L’Alchimia e l’estrazione delle sostanze vegetali (Parte VI - Enotecnia speciale)
Data: Domenica, 27 aprile 2014 ore 08:00:00 CEST Argomento: Redazione
Le sostanze o materie aromatiche impiegate
nell'aromatizzazione delle bevande e dei cibi, sono ricavate, in
generale, da numerose specie vegetali che contengono anche metaboliti
secondari di interesse farmacologico.
Sin dall'antichità i vini, gli aceti e i liquori sono stati usati come
veicolo di estrazione di molecole attive ricavate dai vegetali e ciò
anche per la produzione di farmaci.
È davvero infinita ed inesauribile la quantità delle sostanze con
metaboliti secondari utili, dei profumi e dei sapori esistenti in
Natura.
Mediante tali piante e sostanze l'uomo ha la possibilità di avere delle
molecole attive terapeutiche e di trasformare cibi e bevande,
altrimenti insignificanti, in autentiche prelibatezze.
In particolare in liquoristica e nell'enotecnia
speciale, le sostanze aromatiche costituiscono gli ingredienti
fondamentali nella preparazione dei prodotti.
I vini aromatizzati, medicinali (enolati) e liquorosi, si distinguono
dai vini da tavola o ordinari, per una loro ricchezza in zucchero, in
alcol, in sostanze medicinali e per un profumo pronunciato, conferiti
per mezzi artificiali.
In genere si utilizzano i vini provenienti da uve aromatiche come il
moscato e altre, ma è anche possibile impiegare i vini da pasto comuni.
Lo zucchero aggiunto, oltre che addolcire la bevanda, esalta gli aromi
ed è anche per questo motivo che tale ingrediente non può mancare in
una corretta formulazione.
Il saccarosio è lo zucchero maggiormente impiegato, soprattutto
sottoforma di sciroppo a 35°- 36° Bé (circa 750 g/l).
L'alcool svolge importanti funzioni, quali quella di portare in
soluzione i vari principi contenuti nelle sostanze aromatiche e quella
di conservante e di innalzare il grado alcolico, che nei vini
aromatizzati, di norma, non può superare i 21°.
I vegetali forniscono anche gli aromi particolari che si desidera
comunicare alla bevanda e certamente la natura non è stata avida,
mettendo a disposizione un elevato numero di specie, ognuna
caratterizzata da un suo particolare aroma e gusto.
Se poi nel vino si lasciano a macerare le piante medicinali, esso
acquista le proprietà terapeutiche tipiche della specie impiegata, che
talvolta non sono inferiori di quelle dei moderni preparati
farmaceutici.
La fantasia e il genio dell'uomo trovano nel campo dell'elaborazione
dei vini aromatizzati, dei vini liquorosi e medicinali ampie
possibilità applicative.
Il vino
nell'estrazione delle sostanze vegetali
Il vino può essere usato per l'estrazione delle sostanze vegetali e nel
passato ciò ha conosciuto una vasta applicazione, che è all'origine
dell'enotecnia speciale riguardo la preparazione dei vini speciali,
conciati, medicati e liquorosi.
Nei vini alcolici dolci e secchi il tenore alcolico supera il 15 %.
Nei vini liquorosi l'alcool risulta compreso da un minimo del 16
% ad un massimo del 22 %.
Questi vini vengono preparati con vini aventi una gradazione alcolica
di almeno 12°.
L'aggiunta del saccarosio durante la loro preparazione non è consentita
dalla legge.
Pertanto il loro edulcoramento si realizza con l'impiego dei mosti
concentrati, delle mistelle (mosti resi infermentescibili mediante
l'aggiunta di alcol).
L'aumento del grado alcolico si ottiene con l'aggiunta al vino di una
appropriata dose di alcool etilico.
Nei tipi dolci gli zuccheri non devono essere inferiori ai 50 g/l, nei
tipi secchi non superiore ai 40 g/l e con un grado alcolico di
almeno 18°.
L'invecchiamento di questi vini costituisce una pratica importante
prima della loro commercializzazione.
La vinificazione inizia con l'ammostamento, con vari sistemi, delle uve
appassite in modo da ottenere un mosto molto zuccherino.
Il Lacrima Christi, la Malvasia sono i vini più conosciuti.
Anche le uve colpite dalla Botrytis
cinerea o muffa nobile
si impiegano nella produzione di questi vini.
L'appassimento delle uve si attua lasciando le uve raccolte ad
essiccare per uno o due mesi in particolari condizioni: sulla paglia al
sole da cui deriva la denominazione di 'vino di paglia' o appese a dei fili
in appositi locali ben aerati.
Inoltre in considerazione, che queste uve sono pronte in novembre
(Ognissanti) o in particolari altri periodi dell'anno (Pasqua),
molti vini di questo tipo vengono denominati vin santi.
