Riflessione sulla scuola pubblica: portare la gente a riscoprire i miti fondativi della nostra cultura e del nostro essere, cioč i miti greci
Data: Martedě, 22 aprile 2014 ore 08:30:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa



In questo periodo di primavera nella scuola in cui lavoro (Istituto Superiore d’Adda di Varallo) è ricominciata la rassegna teatrale "Il Mito in pubblico". Quando tornai, anni fa, al Liceo Classico pensai che potevo concretizzare un’idea, un sentimento, un progetto che da tempo avevo in mente: portare la gente a riscoprire i miti fondativi della nostra cultura e del nostro essere, cioè i miti greci.

Ma come far conoscere o rinverdire la conoscenza di queste storie? Attraverso conferenze? Era da escludere. Bisognava, è vero, coinvolgere le persone, fare un servizio culturale al nostro paese, ma soprattutto far penetrare la coscienza delle proprie radici nei ragazzi. Perchè il mito, che è dentro di loro, negli archetipi, nelle strutture portanti del pensare e del sentire, fosse anche un po’ riconosciuto: infatti sapere da dove vengono certe cose ci aiuta a capirle meglio e a governarle ove occorra. Ci aiuta a vivere meglio. Così è nata la rassegna, ora giunta al terzo anno. Non avrebbe preso corpo, però, senza i docenti, ancor prima dei ragazzi, i miei colleghi.

Certo il Dirigente è stato presente, ha migliorato i locali sino a trasformare l’aula magna in un piccolo teatro interno alla scuola. Ma lo spazio senza i docenti sarebbe rimasto vuoto. Ecco, questo io vorrei dire sulla scuola italiana, la scuola pubblica. E non solo anche proprio su una scuola come il Liceo Classico.

Vorrei sottolineare che i miei colleghi scrivono coi ragazzi il testo, pensano alle prove, fanno molte prove in orario extrascolastio e non pagato o pagato in modo simbolico, poi la tensione dello spettacolo, poi la tensione perché anche loro salgono coi ragazzi sul palco, poi i ragazzi sconsolati, affaticati dallo studio da pungolare, poi i ragazzi che pungolano il docente che è stanco e per un momento vorrebbe mandare tutto all’aria e fare solo il professore che sta in cattedra. Invece molti dei docenti che ho incontrato nella mia vita, quasi tutti, per far andare avanti la scuola, la baracca verrebbe da dire, fanno sempre di più del loro dovere. C’è qualcuno che fa di meno, c’è qualcuno che fa male o per incapacità, o per problemi sorti nel tempo, o per scarsa volontà, ma sono pochi, ve l’assicuro, un’esigua minoranza, gli altri affrontano tutte le difficoltà e fanno di più, se no la scuola non andrebbe avanti e non produrrebbe risultati buoni, talvolta ottimi come da noi, con questi ragazzi che salgono sul palco e fanno rivivere il mito.

Ho pensato a queste cose confusamente, tutte insieme, quando alla fine di uno spettacolo, un mio collega e amico ha detto, quasi sottovoce, quasi in modo incidentale: "perché fare queste cose è difficile".
Sì è difficile, bisogna sempre dirlo e a voce alta: fare i docenti è difficile.
Come tutte le cose che valgono!

Maria Rosa Pantè
mrpante@libero.it





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