura, la sosta
nei manicomi. La Grande Guerra rappresentò uno dei conflitti più
sanguinosi della storia moderna.
Quasi dieci milioni di soldati morirono: una cifra che superò di gran
lunga quella di tutti i caduti delle guerre dei cento anni precedenti
messi insieme. Si stima inoltre che circa 21 milioni di uomini vennero
feriti durante i combattimenti. Le perdite enormi furono in parte il
risultato dell’introduzione di nuove armi, come le mitragliatrici e il
gas. Il 1° luglio 1916, data che vide il maggior numero di caduti in un
solo giorno, l’esercito britannico schierato lungo la Somme ebbe, da
solo, più di 57.000 tra morti e feriti. La Germania e la Russia
soffrirono il più alto numero di vittime militari, circa 1.773.700 e
1.700.000 rispettivamente, mentre la Francia perse il 16% delle truppe
attive.
Gli studiosi calcolano che almeno 13 milioni di civili morirono a causa
delle ostilità, direttamente o indirettamente. Inoltre, quando la
guerra finì, il tasso di mortalità salì vertiginosamente a causa della
“Spagnola”, l’epidemia di influenza più devastante della Storia.
Milioni di persone vennero poi sradicate e costrette ad abbandonare le
proprie case. Le perdite industriali e patrimoniali furono
catastrofiche, specialmente in Francia e Belgio, dove si svolsero le
battaglie più dure.
Poi, alle 11 del mattino dell’11 novembre 1918, i combattimenti
cessarono sul Fronte Occidentale. La “Grande Guerra” era finita, ma
l’impatto del conflitto sulla società europea e mondiale si sarebbe
fatto sentire per sempre. Neppure la Conferenza di pace di Parigi, del
1919-1920, acquietò gli animi dei vincitori e dei vinti, che già in
molte nazioni europee spuntavano odi e risentimenti nazionalistici che
da lì a poco avrebbero scatenato una nuova e più cruenta deflagrazione
mondiale. E sarebbe stato il definitivo suicidio dell’Europa e della
civiltà occidentale.
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it
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