Le uve impiegate per la produzione dei vin santi sono bianche e appassite
sui graticci e danno dei prodotti eccellenti di colore giallo ambrato o
giallo oro, dal sapore dolce, ed etereo, che si forma con
dell'invecchiamento del vino.
L'ammostamento si esegue in inverno e il mosto viene messo in
fermentazione in piccoli fusti di legno, escludendo, per quanto sia
possibile, il contatto con l'aria e non praticando la solforazione, in
modo da impedire un peggioramento qualitativo dei vini.
Altri tipi simili di vino si ottengono senza l'intervento della
fermentazione, con l'aggiunta al mosto dell'alcol in dose dal 15 al 20
%.
L'elaborazione dei cosiddetti vini di
paglia si effettua partendo dalle uve appassite per 3-4 mesi. La
pigiatura delle uve e quindi l'ammostamento avviene nel mese di
dicembre o gennaio.
In generale, la fermentazione si compie senza problemi ed ha una durata
lunga e variabile dai 4 sino ai 6 mesi.
L'elevato contenuto zuccherino, in questi casi, è di ostacolo alla
fermentazione svolgendo una mediocre azione antisettica.
Difatti quando gli zuccheri sono intorno ai 370-380 g/l è raro che la
fermentazione prosegua dopo avere raggiunto i 14,5° alcolici, rimanendo
così circa 80-100 g/l di zuccheri indecomposti.
Mentre quando gli zuccheri sono di circa 350 g/l la gradazione alcolica
raggiunge facilmente i 16-17°; in questo caso bisogna porre attenzione
a che gli zuccheri non si trasformino quasi tutti in alcol, in quanto i
vini ottenuti saranno privi della particolare dolcezza.
I vini così prodotti, dopo la loro permanenza in cantina, si
stabilizzano con un minimo di interventi e si filtrano prima del loro
imbottigliamento.
I vini "aromatici" si producono da uve particolarmente profumate.
Tra i vini di una certa importanza ritroviamo lo Jerez, prodotto in Spagna nella
zona di Cadice, denominato anche Sherry o Xeres e bevuto come aperitivo.
Essi si producono da uve lasciate appassire al sole e il mosto si
lascia a fermentare in piccole botti riempite sino a circa la metà.
In considerazione della necessità di effettuare i travasi (3-4
nell'anno), le botti sono sistemate in cataste in cui nella fila
superiore si riempiono col vino dell'anno, mentre in quelle inferiori
sono sistemate altre botti ove si trasferisce man mano il vino a
seconda del grado d'invecchiamento.
Durante i travasi si deve mantenere l'integrità del velo che si forma
sulla superficie del vino. Pertanto il vino si lascia defluire nella
botte in basso lentamente in modo da affondare il velo. Invece nel
riempire le botti poste in alto, si affonda il tubo al di sotto della
superficie del vino in modo da spingere in alto il velo.
Il vino deve compiere la fermentazione alcolica e malolattica, il che
richiede un tempo di circa 8-12 mesi, dopodiché si comincia a
travasarlo nella botte sottostante.
In questo modo oltre che ottenere la pulizia del vino si realizza anche
l'omogeneità delle partite di vino.
L'invecchiamento senza colmature dura circa 5-10 anni.
Durante l'invecchiamento si assiste alla formazione del velo "flor" costituito dai lieviti Saccaromyces oviformis o bayanus, il quale con metodi
moderni si insemina nel vino.
Il lievito converte l'alcol in acetaldeide e poi da questa derivano una
serie di sostanze particolarmente aromatiche.
Il controllo del velo è una delle più importanti operazioni, perché
permette di avere indizi sull'evoluzione del vino.
Infatti se il velo resta del colore originario di formazione, cioè
nerastro, vuol dire che vi è carenza di ossigeno e quindi si procederà
all' aerazione del vino.
Invece se il velo rapidamente diviene bianco, ciò denota un eccesso di
ossigeno il quale oltre che provocare un consumo di alcol peggiora le
qualità del vino.
Una tinta grigia-biancastra del velo indica che esistono le condizioni
ottimali per la buona riuscita del vino.
Il velo ricopre il vino per molti anni e quando si verificano delle
escursioni termiche, esso affonda ed affiora in sintonia coi
cambiamenti.
Al travaso e prima dell'imbottigliamento, che si effettua dopo la
prevista durata legale dell'invecchiamento di almeno 6 anni, non si
troverà traccia del velo.
La Vernaccia è un vino conosciuto sin dall'antichità, che viene
preparato in Sardegna nella zona del Campidano in provincia di Oristano.
L'alcol in questo vino varia dal 15 al 17 % sino a giungere, in alcuni
casi, al 20 %, l'estratto è compreso dal 19 al 29 g/l, l'acidità totale
oscilla dal 6 al 7 per mille.
