Callìmaco di Cirene, poeta e intellettuale
Data: Domenica, 04 maggio 2014 ore 08:45:00 CEST Argomento: Redazione
E come un tunnel, che
una volta intrapreso ti porta in sentieri ignoti e inesplorati, così il
divo Catullo, mi ha condotto in mondi antichi, in epoche lontane, in
luoghi nascosti, in temi arcani. La Grecia, con la sua ieratica nudità
dell’essere, è il principio di tutto. Lì tutto ebbe inizio… il
pensiero, la poesia, la filosofia, la geometria, la democrazia… So di
non sapere… E come un vecchio viandante in cerca di fortuna, rimesto
antichi scampoli di conoscenza, sotto cieli plumbei d’impassibile
vacuità e di virtù sommerse, e ancora vive…
E, per caso, incontro Callìmaco, figlio di Batto e di Mesatma,
discendente dell’antica e nobile famiglia dei Battiadi, fondatori, nel
630 a.C., della città di Cirene.
Callìmaco, poeta e filologo greco, nato a Cirene, nell’odierna Libia,
intorno al 310 a.C., e morto ad Alessandria d’Egitto, intorno al 240
a.C., è considerato tra i più importanti poeti e filologi greci
dell’età ellenistica, l’archetipo di una nuova concezione della poesia
ed il maggiore rappresentante dell’alessandrinismo. Dopo aver trascorso
l’adolescenza nella città nativa, Callìmaco fu costretto a recarsi in
Egitto ad Alessandria, dove assunse l’incarico di maestro di scuola ad
Eleusi, un sobborgo di Alessandria.
Sono di quel periodo i suoi primi scritti, gli Epigrammi (ne restano 63, quasi tutti nell’Antologia Palatina), i cui temi
principali sono l’amore e la povertà. Dopo il 283 a.C. il poeta fu
chiamato da Tolomeo II Filadelfo a frequentare la corte reale ad
Alessandria, dove gli fu conferito il delicato compito di catalogare i
testi della famosa Biblioteca di Alessandria, fondata dallo stesso re,
e ben presto si distinse per i suoi lavori di grammatica e di
filologia, fra i quali le tavole che riassumevano tutta la letteratura
greca.
Assunse una posizione di notevole prestigio, divenendo poeta di corte,
anche se non fu mai direttore della biblioteca, come si è creduto per
molto tempo. Successivamente, entrò anche nelle grazie di Tolomeo III
Evergete, poiché la moglie, Berenice II, era sua concittadina. Compose
molti carmi encomiastici, tra i quali, “La chioma di Berenice”,
(giuntaci a frammenti e nella traduzione di Catullo) in cui narra
“dell’assunzione in cielo, sotto forma di costellazione, del ricciolo
sacrificato dalla regina Berenice in voto per il ritorno del marito da
una campagna militare in Siria”. In quell’ambiente, colto e raffinato,
Callìmaco sviluppò la sua poetica, caratterizzata dalla descrizione di
riti e di avvenimenti privati della dinastia regnante. Di questo
periodo, probabilmente dal 280 al 270, sono la composizione degli Inni,
a noi pervenuti in numero di sei (A
Zeus, Ad Apollo, Ad Artemide, A Delo, Ai lavacri di Pallade, A Demetra).
Tranne gli ultimi due, scherzose imitazioni di cerimonie religiose, in
dialetto dorico, gli altri sono dello stesso stile degli Inni omerici, in dialetto ionico; in
essi la figura del dio è generalmente associata o mescolata con quella
del sovrano, nello spirito dei nuovi culti dinastici introdotti dai
Tolomei.
Nello stesso periodo (280-270) compone la sua opera maggiore, "Aitia" (Αἴτια, Origini), un’ampia
produzione in metro elegiaco, in 4 libri (circa 4000 versi), in cui
l’autore ricerca l’origine di miti, feste, tradizioni, cerimonie e
costumi, ma di cui ci sono pervenuti solamente duecento frammenti
circa. Cultore della perfezione formale e della ricerca erudita,
Callìmaco influenzò tutta la poesia ellenistica e, successivamente,
quella romana dell’età augustea, specialmente, dei poetae novi, di
Catullo, Virgilio, Tibullo, Properzio. La sua poesia non era tanto
intrisa di sentimenti e di fantasia, quanto piuttosto di grazia, garbo,
eleganza, arguzia.
Callìmaco, che fu maestro di Eratostene di Cirene e di Apollonio Rodio,
si elevò, tra i suoi contemporanei, per l’efficace brevità e
l’essenzialità dei suoi versi e per la levigatezza formale. Adoperò con
sistematicità la contaminazione e la mescolanza di generi, soprattutto,
nel carme, "Giambo XIII", dove affermava "che non esiste nulla che obblighi il poeta
a seguire un solo genere letterario". E spesso sentì la
necessità di "giustificare" le sue scelte perché consapevole di essere
incredibilmente sperimentale e innovatore.
Contrario alla concezione platonica dell’arte, propose una poesia non
didascalica, ma piuttosto orientata al diletto, arguta, ironica,
elegante, con uno stile vivace, conciso ed espressivo, usando, spesso,
i neologismi, le etimologie, i giochi di parole. Di notevole interesse
è anche il poemetto l’Ècale, nato in seguito ad una polemica con il suo
allievo Apollonio, in cui ribadisce i principi della sua arte e della
ricerca di un nuovo stile, breve e ricercato. L’Ècale, di cui è rimasto
qualche frammento, è un poemetto di poche centinaia di esametri, un
epillio, su un episodio del ciclo di Teseo, dell’ospitalità che il
leggendario re di Atene ebbe presso la vecchia Ècale, prima della lotta
col toro di Maratona. I versi dell’Ècale richiamano un’altra opera, i
"Giambi", a noi nota per qualche frammento, composta verso il 270, in
cui il Callìmaco prende spunto dal poeta Ipponatte le movenze popolari,
il dialetto ionico e il metro coliambo, cercando di dare a questi
elementi un aspetto più garbato, più adatto ai nuovi gusti letterari.
Negli ultimi anni della sua vita, Callìmaco, pur non rinunziando alla
poesia, si dedicò principalmente alla filologia, anche se le opere
filologiche sono andate tutte perdute. La principale era i Quadri, una
vasta antologia di 120 libri in cui vengono riportati gli scrittori
greci e le loro opere, che Callìmaco aveva raccolto durante il lavoro
svolto nella biblioteca di Alessandria. Altre opere del poeta greco
riguardavano la glossografia: lo studio di parole rare, attinte dai
dialetti non letterari, e la ricerca della storia del mito, dell’arte e
della geografia. Ma, soprattutto, Callìmaco è stato un fine
intellettuale che ebbe il merito di interpretare il pensiero e i gusti
della sua età e di eternare la lingua, la poesia e la cultura greca.
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it
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