L’Alchimia e l’estrazione delle sostanze vegetali (Parte IV – Distillatori, distillazione e rettificazione)
Data: Domenica, 13 aprile 2014 ore 08:30:00 CEST Argomento: Redazione
Nell’Alchimia la
distillazione e i distillatori sono intimamente
collegate tra loro.
Ciò deriva dalla costatazione che il processo della distillazione,
seppure in modo simile, accade in Natura e nell’organismo di ogni
vivente.
Il nostro corpo, ad esempio, ha di norma una temperatura di circa 36°C,
che è mantenuta costante dai processi metabolici basali e con il
dispendio di energia.
Varie ghiandole ed organi hanno strutture che somigliano a dei veri e
propri capitelli dove avviene verosimilmente una deflemmazione, ovvero
da cui dal sangue, dalla linfa o dal liquido interstiziale, con debole
energia e calore, distilla la sostanza specifica e deputata a svolgere
la particolare funzione.
Una conferma la ritroviamo nella malattia in cui si ha pure
l’elevazione della temperatura corporea, che dimostra come in tale e
difficoltoso stato il fabbisogno di “distillati” sia aumentato, per il
maggiore dispendio che la malattia comporta e ciò nel tentativo di
risolverla.
Gli Alchimisti per imitare la distillazione naturale, a debole energia
e calore del corpo, che facilita le trasmutazioni, ricorrevano per lo
più alla distillazione a bagnomaria.
Nella distillazione i tipi di distillatori usati sono differenti e
numerosi (la costruzione e la detenzione di un apparecchio di
distillazione sono soggette a denuncia alle autorità e alla loro
registrazione, DPR 297/1997).
I distillatori principalmente si distinguono in:
- apparecchi semplici composti
da: una caldaia o cucurbita connessa ad
un capitello e a un refrigerante;
- apparecchi semplici come sopra con
l’aggiunta dello scaldavino, che
permette di riscaldare un quantitativo di vino prima della sua
introduzione nella caldaia col calore prodotto durante la distillazione
precedente;
- apparecchi di distillazione con lo
scaldavino rettificatore;
- apparecchi di distillazione
provvisti di scaldavino e di
deflemmatore, sia a funzionamento intermittente e sia continuo.
Alambicco
o Distillatore semplice
L’alambicco è costituito da una caldaia coperta e chiusa, ove viene
posta la materia da distillare, e da un capitello collegato tramite un
tubo al refrigerante.
La caldaia, denominata anche cucurbita, ha lo scopo di sottoporre al
calore il liquido da distillare e di portarlo all’ebollizione, non
disperdendo il vapore che viene incanalato attraverso un tubo nel
refrigerante.
La caldaia dalla varia capacità in litri secondo i modelli ed ha una
forma rotondeggiante.
Di norma ha forma cilindrica e in alto è provvista di foro in cui viene
inserito il termometro.
Per le dimensioni si rispetta, in genere, il rapporto tra altezza e
larghezza di 5 a 3, cioè se è alta 50 cm deve essere larga 30 cm (50 x
3 : 5 = 30).
Il riscaldamento si effettua solitamente a fuoco diretto, il che
talvolta comunica al distillato odore di bruciato.
Per evitare tale inconveniente la caldaia può costruirsi in bagnomaria
o in bagno di sabbia.
Altri accorgimenti per evitare il bruciarsi della sostanza al fondo
della caldaia, consistono nel porre al suo interno dei falsi fondi
rialzati o dei cestelli non direttamente poggianti, in modo da impedire
il contatto diretto tra la materia posta a distillare e il fondo
della cucurbita direttamente a contatto col fuoco.
La caldaia è chiusa dal capitello o duomo, dal quale si diparte il tubo
che poi si collega al refrigerante, che è il dispositivo terminale
dell’alambicco.
Nel refrigerante, grazie al continuo ricircolo di acqua fredda, avviene
la definitiva condensazione dei vapori emessi dalla caldaia ottenendosi
così il distillato.
Il tubo proveniente dalla caldaia nel refrigerante, in genere, è
collocato in spire in numero più o meno grande, in proporzione alla
quantità di vapori sprigionatisi dalla caldaia e che si debbono
condensare.
All’uscita del refrigerante vi è la provetta di saggio, per il
controllo costante della gradazione alcolica del distillato raccolto.
Tra i materiali da impiegare nella costruzione, sia della caldaia e sia
delle altre parti del distillatore, sono da preferire il rame e
l’acciaio, per la resistenza ai vari agenti corrosivi e per
l’efficienza, soprattutto il rame, di trasmettere il calore.
Difatti per la serpentina del refrigerante è sempre meglio usare il
rame, perché è migliore per la condensazione dei vapori.
Nel distillatore è importante montare una valvola di sicurezza nel
capitello o duomo, in modo da evitare che eventuali sovrappressioni
possano causare la rottura della caldaia e siano fonte di pericolo per
gli operatori.