L'invecchiamento si realizza in botti non completamente riempite.
Durante il periodo d'invecchiamento si assiste ad un aumento della
gradazione alcolica da addebitare all'evaporazione dell'acqua
attraverso i pori del legno delle doghe.
L'Aleatico, il Brachetto, il Moscato di Siracusa, la Malvasia di
Lipari, costituiscono delle uve con cui si producono particolari vini
dolci alcolici.
L'Aleatico viene prodotto dalle uve omonime, che sono una particolare
varietà di Moscato nero coltivate in Toscana e in Puglia.
Esso è un vino tipico che si prepara con l'uva appassita, il cui mosto,
per non perdere il caratteristico aroma, viene fatto fermentare
parzialmente sino ad un contenuto di zuccheri indecomposti di 50-70
g/l, poi si aggiunge alcol sino alla gradazione 15° alcolici.
Il Brachetto viene prodotto in Piemonte e precisamente a Strevi e a
Sessame, dall'uva del vitigno omonimo.
Il Brachetto del commercio talvolta è preparato ricorrendo a
tagli con mosto o vino ottenuto da uve provenienti da altre varietà,
come l'Aleatico, il Dolcetto, il Nebbiolo e la Malvasia.
Il Moscato di Siracusa si ottiene in Sicilia da uve Moscato leggermente
appassite.
La Malvasia di Lipari è prodotta nella zona omonima partendo dalle uve
del vitigno Malvasia, che ha sapore caratteristico aromatico e delicato.
Il Vin Santo Toscano è un vino particolare prodotto nella regione
omonima, impiegando l'uva Malvasia e il Trebbiano toscano.
Nel Vin Santo Occhio di Pernice si aggiungono alle uve predette l'uva
Colorino e l'uva Sangiovese.
La raccolta delle uve viene effettuata scegliendo i grappoli migliori e
precede la vendemmia, poiché l'uva risulta più sana e con una buccia
più spessa che difficilmente ammuffisce.
I grappoli per l'appassimento vengono sistemati in appositi locali e in
graticci o in cassette forate.
Dopo circa 30-150 gg l'appassimento si conclude e determina nelle uve
una concentrazione zuccherina dal 27 % al 35 %.
Sperimentalmente è stato condotto l'appassimento in locali
termocondizionati con buoni risultati.
Una volta ottenuta l'uva appassita dai grappoli migliori, si
compie la sua vinificazione all'incirca nel periodo natalizio,
iniziando con la pigiadiraspatura.
Le bucce si lasciano in macerazione nel mosto per qualche giorno e poi
si svina il vino e si continua con la torchiatura delle vinacce.
L'illimpidimento del vino è molto difficile ad ottenersi.
La fermentazione e l'invecchiamento costituiscono un'unica
fase,collocando il mosto-vino in contenitori denominati "caratelli", i quali sono
delle piccole botti da 50-300 l, con legno di rovere o di castagno.
Esse vengono riempite per circa i 2/3 del loro volume, col cocchiume
lasciato aperto al fine di favorire l'aerazione e quindi l'ossidazione.
I lieviti responsabili della fermentazione sono il Tarulopsis stellata, che svolge
meglio il suo compito in assenza di uve ammuffite e il Saccaromyces bayanus.
La fermentazione è lenta a causa delle basse temperature
caratteristiche del periodo e non entra mai nella fase tumultuosa e
dopo circa un mese termina per poi riprendere l'anno successivo.
Il Vin Santo permane nelle botti senza alcun travaso per 3-8 anni,
dopodiché si effettua il suo illimpidimento e l'imbottigliamento.
Le botti non vengono svuotate del tutto, in modo da lasciare al fondo
la "madre" o il flor, che servirà per la fermentazione del nuovo mosto.
Se il velo, invece, dovesse risultare scadente la botte si svuota del
tutto e si ripulisce.
Il colore del Vin Santo è giallo - dorato - ambra e rosa più o meno
carico se vinificato anche con l'uva Sangiovese e Colorino, il gusto e
il profumo è di tipo fruttato con forte profumo di uva con nota di
mandorla e fiori appassiti.
La forte alcolicità dei Vin Santi è mascherata nei tipi amabili per la
presenza di zuccheri.
Il sentore di maderizzato (l'odore è simile al marsala) è
talvolta presente in alcune produzioni.
I vini conciati si producono mescolando mosti e vini particolari,in
modo da ottenere specifici prodotti, quali: il Porto, il Malaga, il
Madera e il famosissimo Marsala.
Il Porto costituisce un famoso vino di origine portoghese ottenuto da
mosto di uve bianche e rosse, fermentato in maniera completa o meno, a
cui si aggiungono l'alcool, lo zucchero in proporzioni variabili e
sottoposto ad un lungo invecchiamento.
