'Nell’autismo i neuroni empatici sono solo bloccati' - èquipe internazionale di Giacomo Rizzolatti
Data: Martedì, 15 aprile 2014 ore 07:30:00 CEST Argomento: Redazione
All'università
di Parma lavora l'èquipe internazionale di Giacomo Rizzolatti. Nel 1996
la scoperta su cui oggi si concentrano le neuroscienze, in un futuro
Nobel possibile.
Lo specchio per leggere la mente degli altri è nato qui, nel
laboratorio di neuroscienze di Giacomo Rizzolatti. Nulla a che fare con
l'antro oscuro di un fabbro: in quest'ala dell'università di Parma gli
esperimenti più illuminanti prendono forma da gesti calmi e semplici.
Uno sguardo che si sposta, una mano che porge una mela, una vocale
pronunciata con una certa intonazione sono l'oggetto di studio di
questo gruppo ormai storico dell'ateneo emiliano.
Era il 1996 quando Rizzolatti e tre
studenti annunciarono la scoperta di quella che si è rivelata l'idea
più innovativa delle neuroscienze degli ultimi decenni: i
neuroni specchio, ovvero il meccanismo che ci consente di comprendere e
condividere le emozioni altrui. Il motivo per cui proviamo compassione
o ci emozioniamo davanti a un film. Ma anche l'anello della catena
che si spezza in un bambino colpito da autismo. “Un gesto banale
come allungare la mano per porgere una mela è colmo di mille possibili
significati” spiega quel mix di entusiasmo e comunicativa che è
Rizzolatti. “Le persone normali riescono a coglierne molti, se non
tutti. Un bambino autistico invece si blocca alla prima
interpretazione. Per lui, se afferro una tazza è solo per bere. Non
esistono altre intenzioni, come donare, spostare o lavare. Il mondo
delle emozioni e delle intenzioni altrui è precluso a chi è colpito da
questa sindrome e il ventaglio dei significati di un gesto è ripiegato
in un'unica interpretazione”.
"Ma noi crediamo - corregge Rizzolatti
- che si tratti di un meccanismo solo inceppato, non rotto per
sempre". Per rieducare i
neuroni specchio e insegnar loro a parlare con il sistema motorio a
Parma pensano di usare i videogiochi. "La Wii è perfetta -
spiega il professore -. Perchè coinvolge il sistema motorio e non
prevede l'interazione con gli altri, un ostacolo per i bambini
autistici. Con questo metodo possiamo forse correggere uno dei difetti
della malattia: l'incapacità di
legare intenzione e movimento. Vogliamo rieducare i neuroni
specchio a dialogare con i neuroni del sistema motorio. Crediamo
infatti che le cellule siano intatte, e a funzionare male siano solo le
sinapsi, cioè le loro connessioni".
Presto una scuola Parma.
Non si tratta solo di ipotesi. Due centri educativi per bambini
autistici ispirati a queste idee sono in funzione a San Miniato e a
Tours. E una scuola dismessa a Parma sta per essere dedicata a questo
scopo, grazie all'aiuto del Comune e di finanziamenti privati. "Apriremo alla fine
dell'anno una scuola e un laboratorio per la riabilitazione, in cui
useremo i giochi elettronici sostituendo le trame di guerra con trame
di aiuto reciproco". È il segreto del "miracolo Parma" secondo
Rizzolatti: "Una città ricca, in cui i privati collaborano volentieri
con l'università". E quanto all'idea di trasferirsi negli Usa, lo
scienziato taglia corto. "Ci ho lavorato, so benissimo che lì basta una
telefonata per ottenere tutto ciò che serve. Ma non potrei mai
abbandonare quel che nei decenni ho contribuito a creare qui. In fondo
per un esperimento ben congegnato possono bastare anche pochi soldi. E
se l'Italia non ci dà molto, per fortuna possiamo fare affidamento sui
bandi di finanziamento internazionali".
