L’amicizia secondo Cicerone
Data: Domenica, 11 maggio 2014 ore 07:30:00 CEST
Argomento: Redazione


Marco Tullio Cicerone, nato ad Arpino il 3 gennaio 106 a.C. da una ricca famiglia dell'ordine equestre, è stato una delle figure più rilevanti di tutta l'antichità romana. Divenuto molto popolare con gli studi e la sua oratoria, è stato nominato Console. Si immerse nell'agone politico del suo tempo, alleandosi, nel 50 a.C., con Pompeo contro Cesare e, quando Cesare morì, venne assassinato dai sicari di Antonio presso la sua villa di Formia, il 7 Dicembre del 43 a.C. Ha lasciato molte opere importanti, tra le quali, "Laelius de amicitia", scritta tra l'estate e l'autunno del 44 a.C., un dialogo di carattere filosofico (immaginato svoltosi nel 129 a.C.) e dedicato a Tito Pomponio Attico. L'Amicizia, secondo Cicerone, dopo la sapienza, è il bene più prezioso, quel sentimento limpido e disinteressato che non nasce dalla ricerca dell'utile, ma da un'inclinazione naturale che unisce due o più persone e diviene anche nobile attività quando si allarga alla sfera pubblica, diventando la più autentica manifestazione di concordia civile che sta alla base della coesione sociale e della forza morale di un popolo.

Approfondendo lo studio del libro sull'Amicizia e rivedendolo con gli "occhi di oggi", mi sono accorto che è di sorprendente attualità. Per Cicerone, l'amicizia "Nulla è tanto adatto alla natura umana e tanto conforme sia alla buona che alla cattiva sorte. Chi osserva un vero amico, osserva l'immagine di se stesso".
L'amicizia, quella vera, secondo il pensiero di Cicerone, è un bene prezioso; non proviene dall'eloquenza o dall'intelligenza che si possiede, ma proviene unicamente dal cuore. Il libro "Laelius de Amicitia" è il racconto di un dialogo tra Gaio Lelio e Scipione Emiliano, avvenuto dopo la morte di Scipione Emiliano. Lelio (Lelius), rievocando la figura dell'amico Scipione Emiliano, da poco scomparso, racconta di quest'amicizia ai suoi generi, Gaio Fannio Strabone e Quinto Mucio Scevola.

Cicerone scrisse "Laelius de Amicitia" in uno dei momenti più difficili di Roma dell'era repubblicana, si ispira allo stoicismo collegato al "Circolo filellenico" degli Scipioni, basato sull'ideale della filantropia, della promozione e della solidarietà fra gli uomini più dotati per realizzare i più alti valori umani, sia come individui, che come "Civis". Per Cicerone, senza "Virtus", considerata il primo requisito, non si può realizzare la vera amicizia e Scipione viene descritto da Lelio come modello esemplare d'amico. Ma la Virtus di cui parla Cicerone non è quella dei saggi, ma la qualità propria degli uomini onesti e perbene che con essa garantiscono il mantenimento dell'ordine sociale.

L'Amicizia di cui parla Lelio non è solamente "convivenza di interessi", ma il bisogno di instaurare rapporti sinceri basati sull'affetto. Lelio, anche nella vecchiaia, godeva del ricordo della sua amicizia con Scipione, da sembrargli d'aver vissuto felice proprio perché "ha vissuto" con Scipione, avendo avuto in comune la cura degli affari pubblici e privati, la condivisione dei beni propri e collettivi. Il valore dell'amicizia è la massima armonia dei desideri, delle inclinazioni e delle idee. Lelio si rallegrava nel raccontare, non la sua fama di saggio, ma ciò che gli stava più a cuore: il suo profondo rapporto d'amicizia con Scipione Emiliano, ed esortava i suoi generi, che lo interrogavano, a mettere l'amicizia al di sopra di tutto. E non l'amicizia per "convenienza", ma solamente quella che dimostra lealtà, onestà, imparzialità, generosità; un'amicizia in cui non vi è alcuna cupidigia, passione e sfrontatezza, ma vi è, invece, virtù, fermezza e humanitas. A coloro che hanno la "virtus humanitas", la natura stessa ha generato l'amicizia. Lelio afferma che "l'amicizia non è niente altro che una grande armonia di tutte le cose umane e divine, insieme con la benevolenza e l'affetto.

Chi osserva un vero amico, osserva come una immagine di se stesso. Se si cancella dalla natura il legame dell'amicizia, né casa, né città, né alcuna civitas può rimanere ben salda; se manca l'amicizia subentra la discordia che porta all'instabilità sia nelle case, sia nelle città, sia nelle comunità".

Giuseppe Scaravilli
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