Il vino così ottenuto presenta un colore aranciato bruno o rubino a
seconda della preparazione, un leggero residuo zuccherino ed una
percentuale di alcool di circa il 20%.
Il Madera si prepara nella omonima isola con uve "Verdelho", fermentato, chiarificato
ed esposto alla luce del sole o al calore di stufe, così da permanere
ad una temperatura di 50°-60°C per vari mesi, dopodiché vi si aggiunge
del mosto concentrato e poi si sottopone ad un periodo di
invecchiamento.
Il vino a fine della lavorazione si presenta più o meno colorato e con
residuo zuccherino, con una gradazione alcolica di 16°-20°.
Il Marsala nasce nel 1770 ad opera del Woodhouse, a cui seguì nella
produzione un altro inglese: l'Ingam, che nel 1812 fondò un suo
stabilimento per la produzione del Marsala.
Successivamente nel 1832 Florio si accinse ad operare per i medesimi
scopi.
Vincenzo Florio riuscì anche in breve tempo a dare impulso ad un
notevole commercio del Marsala, con i Paesi del nord - Europa e con
l'America del nord e del sud.
Il Marsala che prende il nome dall'omonima zona di produzione, si
produce con uve Cataratto, Grillo e con il massimo del 15 % di
uva Insolia.
Da queste uve si ottengono dei mosti molto zuccherini, da cui originano
dei vini molto alcolici e con residuo di zuccheri.
I vini hanno le seguenti caratteristiche:
- limpidezza, colore giallo ambrato, odore alcolico etereo, sapore non
aromatico, caldo e cioè alcolico, armonico e leggermente dolce.
L'alcol varia dal 15 al 22 %, l'estratto dai 20 ai 60 g/l, l'acidità
totale dai 4 ai 7 g/l.
Inoltre, a seconda delle tecniche applicate, si ottengono:
- i Marsala vergini, con il 18 % di alcol;
- i Marsala fini, con il 17 % di alcol e 50 g/l di zuccheri;
- i Marsala superiori, con il 18 % di alcol e 100 g/l di zuccheri;
- i Marsala speciali, ottenuti con l'80 % di vino Marsala con
l'aggiunta di saccarosio, droghe e ingredienti vari, per produrre i
Marsala all'uovo, alla crema, alla mandorla, alla nocciola.
La tecnica prevista per la produzione del Marsala, consiste nella
fermentazione del mosto fiore e la concia del vino ottenuto mediante
l'aggiunta di "sifone", di "cotto" ed alcol.
Il sifone è una mistella
preparata con un mosto di buona qualità e alcolizzato sino alla
gradazione di 22-25° e invecchiato; lo si aggiunge al vino dal 5 al 7 %.
Il cotto è il mosto
concentrato col riscaldamento, sino a farne evaporare l'acqua in
ragione dei 2/3 del volume iniziale.
Esso viene aggiunto al vino nell'elaborazione del Marsala in ragione
del 3-9%.
Il mosto concentrato rettificato o M.C.R. può sostituire insieme
al caramello il "cotto".
Il caramello serve per dare il particolare gusto amarognolo e il colore
ambrato che caratterizza il Marsala.
Le produzioni portano a differenti tipi di Marsala, più o meno dolci e
alcolici.
Il tipo "Inghilterra" è secco,
invecchiato e profumato con alcol superiore o pari ai 18°.
Il "Garibaldi" è dolce. Il "Soleras" è un Marsala vergine
invecchiato di almeno 5 anni.
L'"Italia" risulta abboccato e
con almeno il 17 % di alcol.
Inoltre con le sigle di:
-S.O.M., si identifica il "Superior
Old Marsala", con 18° alcolici, prodotto con:
kg 78 di vino grezzo di 16° ,vecchione 10 kg, cotto 7 kg, sifone kg 4 ,
alcol a 96° kg 3,4.
-L.P.,"London Particular",corrispondente
al tipo 'Inghilterra', con alcol 18 %, vino grezzo a 15° kg 92,
cotto kg 5, sifone kg 2, alcol a 96° kg 4,2.
-G.D., ovvero il Garibaldi Dolce, perché preferito dal Generale, con
18° alcolici e composto da: kg 78 di vino grezzo a 16°, kg 5 di
vecchione, kg 8 di sifone, kg 3,700 di alcol a 96°.
Le formule riportate hanno valore indicativo, in quanto numerose sono
le varianti esistenti per produrre i Marsala.
Vino
alla China (enolato o vino medicato)
Il vino alla China è un tonificante e si usa prepararlo nel seguente
modo:
Corteccia di China Calysaia 500 g, Alcol a 60° 1 l, Vino rosso o bianco
10 l.
La China contusa si pone nell'alcol e ivi si lascia in macerazione per
8 gg, dopo si aggiunge la prevista quantità di vino.