Distillatore
con scaldavino
Il primo perfezionamento dei distillatori semplici è stato ottenuto con
la realizzazione dello scaldavino, il quale permette di distillare
anche in continuo.
Lo scaldavino consente di economizzare l’energia necessaria per il
processo della distillazione.
Ciò si realizzava in alcuni distillatori di costruzione anteriore,
incanalando parte del calore, prodotto dal fuoco posto sotto la
caldaia, in appositi condotti direzionati verso lo scaldavino al fine
di scaldarlo.
Un’ulteriore perfezionamento è stato ottenuto nell’utilizzare, per il
riscaldamento, il calore dei vapori emessi dalla cucurbita
incanalandoli in un tubo spiralato, il quale finiva per
immergersi nel liquido posto nello scaldavino.
Durante il passaggio dei vapori nello scaldavino si produce sia il
riscaldamento del liquido contenuto e sia la condensazione
di quelli acquosi, iniziando in tal modo anche l’arricchimento in
alcool del distillato.
Lo scaldavino può ricevere i vapori emessi dalla caldaia sia attraverso
il tubo spiralato posto al suo interno e non in contatto diretto col
liquido, sia pure per mezzo di un tubo che si immerge libero nel
liquido e in cui i vapori gorgogliano.
In quest’ultimo caso il distillatore si denomina con scaldavino
rettificatore.
Infatti i vapori emessi dalla caldaia e condotti tramite il tubo
che si immerge libero nel liquido posto nello scaldavino
gorgogliano nello stesso, determinando la condensazione dei vapori
acquosi e l’arricchimento di alcool nel liquido e perciò nel
distillato.
Allorché si termina la prima distillazione il liquido bollente dello
scaldavino si trasferisce, per mezzo di un tubo di collegamento, nella
caldaia già scaricata dalle borlande iniziando una nuova distillazione
e così via.
In questo modo si ottiene un risparmio di tempo e di combustibile.
Pertanto il funzionamento dello scaldavino sfrutta la cessione del
calore causato della condensazione dei vapori che fluiscono dalla
caldaia, il che determina il riscaldamento del liquido.
Al fine di aumentare o diminuire la retrogradazione è possibile,
con un ulteriore accorgimento, disporre nello scaldavino il tubo in cui
si immettono i vapori in due diverse disposizioni.
Difatti se le spire in cui è ritorto il tubo sono disposte in senso
discendente la retrogradazione è poca o nulla, mentre diventa
significativa se le spire seguono un senso ascendente rispetto al
tubo raccordato alla caldaia.
In quest’ultimo caso, grazie alla retrogradazione, si ottiene un
distillato con una maggiore forza alcolica.
Una temperatura nello scaldavino elevata non permette di ottenere un
distillato abbastanza deflemmato, pertanto bisogna avere l’accortezza
di operare proporzionando giudiziosamente il calore, al fine di
ottenere un buon prodotto e una distillazione che possiamo definire
continua.
Negli apparecchi da distillazione più perfezionati per evitare tale
inconveniente, lo scaldavino è collegato a un condensatore
supplementare collegato a sua volta al refrigerante dove
avviene la condensazione definitiva del distillato.
Distillatore con scaldavino, che
produce dei distillati molto fini e consente di operare la
distillazione con una certa rapidità. Lo scaldavino è la parte
dell’apparecchio che nella figura si trova in mezzo tra la
caldaia (a sinistra) e il refrigerante ( a destra), e che raccoglie il
liquido quale risultato della prima condensazione dei vapori
provenienti dalla caldaia. Tale liquido al termine della prima
distillazione con l’apertura dei rubinetti è rinviato nella caldaia e
distillato.
Da Steiner, Chimiste-Distillateur, 1890, Traité Pratique de la
fabrication Des Eaux-De-Vie par la Distillation, Paris, Garnier
frères, Libraires – éditeurs
Distillatori
con deflemmatori a testa di moro, a lente e a sfera
Il capitello che chiude la caldaia riesce meglio a deflemmare o a
condensare i vapori acquosi quando sulla sua superficie esterna si
lascia scorrere durante la distillazione un filo d’acqua.
Il capitello così funzionante si denomina capitello rettificatore.
L’acquavite ottenuta con tale sistema raggiunge i 50-65° alcolici.
I capitelli rettificatori più sofisticati sono quelli in cui si monta
nella camera cilindrica la colonna a piatti per la rettificazione.
Tali apparecchi sono raffreddati all’esterno mediante una serpentina
col circuito dell’acqua fredda, come, ad esempio, quello fabbricato
dalla ditta A. Le Page di Parigi.
La testa di Moro, vera e propria espansione di forma semisferica
collocata sul capitello, serve per deflemmare i vapori e quindi
condensare quelli acquosi e gli oli empireumatici facendoli ricadere in
caldaia.
Una maggiore efficacia al fine di ottenere un’acquavite con una più
alta gradazione alcolica mostra il distillatore con il capitello
rettificatore accoppiato alla lente rettificatrice, come nel sistema
adottato in alcuni modelli di distillatori Deroy.