Il suo campo di ricerca iniziato negli anni Novanta come
neurofisiologia dura e pura, con uno studio metodico sul quando e
perchè ogni singolo neurone di scimmia si accende se sottoposto a uno
stimolo, oggi ha iniziato ad
allargarsi proprio come una cellula del cervello che si dirama in mille
direzioni, raggiungendo con le sue sinapsi campi come psicologia,
filosofia, linguistica, psicanalisi, drammaturgia. "Ma di questo
passo noi medici finiremo in minoranza, qui", scherza il professore
circondato da studenti inglesi, giapponesi, svizzeri e canadesi, che
lavorano per un dottorato in biologia, ma arrivano anche da facoltà
come psicologia e filosofia seguendo la scia delle parole di David Hume.
"Noi osserviamo la forza della simpatia attraverso tutta la creazione
animale e la facile comunicazione dei sentimenti da un essere pensante
a un altro".
Ogni tanto nei laboratori di Parma si affaccia gente
di teatro interessata a capire come uno sguardo, o il gesto di
allungare la mano, o l'intonazione di una vocale possano provocare
risonanze cangianti all'interno del cervello. "Con un gruppo di
giovani attori del Piccolo - racconta Rizzolatti - abbiamo fatto uno
studio sui mille significati del porgere una mela". L'attore muove i
muscoli e lo spettatore attiva i suoi neuroni specchio per interpretare
il significato del gesto: quale intenzione e sentimento c'è dietro, da
quale possibile rapporto sono legati donatore e ricevente.
Quali saranno gli effetti dello scambio. In fondo era stato
proprio Peter Brook a commentare ironico: "Con i neuroni specchio i
neurologi hanno scoperto quel che gli attori avevano capito da sempre".
Ma qui semplicità e banalità sono solo apparenti. Porgere una mela o
rivolgere uno sguardo sono mattoni essenziali di una comunicazione fra
individui in realtà molto complessa. E scoprire le lettere
dell'alfabeto delle emozioni condivise rappresenta solo l'inizio
dell'avventura.
"Studiare per tanti anni questi argomenti ha cambiato il mio modo di
vedere le cose- ammette Rizzolatti-. Mi
sono accorto che la felicità può realizzarsi solo nel rapporto con gli
altri. E che il crollo delle ideologie ha avuto ripercussioni negative
anche sul nostro benessere psicologico. Oggi siamo tutti un po' dei
cani sciolti. Eppure quando ho iniziato a fare ricerca avevamo
ben chiaro in mente che la scienza va portata avanti nell'interesse
comune, non per la carriera".
Nella bacheca del laboratorio una decina di annunci invitano gli
studenti ad arruolarsi come volontari per gli esperimenti in cambio di
dieci euro. Dovranno solo orientare uno sguardo, muovere una mano o
afferrare un oggetto mentre apparecchi per l'elettroencefalografia o la
stimolazione magnetica transcranica cercano di decifrare il significato
complesso dei loro gesti semplici. Per
alcuni si tratterà di osservare delle statue greche, comprendere quali
sono i canoni della bellezza iscritti nel nostro cervello o districarsi
fra il ruolo dell'insula (legata all'istinto) e quello dell'amigdala
(in cui è impresso il marchio della cultura) nel modo in cui
apprezziamo il bello.
"Dopo la scoperta dei neuroni specchio potremmo forse rivedere il
nostro modo di insegnare nelle scuole. Osservare gli altri, imitarli,
ripetere molte volte i gesti fondamentali è la base per imparare. Vuol
dire costruire con metodicità un piedistallo dal quale poi spiccare il
volo", propone il professore. E il
sogno nascosto di chi guarda al lavoro degli scienziati di Parma è
forse quello di una "pillola dell'empatia" che aiuti gli uomini a
comprendersi meglio e gli impedisca di procurarsi sofferenze.
Nel laboratorio ridono quando gli si fa la domanda. Ma all'idea hanno
pensato anche loro. "I neuroni specchio- risponde Rizzolatti- vengono
studiati negli uomini e nelle scimmie, dove non possiamo fare troppi
esperimenti. Se li trovassimo anche nei topi, si aprirebbe la strada a
manipolazioni più facili. Allora forse inventeremmo anche una pillola
per capirci meglio".
Oltre al Nobel per la medicina (tutt'altro che inatteso qui a Parma),
varrà allora anche quello per la pace.
Gabryventu49.blogspot.it
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