La Farmacopea Ufficiale prescrive di immettere 1 parte di China in 30
parti di vino Marsala, con l'esecuzione della macerazione per 10 o più
giorni.
Nel caso si impieghi la tintura di China, la stessa si usa alla dose di
100 parti su 1000 di vino.
Vino alla genziana
- china (enolati o vini medicati)
Genziana 30 g, alcol a 60° 80 ml. China 30 g alcol a 60 ° 80 ml.
Si lascia macerare la genziana o la china nell'alcol per una settimana
ed alla fine si aggiunge 1 litro di vino rosso. Il vino alla china si
può comporre anche aggiungendo 10 g o più di scorze di arancia.
Vino
Bischof (Vescovo)
Il Bischof è un vino aromatizzato, in particolare, con arance.
La modalità di preparazione è la seguente:
in un litro di vino bianco, si immettono in macerazione una capsula di
vaniglia (stecca o siliqua), le scorze di due limoni, 4 limoni tagliati
a fette, le scorze di due arance amare o dolci,10 g. di cannella
e mezza noce moscata.
Dopo 4-8 gg. si filtra e si aggiungono 3-4 litri dello stesso vino.
L'ippocrasso nell'antichità era
meglio conosciuto come vinum
hippocraticum, il quale costituiva una bevanda molto stimata.
Esso si prepara facendo macerare direttamente nel vino una miscela di
sostanze aromatiche.
Il vino base deve avere una buona gradazione alcolica.
La cannella, l'asperula, lo zenzero, il ginepro, i chiodi di garofano,
le scorze di agrumi, radice di angelica, macis e noci moscate,
costituiscono le sostanze vegetali aromatiche più impiegate nella
produzione dell'ippocrasso.
Ricette
per la preparazione dell'ippocrasso
Ippocrasso
In 10 litri di vino bianco o rosso, si lasciano in macerazione
per 20 gg le seguenti sostanze, così dosate:
Cannella 30 g, Noce moscata 15 g, Macis 15 g,
chiodi di Garofani 15 g, Vaniglia 4-8 g, Scorze d'arancia o di
limone da due o tre frutti.
Dopo la macerazione delle sostanze per 8-15 gg, si filtra e si aggiunge
da 2-3 kg di zucchero possibilmente disciolto a caldo (50-60°C)
in una parte del vino, per poi associarlo alla rimanente quantità (sino
a 10 l).
In più si aggiunge 1,5 -2 l di alcol a 85° o 95°.
Successivamente si filtra, si lascia a riposo e dopo si imbottiglia.
Ippocrasso
superiore
Cannella della Cina o Regina 15-50 g, Macis 10 g, Noce moscata
8-15 g, Tintura di vaniglia 500 ml, Mandorle dolci 30 g,
Vino rosso o bianco 50 l.
Nel vino si lasciano a macerare per 8-10 giorni le sostanze, poi si
prende la necessaria quantità di vino per sciogliere 9 - 12 kg di
zucchero anche ricorrendo a un moderato riscaldamento.
Completata l'operazione si unisce il vino e lo zucchero alla restante
parte di vino macerato con 5 litri di alcool a 90°. Quindi si filtra e
si conserva in bottiglie.
Ippocrasso
Cannella 3 g, macis 1 - 50 g, noce moscata 1- 50 g, mandorle 6 g,
vaniglia 10 g.
Si tritura la vaniglia in 100 g di zucchero e si aggiungono tutte le
sostanze in 10 l di vino bianco, 1,8 kg di zucchero sciolto a parte in
una certa quantità di acqua, 1-1,5 l di alcol a 98°. Si procede ad una
breve macerazione delle sostanze per 4-6 gg, dopo si filtra e si
imbottiglia.
Il vermouth differisce dai
vini ordinari o da tavola, per la maggiore ricchezza in alcol e
zucchero e per il particolare gusto e aroma, conferiti da mezzi
artificiali e da particolari piante aromatiche.
Questa bevanda era nota anche ai Greci seppur con una formulazione
diversa da quelle attuali.
La denominazione deriva dal nome volgare tedesco attribuito
all'assenzio e vuole sottolineare il tipico gusto amaro, conferito dai
vegetali aggiunti in infusione o in estratto, oltreché indicare la
principale pianta usata nell'elaborazione del Vermouth.
Le formulazioni recenti derivano, in particolare, dalla produzione
attuata dalla ditta Carpano di Torino nel 1786 a cui seguirono quelle
attuate dalla Bosca, dalla Cora, dalla Cinzano e dalla Martini.
Il vermouth è un vino liquoroso, aromatizzato e tonico, dal
sapore amaro, più o meno zuccherato.
La gradazione alcolica deve essere per legge non inferiore ai 15,5°e
non superiore ai 21° in volume.