Infatti la lente di rettificazione, anch’essa funzionante col continuo
scorrimento di acqua sulla sua superficie esterna, permette di ottenere
alcol sino a 90° alcolici e abbastanza depurato.
I dispositivi descritti sono applicabili congiuntamente o meno allo
scaldavino.
La sfera Egrot è un altro deflemmatore costruito con due sfere una
interna più piccola incapsulata in un’altra più grande esterna.
In quella interna circola l’acqua che serve per raffreddare il
dispositivo,che così riesce al meglio a condensare i vapori emessi e
ricevuti dalla caldaia.
L’acqua dopo la sua circolazione nella sfera interna defluisce e ricade
anche sulla superficie esterna della sfera grande per raffreddarla.
I vapori di distillazione passano nell’intercapedine fra la sfera
piccola e quella grande e quindi,sufficientemente deflemmati,continuano
il loro percorso sino al refrigerante ove avviene la loro condensazione.
La deflemmazione è proporzionale alle dimensioni del globo.
Difatti tanto più è grande tanto più elevata risulta la condensazione e
la retrogradazione.
La retrogradazione è più elevata se il tubo collegato alla testa di
moro o ad altri tipi di deflemmatori e diretto al refrigerante è di
tipo rialzato, meno se è abbassato, avendosi di conseguenza, nel
primo caso, un distillato con una più elevata concentrazione alcolica
rispetto alla configurazione del tubo abbassato.
Refrigerante
e serpentino
Il refrigerante è il dispositivo atto a ricevere i vapori e di farli
ivi condensare, per mezzo del raffreddamento svolto dal ricircolo di
acqua fredda.
Dai primi modelli in cui semplicemente si immergeva il tubo, che
conduceva i vapori provenienti dalla caldaia, nell’acqua fredda posta
in un recipiente, si è passati al refrigerante con il circolo
continuo di acqua fredda per meglio condensare i vapori ed
ottenere così un distillato più concentrato.
Il tubo può essere di tipo lineare o spiraliforme o con espansioni, ciò
al fine di aumentare la superficie di scambio del calore e rendere più
efficiente il raffreddamento e la condensazione dei vapori.
Colonne a
piatti
Le colonne a piatti consentono di distillare in modo da ottenere un
prodotto ad alta concentrazione e a basso tenore di impurità.
Esse possono essere montate sia nei distillatori a funzionamento
discontinuo, sia in quelli a funzionamento continuo.
Queste apparecchiature esplicano in maniera più efficace la
funzione del deflemmatore o del condensatore di riflusso e possono
essere di diversi tipi: a piatti forati, a materiali di riempimento (ad
anelli, sfere di cristallo o di porcellana, ecc.), a contatto, come gli
apparecchi di Wernicke, di Perrier e di Guillame.
Le colonne più utilizzate e che offrono un buon rendimento sono quelle
a campanelle di gorgogliamento.
Sono costituite da una serie di tronconi uniti insieme da bulloni
contenenti una serie di piatti con campanelle di gorgogliamento,di
numero variabile,nei quali vi è un tubo di troppo pieno che fa
fluire in basso il liquido formatosi dalla condensazione,più un tubo
più piccolo sormontato da una campanella da cui fuoriesce il vapore
ascendente. Tanto più alto risulta il numero di tronconi e di
piatti relativi e quindi più alta è la colonna,quanto più concentrato e
puro risulta il prodotto.
La separazione dei diversi componenti e cioè la separazione di quelli
volatili da quelli meno volatili, si compie attraverso il contatto dei
fluidi ascendenti e discendenti presenti nella colonna, anche
grazie alla pressione esistente nella colonna e prodotta a seguito del
riscaldamento o del calore somministrato nel bollitore o caldaia.
Anzi per una corretta separazione soprattutto dei prodotti di testa è
necessario che nella colonna vi sia una certa lieve sovrappressione, la
quale facilita la condensazione degli stessi.
I distillatori a funzionamento discontinuo sono tali perché si deve
smettere l’operazione di distillazione per scaricare le borlande,
cioè i residui della materia distillata e per ricaricare con la nuova
materia da distillare la caldaia.
Invece nei distillatori a funzionamento continuo queste
operazioni,grazie ad alcune apparecchiature che scaricano e ricaricano
automaticamente l’apparecchiatura, vengono eseguite senza
l’interruzione della distillazione.
Nella colonna a piatti la parte inferiore è quella che distilla ovvero
esaurisce il miscuglio immesso, mentre quella superiore provvede
alla sua concentrazione.
Inoltre nella distillazione ad alto grado, possono essere
collegate più di una colonna, al fine di realizzare una più spinta
rettificazione del distillato.
La colonna a piatti può essere collegata direttamente al refrigerante o
collegata, prima di giungere a questo, a un condensatore di riflusso o
di retrogradazione, il quale rinvia il liquido nella colonna a piatti
nella porzione più alta realizzando in tal modo la cosiddetta
pastorizzazione
dell’alcol intuita e realizzata nel 1888 da E.