Inoltre il vino deve rappresentare almeno il 70 % della bevanda nei
tipi secchi e il 75 % in quelli dolci, nei quali lo zucchero
(saccarosio) non deve essere inferiore al 14 %.
All'inizio della produzione del Vermouth il vino base impiegato fu il
Moscato di Canelli bianco, poi per soddisfare la richiesta e a causa
della carenza di tale tipo di vino furono e sono utilizzati i vini
bianchi e secchi di altre regioni, oltreché i vini rossi e rosati con
media acidità e alcolicità,.
Ciò non significa chiaramente che qualunque vino base sia adatto per la
produzione del Vermouth, perché per ottenere un buon prodotto il vino
deve sempre essere di buona qualità.
Quindi vanno scartati i vini con acidità volatile superiore allo
0,5-0,6 per mille e con altre alterazioni e malattie.
Il vino deve essere possibilmente dell'anno precedente e aver subito
dei trattamenti chiarificanti a base di bentonite e di caseinato di
potassio.
La formulazione delle diverse e numerose sostanze aromatiche e delle
loro dosi, costituisce il risultato finale di numerose e laboriose
prove e riprove, al fine di stabilire il vegetale e la dose da
usare più adatti.
Per l'elaborazione del vermouth le sostanze aromatiche si pongono in
macerazione direttamente nel vino alcolizzato, oppure si ricorre agli
estratti.
Nel caso della macerazione, il vino così trattato dopo un congruo
periodo di tempo, si travasa, si chiarifica con bentonite o caseinato
di potassio o, ancora, con colla di pesce alle normali dosi impiegate
in enologia (Bentonite 100 g/hl, Caseinato di potassio 40-80 g/hl), si
edulcora e si filtra.
Invece quando si usano gli estratti già pronti, essi vengono aggiunti
nella miscela di vino, alcol e zucchero nella proporzione dello
1,5-2 l per hl.
Successivamente si chiarifica, si filtra e si stabilizza il prodotto,
prima di conservarlo nelle bottiglie.
Il vermouth si prepara ricorrendo a numerose formulazioni, quali:
Vino bianco, rosato o rosso parti
7830, Radice di genziana parti 12, Sommità di
assenzio romano parti 8, Sommità di centaurea minore
parti 8, Scorze di arancia prive del bianco
parti 8, Radice di calamo aromatico parti 8, Enula campana
parti 12, Sommità di assenzio pontico parti 4, Salvia sclarea
parti 4, Iride di Firenze parti 4, Corteccia di china
parti 4, Coriandoli frutti 12, Cannella regina parti
2, Chiodi di garofano parti 1, Noce moscata parti 2, Zucchero
q.b., Alcol sino alla gradazione voluta.
Le droghe si pestano e si lasciano in infusione nel vino per 15
gg.
Successivamente si procede al travaso del vino per eliminare le
sostanze poste in macerazione e quelle precipitate.
Quindi si aggiungono l'alcol e lo zucchero nella quantità ritenuta più
opportuna.
Le dosi delle sostanze indicate si possono raddoppiare al fine di
ottenere un vino più aromatico.
Vermouth di Torino
Assenzio 125 g, camedrio 125 g,
genziana 60 g, radice d'angelica 60 g, cardo benedetto 125 g, calamo
aromatico 125 g, anice 125 g, centaurea 125 g, cannella 100 g, noce
moscata 15 g, arance tagliate 6, vino bianco 95 l, alcol 96° o 98° 5 l.
Vermouth d'Oliviero
Acoro 12 g, inula 12 g, cannella 12
g, camedrio 12 g, china rossa 12 g, assenzio 16 g, cardo benedetto 16
g, centarium erytraea 16 g, fiori di sambuco 16 g, tanaceto 16 g,
scorze di arancia 24g, anice stellato 20 g, coriandolo 20 g,
chiodi di garofano 8 g, cassia 8 g, galanga o alpinia officinarum 4 g,
noce moscata 4 g, vino bianco 10 l.
Le sostanze si lasciano in infusione nella miscela del vino e
dell'alcol per 10-15 gg.
Si lascia riposare una settimana e se necessario si filtra.
Al termine si aggiungono alcol sino alla normale gradazione e zucchero
per circa il 14 % e si conserva in bottiglie.
L'aceto
(derivato dall'ossidazione dell'alcol e dalla fermentazione acetica del
vino o delle bevande alcoliche con basso titolo alcolico: C2H5OH
->
+ ½ O2 -> CH2-CHO
(aldeide acetica) -> 1/2 O2 -> CH3-COOH
(acido acetico) ) è un solvente adatto all'estrazione delle sostanze
vegetali e dei metaboliti secondari, tra questi prodotti si annovera il
famoso Aceto Balsamico di Modena, che si differenzia in modo
pronunciato da quello ordinario sia per le caratteristiche gustative e
sia per la fase tecnica di produzione.
L'origine dell'aceto balsamico risale al Medioevo in zone del nord -
Italia, appartenenti ai domini estensi.
Esistevano ed esistono, in proposito, numerose ricette tenute
gelosamente segrete.
Pertanto esso è l'aceto più legato alle tradizioni e alle consuetudine
del luogo di produzione.
L'aceto balsamico di Modena si può datare al 1800, quando Giusti,
Scaglioni, Grossi e Monari, stabilirono che il prodotto doveva essere
ottenuto dal mosto con l'infusione di liquirizia e chiodi di garofano.
Aggazzotti invece impiegava nell'elaborazione di questo aceto il
mosto cotto, creando così l'Aceto Tradizionale Balsamico.
Tale aceto è ottenuto da mosto d'uva cotto, maturato per lenta
acetificazione derivata da naturale fermentazione, con la progressiva
concentrazione per mezzo di un lungo invecchiamento in recipienti di
legni diversi.
La produzione dell'Aceto Balsamico di Modena si effettua con una parte
di pigiato sottoposta alle normali operazioni enologiche di defecazione
e di sedimentazione, in cui si fanno avvenire la fermentazione alcolica
e dopo quella acetica, che viene compiuta mediante il metodo di
acetificazione classica a trucioli da cui si ricava un aceto limpido e
di ottima qualità.
Un'altra parte di pigiato si concentra al fuoco per l'ottenimento del
mosto d'uva cotto.
I prodotti ottenuti si mescolano insieme nelle proporzioni di circa 1 l
mosto d'uva cotto per ogni 2,5 l di aceto, con l'aggiunta, se
necessaria, dell'aceto invecchiato in quantità tale da portare
l'acidità totale al requisito minimo prescritto dalla legge del 6
%.
L'aceto così preparato si lascia ad invecchiare in botti di rovere,
castagno, per un periodo da un mese a tre anni.
Le botti, in questo periodo, si colmano con regolarità dal cocchiume,
che si lascia coperto solo da una pezzuola al fine di evitare
contaminazioni dell'aceto e per permettere l'ingresso dell'aria
necessaria all'affinamento del prodotto.
Dopo si imbottiglia previa filtrazione per evitare la formazione di
sedimenti al fondo della bottiglia.
Le diverse operazioni connesse con la produzione dell'aceto sono
effettuate rispettando rigorose norme igieniche, per impedire le
contaminazioni e il deperimento delle caratteristiche gustative
dell'aceto.
L'Aceto Balsamico di Modena è un liquido di colore bruno con odore
caratteristico e avente sapore agrodolce.
L'acidità totale minima deve corrispondere al 6 % e l'estratto al
minimo a 30 g/l.
Gli zuccheri ammontano a circa 160-170 g/l.
Formulazione
degli aceti aromatizzati
Gli aceti aromatici costituiscono una particolare categoria di aceti
ottenuti mediante l'infusione di erbe aromatiche per un tempo di almeno
20 giorni nell'aceto.
L'aceto da aromatizzare deve essere di buona qualità.
Le erbe e le spezie impiegate sono: la ruta, la menta, la melissa, la
salvia, le noci moscate, la liquirizia, il macis, la cannella, il
rosmarino, i chiodi di garofano e molte altre ancora.
Una formulazione per aceto aromatico è la seguente:
Ruta 150 g, Salvia 150 g, Menta 150 g, Rosmarino 150 g, Chiodi di
garofano 20 g, Noci moscate e macis 20 g + 20 g, Cannella 20 g,
Calamo aromatico 20 g, Liquirizia 5 g.
Le sostanze aromatiche si pongono in infusione in 10 litri di buon
aceto per almeno 20-30 gg, poi si filtra il prodotto e lo si conserva
nelle bottiglie.
La formulazione suindicata può essere variata a piacimento o infondendo
solo una o alcune delle spezie precisate, modificando anche la dose
prescritta.
In più si può disciogliere dello zucchero in dose di 150-170 g/l, al
fine di ottenere un aceto dal tipico gusto agrodolce.
L'idromele è una bevanda
alcolica conosciuta fin dall'antichità. Era
una bevanda favorita e consumata dagli Egiziani, dai Greci e dai
Romani.
I Greci la chiamavano melikraton
e i Romani aqua mulsa.
In passato la preparazione dell'idromele giungeva a risultati incerti,
infatti molte volte l'idromele era difettoso.
L'acqua di miele è in effetti un mezzo sfavorevole alla vita dei
lieviti della fermentazione alcolica, a causa del loro insufficiente
numero naturale e dello scarso contenuto di elementi nutritivi azotati
e minerali offerti agli stessi.