Barbet, ovverosia l’eliminazione dei prodotti di testa .
L’alcol etilico così depurato di buon gusto si può estrarre dalla
porzione superiore della colonna, che si compone di sei piatti ,
e precisamente dai primi tre piatti, partendo dal basso.
L’estrazione dei prodotti di testa si realizza perciò per la
riebollizione violenta del liquido retrogradato o di riflusso
introdotto in cima alla colonna a piatti, e proveniente dal
condensatore di riflusso.
Tale procedimento si fonda sul fatto, che i prodotti di testa esistenti
nei vapori ascendenti, sono impossibilitati a condensarsi nel liquido
bollente perché questo si trova ad una temperatura superiore al loro
punto di ebollizione, quindi è come se il piatto per essi non
esistesse.
Inoltre il liquido di riflusso che viene inviato nel liquido
bollente esistente in cima alla colonna si libera dei prodotti di
testa, perché essi sono costretti ad evaporare ricondensandosi
nel condensatore di retrogradazione a causa della impetuosa
riebollizione cui vanno incontro.
I prodotti di testa, convogliati e condensati in un apposito
refrigerante, vengono poi definitivamente estratti per la loro
successiva rettificazione allo scopo di ottenere l’alcol etilico ancora
presente.
Utilizzando queste apparecchiature è possibile separare in modo
soddisfacente i cosiddetti prodotti di testa e di coda,estraendo
il solo cuore ovvero la parte che contiene meno impurità.
Le impurità, però, sono sempre presenti anche se in misura ridotta, a
causa dell’affinità che hanno numerosi componenti nei confronti
dell’alcol etilico e nonostante la lontananza dei loro punti di
ebollizione rispetto a quello proprio dell’alcool.
Le temperature che si riscontrano nella colonna variano al
variare della composizione della miscela idroalcolica, che si
forma nei diversi piatti e saranno più vicine a quella
dell’alcol (78.3°) nella parte più alta della colonna dove
l’alcool è preponderante.
Dispositivi
per la regolazione dei distillatori
Il regolatore del vapore è uno dei dispositivi più installati nei
distillatori a funzionamento continuo e serve per impedire che la
pressione raggiunga valori critici, i quali possono essere causa di
malfunzionamento e divenire pericolosi.
Questo dispositivo impedisce il passaggio del vapore che serve per
riscaldare la massa immessa nella caldaia, consentendo in tal modo
l’abbassamento della temperatura nella caldaia.
La concezione di tale dispositivo è dovuta sia al Barbet e sia al
Savalle.
Altri preziosi strumenti sono i termometri collocati in vari settori
lungo la colonna a piatti, i quali permettono il rilevamento
della temperatura sui diversi tronconi e piatti e delle diverse miscele
ivi stazionanti.
Altre apparecchiature regolano il flusso di acqua fredda, che viene
convogliata nei refrigeranti. Infine si debbono segnalare le provette
di deflusso del distillato, in cui sono inseriti gli alcolometri che
servono per la misurazione e la verifica del grado alcolico del
distillato.
Questo dato, poi, serve per la conduzione della distillazione e per la
separazione delle frazioni di testa, di cuore e di coda.
Distillati
di testa, di cuore, di coda
In una distillazione si estraggono diverse frazioni, caratterizzate da
ben definite composizioni, alcune delle quali pregevoli e altre no.
Con una terminologia che può ancora ritenersi valida, sono state
attribuite a queste frazioni delle denominazioni, le quali ben fanno
comprendere le loro caratteristiche, anche se è necessario
puntualizzare che il prodotto migliore o di cuore, non è privo da
impurità a causa dell’elevata affinità di diverse sostanze nei
confronti dell’alcol e per l’azione di trasporto svolta dal vapore
acqueo.
Difatti, ad esempio, l’acido acetico pur avendo un punto di ebollizione
di 118°C, distante da quello dell’alcol etilico di 78,3°C, a causa
della affinità fra le due sostanze, passa nel distillato.
Esso solo con una rettificazione successiva si riduce
significativamente.
Tali frazioni del distillato quindi si separano seguendo la
diversità dei punti di ebollizione dei singoli componenti e ancora del
loro titolo alcolometrico rilevato nella provetta di saggio per mezzo
dell’alcolometro.
Cionondimeno è bene precisare che ciò non assicura del tutto la
completa eliminazione delle impurità.
Approssimativamente, con la rilevazione della temperatura dei vapori
emessi, sino a 75°C distilla una frazione, che ha un cattivo odore ed è
la “testa”, dopo questa temperatura a circa 78,3°C passa il
“cuore”, e dopo i 90°C-100°C passa la “coda” .
Nel processo della distillazione queste frazioni sono individuabili e
separabili, oltre che mediante i termometri disposti nella caldaia e in
altri punti dove passano i vapori, anche con la rilevazione del loro
titolo alcolometrico.
Per dare un’idea tali frazioni in una rettificazione
corrispondono approssimativamente alle seguenti:
1) testa e coda 36
2)
cuore
60
3)
perdita
4 = 100
Le impurità presenti in un distillato e, in particolare, nelle flemme
si raggruppano, a seconda del loro punto di ebollizione, in:
1) prodotti molto volatili
|
punto di ebollizione |
Aldeidi |
22°C |
alcol metilico |
66°C |
2) prodotti meno volatili e solubili
nell'alcol diluito |
|
alcol etilico o etanolo |
78,3°C |
alcol propilico |
85°C |
alcol isopropilico |
97°C |
alcol butilico |
108,5°C |
alcol isobutilico |
117° C |
3) prodotti poco volatili e insolubili in
etanolo |
|
alcol amilico |
130°C |
etere caproico |
166°C |
etere caprilico |
208°C |
etere caprico |
244°C |
Dalla diversità chimico-fisica di ogni sostanza rispetto alle altre
presenti nella miscela, deriva la possibilità di eliminare alcune
impurità contenute nel distillato mediante la filtrazione e, in
particolare, quelle ad elevato punto di ebollizione che sono insolubili
in alcol, ovvero i componenti appartenenti al 3° gruppo.
Gli altri componenti, invece, si eliminano con la rettificazione che
nel modo più semplice è realizzabile raccogliendo a parte la prima
porzione di distillato contenente le aldeidi, dopodiché si raccoglie la
seconda porzione o cuore, la quale all’alcolometro risulterà con un
titolo di 95° - 96° e poi infine si raccoglie il distillato di
coda.
I distillati di testa e di coda o flemme si sottopongono ancora alla
rettificazione, al fine di ricavare l’etanolo ancora in esse contenuto.
Rettificazione
La rettificazione consiste in una completa distillazione frazionata
operata sui prodotti intermedi della distillazione, sulle flemme e
sui distillati di testa e di coda, non solo per effettuare una
loro concentrazione ma soprattutto per una loro purificazione.
Con la denominazione di flemma si identifica il distillato impuro
ottenuto dalla distillazione semplice, che può essere a basso grado
(35°-65° Tralles) o ad alto grado (90°-96° Trl.).
Invece con la deflemmazione si ottengono dei distillati ad alta
gradazione, però essi non sono puri a causa di numerosi
componenti presenti nei prodotti alcolici da distillare e che
mostrano un’affinità nei confronti dell’alcool, nonostante le loro
diverse caratteristiche chimico-fisiche.
La rettificazione è quindi l’operazione che permette di purificare
l’alcol; essa può ritenersi una distillazione frazionata o più
semplicemente una distillazione ripetuta più volte, avente lo scopo di
eliminare quanto più è possibile le impurità come l’alcool amilico o
olio di flemma, che si denomina fuseol e le sostanze di testa.
Infatti con la rettificazione si giunge ad ottenere un alcol molto puro.
In passato si otteneva un risultato accettabile e vicino a quello che
si ottiene attualmente grazie alla moderna tecnica di distillazione,
sottoponendo il distillato nuovamente alla distillazione impiegando dei
comuni apparecchi di distillazione semplici, cioè aventi la caldaia
collegata al refrigerante con l’interposizione di uno o più
deflemmatori.
Con gli apparecchi di distillazione dotati di rettificatori o con
capitelli di rettifica, costruiti a partire dal secolo scorso, si è
giunti ad ottenere distillati sempre più puri.
Gli elementi di un dispositivo di
rettificazione sono costituiti da una serie di espansioni o vasi
raccordati alla caldaia. Se mettiamo nella caldaia un vino a 10°
alcolici, i vapori condensati nel rettificatore B saranno al 51-57 % di
alcol in volume, nel B1 di 85-87 % di alcol in volume e in
B2 del 90-92 % di alcol, cioè in tal modo è possibile ottenere dei
distillati ad alto grado senza ripetere la distillazione.
Da Steiner, Chimiste-Distillateur, 1890, Traité pratique de la
fabrication des Eaux-De-Vie par la distillation, Paris, Garnier
frères, Libraires – Editeurs
Inoltre l’alcol ad elevata gradazione (95°) può essere privato
dell’alcol metilico ricorrendo alla cosiddetta colonna demetilante.
Più efficacemente nei tempi moderni si opera la distillazione
utilizzando le colonne di rettifica o colonne a piatti, dove a seguito
del processo della distillazione attivato, gorgogliano o barbottano in
ogni piatto i vapori provenienti dai piatti o dai tronconi posti più in
basso nella colonna, realizzando così la separazione dei componenti più
volatili da quelli che lo sono meno o che non sono affatto tali.
La rettificazione si avvantaggia della cosiddetta retrogradazione o
riflusso, che consiste nel riammettere nel piatto più elevato della
colonna, una parte dei vapori condensatisi più in alto. Infatti senza
la retrogradazione non è possibile la concentrazione della flemma o del
liquido alcolico a basso titolo di alcol.