Dinanzi a queste condizioni i lieviti, senza un sufficiente contenuto
di princìpi nutritivi, stentano a moltiplicarsi, con il risultato di
ottenere una incompleta fermentazione alcolica.
La fermentazione, senza che si intervenga in suo favore, risulta molto
lenta e difficile, il che favorisce la moltiplicazione di fermenti
nocivi e quindi l'alterazione della bevanda.
Al fine di ottenere una regolare fermentazione dell'idromele
è,quindi,necessario incrementare l'acidità con l'aggiunta alla
composizione di 350-400 g di acido tartarico, in più si aggiungono i
lieviti selezionati e i sali nutritivi.
La diluizione del miele è compiuta con 25-30 kg dello stesso in
un ettolitro di acqua, sia fredda e sia un po' calda e mediante una
agitazione della miscela. La miscela costituita contiene 250-300 g di
miele per litro di acqua. Gli zuccheri sono pari, pertanto, a 190-230 g
per litro i quali con la fermentazione alcolica daranno una bevanda con
un grado alcolico di circa 11-13°.
La miscela di sali nutritivi è preparata con:
Fosfato bibasico di ammoniaca 7,30 g, Tartrato neutro di ammonio 25,50
g, Bitartrato di K 43,60 g, Magnesia calcinata 1,50 g, Solfato di
calcio 3,50 g, Acido tartarico 18,60 g.
Di tale miscela si usa una dose di 5 g per ogni ettolitro di
idromele preparato.
La temperatura più favorevole alla fermentazione dell'idromele si situa
intorno ai 20°-22°, sino a 25° C.
A questa temperatura la fermentazione alcolica primaria si compie in
15-20 gg.
La fermentazione secondaria è più lunga e dura circa un mese.
Nel favorire la fermentazione un ruolo importante svolge l'areazione
della miscela miele-acqua,la quale facilita la moltiplicazione dei
lieviti.
L'aerazione della miscela miele-acqua si pratica non appena essa è
stata preparata e per mezzo di un rimontaggio all'aria.
Infatti l'areazione diventa improponibile successivamente e in presenza
dell'alcool, poiché in simili condizioni si rischia di determinare un
aumento dell'acidità volatile e quindi dell'acido acetico.
Una composizione di idromele diversa può essere realizzata con gli
ingredienti, le dosi e le modalità seguenti:
Miele kg 15, Acqua 100 l, Lievito selezionato (Saccaromyces cerevisiae
M. - elissopdeus) 150 g
circa.
In Polonia si usa aromatizzare l'idromele con i lamponi, le more, le
ciliege, previamente lasciate nell'acqua per un giorno, in cui dopo si
aggiungono il miele e il lievito per lasciare il tutto alla
fermentazione.
Una volta completata la fermentazione l'idromele si trasferisce nelle
bottiglie.
Le noci moscate (15-30 g), la cannella (5-30 g), il macis (3-5 g), i
chiodi di garofano (2-40 g), la genziana (5-15 g), il coriandolo (30 g)
per ogni 10 l di prodotto, si usano per conferire all'idromele
particolari caratteristiche e virtù curative.
A tal fine le spezie vengono dapprima bollite in un litro di acqua di
miele per poi essere aggiunte insieme alla stessa alla miscela
miele-acqua.
L'idromele secco contiene il
13-15 % di alcool e l'1-2 % di zuccheri
residui. l'idromele liquoroso
ha lo stesso titolo alcolico, ma contiene
dal 4 al 5 % di zuccheri residui. L'idromele liquoroso si stabilizza
aggiungendo alcol sino alla gradazione di 15° -17°.
L'ossimiele è una miscela di
miele (500 g) e aceto (250 g), resa
sciropposa per evaporazione a debole calore.
Dall'idromele, mediante ripetute aerazioni ed ossidazioni e grazie
all'azione degli acetobatteri, si ottiene l'aceto di miele.
Marcello
Castroreale
mcastroreale@alice.it
Cantina con un apparecchio a getto a
vapore del 1890 per la disinfezione delle botti in legno usate
nell'elaborazione, conservazione ed invecchiamento del vino. L'igiene e
la pulizia dei locali e dei recipienti costituiscono una necessità
imprescindibile nell'ammostamento, nella vinificazione e nella
trasformazione degli zuccheri in alcol, che stante il modesto contenuto
alcolico del vino o dei liquidi alcolici analoghi, può dare origine a
delle fermentazioni anomale (acetica , lattica, ecc.). Il vino, l'aceto
e i liquidi alcolici in genere, sono impiegati, sin dall'antichità,
nell'estrazione delle sostanze vegetali.
Da Steiner, Chimiste-Distillateur, 1890, Traité pratique de la
fabrication des Eaux-De-Vie par la distillation, Paris, Garnier
frères, Libraires - Editeurs
Bibliografia
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