Si crea in tal modo una corrente ascensionale e una discensionale: una
di vapori e l’altra di liquido condensato, da cui si ottiene
l’arricchimento dei vapori dei componenti più volatili. L’arricchimento
avviene perché i vapori ascensionali cedono lungo il percorso gran
parte del vapore acqueo contenuto per parziale condensazione, riuscendo
ad asportare nuovi vapori alcolici conseguentemente prodotti e che
ascendono sino a pervenire alla condensazione nel refrigerante,
mentre la flemma che discende si impoverisce di alcol.
Mediante la retrogradazione, avviene una regolare distribuzione delle
concentrazioni rilevabili nelle miscele, che si trovano a gorgogliare
nei vari piatti della colonna di rettifica.
Il titolo alcolico del distillato ottenuto aumenta proporzionalmente,
con la quantità del riflusso e con l’altezza della colonna impiegata.
Il rapporto di riflusso, dato dai liquidi che discendono nella colonna
e dai distillati più volatili che salgono e prelevati nell’unità
di tempo, costituisce un elemento importante nella costruzione degli
apparecchi di distillazione.
Pertanto la retrogradazione o riflusso consente di impostare
correttamente il processo della rettificazione, sfruttando il continuo
condensarsi, ribollire e rievaporare, che spingono ad una più
netta separazione dei vari costituenti della miscela idroalcolica allo
stato quasi puro.
Però aumentando la retrogradazione aumenta pure il dispendio di
energia e per un buon funzionamento del distillatore tali fattori
devono essere tra essi equilibrati.
L’alcol proveniente dal processo della rettificazione è raccolto alla
fine in una provetta dove un termometro e un alcolometro all’interno
installati forniscono i dati relativi, da cui si scaturisce sia la
valutazione della qualità del distillato, sia la separazione delle
diverse frazioni di testa, di cuore, di coda in base ai valori
forniti.
In genere un impianto di distillazione per la rettificazione consiste,
nella configurazione più semplice, di una colonna di distillazione
collegata a una colonna epuratrice, che ha il compito di eliminare i
prodotti di testa e di una colonna rettificatrice, da cui
si può estrarre l’alcol pastorizzato estraendolo dal 3 o 6 piatto in
cima alla colonna, il quale è poi inviato per la condensa finale in un
apposito refrigerante.
L’alcol pastorizzato, negli impianti provvisti di una sola colonna
distillatrice ed epuratrice, viene estratto sempre alla cima
dell’apparecchio al 3-6 piatto.
L’altezza delle colonne può essere varia e sempre in relazione al
numero dei piatti installati, il cui numero giunge sino a circa 40-50,
per un altezza della colonna considerevole che talvolta supera i 10
metri.
Nel caso di colonne a basso grado, che producono delle flemme da
50°-85°, la colonna distillatrice-epuratrice è costituita da 4-5 piatti.
Mentre quelle cosiddette ad alto grado che producono alcool a 92° e più
hanno una colonna costituita da un numero di piatti di 10-12, il che
consente di arrivare ad una gradazione alcolica di 92°.
Il numero dei piatti sale a 15-20 per ottenere un prodotto
con 95° alcolici e a 45-5O piatti per raggiungere una gradazione
di 96,5°.
In ciascun piatto si ha,quindi, la temperatura propria di ebollizione
del tipo di miscela idroalcolica condensatesi e cioè più vicina a
quella dell’alcol etilico (78.3°C) tanto più esso è presente, il che si
verifica verso la cima o nella parte terminale dell’apparecchio,
sempreché lo stesso riesca a frazionare in modo esatto in ciascun
piatto le diverse miscele, ovvero abbia una altezza e un numero di
piatti tale da fornire l’alcol a una alta gradazione.
Invece nella parte più vicina alla caldaia si riscontra una temperatura
prossima a quella dell’acqua (100°C).
La distillazione delle acquaviti di norma si attua col distillatore
semplice o provvisto di rettificatore ed ancora di colonne a piatti.
Col distillatore semplice il metodo è analogo a quello descritto più
avanti a proposito del brandy e del cognac, con la sola differenza, nel
caso si distilli un liquido alcolico ricavato da frutta contenente
molte pectine,di separare una frazione di testa o iniziale maggiore,
circa il 10 % in riferimento alla quantità di materia messa in caldaia.
Ciò si effettua per essere certi dell’eliminazione dell’alcool metilico
dal distillato di cuore,poiché esso si origina dalle pectine.
I valori alcolometrici riferiti alle diverse frazioni di distillato di
testa, di cuore e di coda, generalmente, rimangono circa gli stessi,
ossia: 25°-27° e fino a 60° per la frazione iniziale o di testa,
da 67°-70° ai 50° per quella di cuore e da 51° a 0° per quella di
coda.
Altri autori riferiscono per il cuore di distillato valori
alcolometrici diversi e cioè di 60°-70° fino a 30°.
La distillazione delle acquaviti realizzata con i distillatori
semplici, costringe al successivo ripasso o ad una nuova distillazione
con frazionamento del distillato.
Invece con i distillatori aventi dispositivi di rettificazione, si
ottiene di primo getto dei liquidi più alcolici e maggiormente
depurati, soprattutto riguardo alla frazione di coda.
Infatti se non si dispone di una colonna epuratrice o di analogo
dispositivo la testa del distillato, ovvero la frazione iniziale deve
essere eliminata mediante saggi di degustazione e alcolometrici.
La parte del distillato denominata testa ammonta solitamente e
all’incirca dall’1 % al 10 % del volume corrispondente alla
quantità di sostanza da distillare immessa nella caldaia.
I distillatori impiegati per l’ottenimento della grappa possono essere
del tipo a fuoco diretto o in corrente di vapore.
Quelli a fuoco diretto, a causa degli odori empireumatici che
comunicano al distillato, vengono scarsamente utilizzati.
La distillazione di un vino per ottenere l’acquavite,il cognac o il
brandy si effettua per mezzo di distillatori, provvisti o meno di
deflemmatori e di scaldavino.
L’operazione viene condotta a fuoco moderato per evitare di comunicare
al prodotto il sapore e l’odore di bruciato o empireumatico.
Supponendo di impiegare un vino di 8 ° e seguendo il metodo classico
usato nella Charente, con l’impiego di un distillatore semplice, avremo
con la distillazione un liquido che comincia a fuoriuscire con un
titolo alcolometrico di 52°-53° alcolici.
Un alcolometro immesso nella provetta di saggio,sistemata un po’ prima
dell’uscita del liquido dal refrigerante, permette di controllare
costantemente le variazioni del titolo alcolometrico.
Allorquando l’alcolometro sistemato nella provetta da saggio segna lo
0° la distillazione si conclude e tutto il distillato raccolto segna in
media 27° alcolici.
Da 15 ettolitri di vino immessi nella caldaia e sottoposti alla
distillazione viene raccolto circa un terzo di distillato, ovvero circa
5 ettolitri.
Nei distillatori provvisti di scaldavino, come quelli impiegati nella
Charente, due o tre ore prima della conclusione della distillazione
anzidetta si riempie lo stesso con altro vino, che poi, a fine
distillazione, si immette già bollente per ricaricare la caldaia,
eseguendo un secondo riscaldamento e una seconda distillazione.
Dopo questa seconda distillazione o “seconde chauffe” si esegue la
“troisième chauffe” o terza distillazione del vino caldo, proveniente
dallo scaldavino previamente ricaricato due o tre ore prima della fine
della “seconde chauffe”.
In tutte queste distillazioni si ritrae, come nella prima
distillazione, un terzo di distillato in riferimento al volume immesso
in caldaia e con un grado alcolico medio di 27°.
Al fine di ottenere la cosiddetta bonne chauffe, i distillati ottenuti
dalla prima, seconda e terza distillazione (brouillis) vengono
rettificati sottoponendoli ad una nuova distillazione in cui si separa
la testa, il cuore e la coda.
Empiricamente si esclude circa l’ 1%-2% della frazione iniziale
distillata in riferimento al contenuto immesso nella caldaia (25°-27°
GL fino a 60°GL), il che costituisce il prodotto di testa, dopodiché di
raccoglie la frazione del cuore ( 67°-70°alcolici) sino a quando
l’alcolometro non segna una gradazione inferiore ai 50°, poiché dopo
cominciano a passare i prodotti di coda che debbono essere raccolti a
parte sino allo 0° centesimale.
I prodotti di testa e di coda si uniscono o meno e si distillano o si
ripassano di nuovo diluendoli con un po’ di acqua o vino.
Il procedimento sin qui descritto si applica con il distillatore
semplice, cioè senza dispositivi di rettifica quali: deflemmatore
o colonna a piatti e con lo scaldavino di capacità uguale a quella
della caldaia.
Gli alambicchi a piatti e con riflusso, si applicano con vantaggio
nella distillazione dei vini malati e con cattivi odori, mentre
l’alambicco a testa di Moro e con collo di cigno vengono usati per vini
sani e con gusto gradevole. I distillatori ad alto grado permettono di
ottenere acquaviti di primo getto o con una sola distillazione a
65°-70° alcolici.
Nella distillazione a fuoco diretto le vinacce non devono
poggiare sul fondo della caldaia, il che si attua montando un falso
fondo o una griglia, per evitare il contatto diretto delle vinacce col
fondo del recipiente e quindi con la fonte di calore che provoca
l’abbruciamento.
Durante la distillazione la prima acquavite che fluisce dal
distillatore si presenta biancastra e densa e rappresenta la frazione
di testa (corrispondente a circa il 10 % riferito alla quantità messa
in caldaia); essa viene raccolta a parte e successivamente, se si
desidera, rettificata o ridistillata.
Dopo questa prima frazione distillata defluisce il cosiddetto cuore, il
quale segna un grado alcolometrico di 60-70°, e la distillazione, di
tale frazione, termina nel momento in cui il distillato segna
all’alcolometro i 30-32° gradi centesimali, poiché da questo punto
inizia il passaggio della frazione di coda, la quale raccolta
separatamente potrà essere poi rettificata.
Distillazione
frazionata
La distillazione frazionata si attua allo scopo di ottenere i diversi
componenti che costituiscono una miscela allo stato quasi puro.
Ciò è possibile sfruttando il diverso punto di ebollizione di ciascun
componente.
Difatti nel caso di una miscela idroalcolica, l’alcol etilico ha un
punto di ebollizione, alla pressione ordinaria, di circa 78.3°C e
l’acqua di 100°C, risulta quindi evidente che alla temperatura di
78.3°C inizia ad evaporare la componente alcolica seppure accompagnata
da impurità, le quali diventano pressoché nulle se al distillatore
viene applicata una colonna di frazionamento o un deflemmatore al di
sopra della caldaia.
Il processo, talvolta, si segue per mezzo di un termometro montato nel
punto di uscita dei vapori, mettendo a parte la frazione di testa che
distilla al di sotto dei 78,3°C e raccogliendo la frazione condensata
dai vapori con temperatura vicina ai 78,3° C o di cuore, e
interrompendo allorché la temperatura diviene prossima o vicina al
punto di ebollizione dell’acqua.
Per rendere successivamente tale distillato più puro non rimane che
distillarlo nuovamente, con una o più distillazioni.
Ciò è anche possibile impiegando particolari distillatori con
dispositivi di rettifica, che compiono l’operazione in un solo
passaggio.
Ciononostante non deve credersi di ottenere un alcol puro al 100
% perché molte sostanze, pur avendo un punto di ebollizione diverso
dall’alcol etilico e a causa dell’affinità che mostrano verso lo
stesso, passano nel distillato.
Piuttosto tali sostanze risulteranno mediante le ripetute distillazioni
in quantità ridotte rispetto al contenuto originario .
Quanto in precedenza è stato descritto altro non è che la
rettificazione, che possiamo
definire come quella operazione per mezzo
della quale si separano dal distillato le impurità aumentandone
la gradazione alcolica il più possibile, come nel caso della
fabbricazione dell’alcool ad alto grado.
La separazione delle varie frazioni di distillato è pure possibile
mediante l’alcolometro, collocato nella provetta di saggio montata
all’uscita del refrigerante, avvalendosi quindi della misura della %
alcolica del distillato.
Tabella con le temperature di
ebollizione in relazione al contenuto di alcol nel liquido idroalcolico
nella caldaia e nei vapori emessi, al fine di una distillazione delle
frazioni di testa, cuore e coda. Da Steiner, Chimiste-Distillateur,
1890, Traité pratique de la fabrication des Eaux-De-Vie par la
distillation, Paris, Garnier frères, Libraires – Editeurs
Modalità
della distillazione frazionata per mezzo dell’alcolometro nei
distillatori con colonne epuratrici e rettificatrici
La caldaia del distillatore viene riempita per 2/3 della sua
capacità in volume con le flemme o le acquaviti, che di norma hanno un
titolo alcolometrico compreso tra i 45° e i 50° centesimali.
Al di sotto dei 78° C comincia l’evaporazione della parte eterea
e ciò costituisce i prodotti di testa.
Impiegando un alcolometro si esamina la prima frazione di distillato,
che viene raccolto a parte sino ai 93° centesimali.
Quando il distillato comincia a segnare i 95° centesimali ciò
corrisponde all’alcol di buon gusto, che viene raccolto separatamente
sino alla gradazione di 90 ° centesimali.
Quindi la distillazione prosegue raccogliendo a parte il distillato che
segna all’alcolometro da 90° centesimali e si conclude quando
segna lo 0° centesimale.
Distillazione
a pressione ridotta
Come è noto il calore e gl’improvvisi innalzamenti di temperatura,
denominati “colpi di fuoco”, provocano delle modificazioni delle
sostanze che sono sottoposte alla distillazione compromettendo così la
qualità dei distillati.
Perciò se si diminuisce la pressione l’ebollizione non
avviene più a 100°C, bensì ad una temperatura inferiore, la quale
risulta tanto più bassa tanto più noi riusciamo ad abbassare la
pressione nel distillatore. La diminuzione della pressione viene
realizzata impiegando opportune apparecchiature o pompe del vuoto. Da
ciò è intuibile quanto elaborati siano questi distillatori, il cui
utilizzo è pertanto riservato nella distillazione di particolari tipi
di sostanze, che facilmente si alterano con la distillazione
ordinaria. In alternativa a questo procedimento di distillazione
si può ricorrere alla distillazione in bagnomaria o di sabbia, nelle
quali si impedisce il contatto diretto fra la caldaia e la sorgente di
calore per mezzo dell’interposizione di acqua o di sabbia.
La distillazione in corrente di vapore può anch’essa offrire degli
indubbi vantaggi, per impedire alterazioni delle sostanze poste in
distillazione.
Caldaia
aggiuntiva per la distillazione in corrente di vapore
Diversi tipi di distillatore sfruttano una corrente di vapore, generata
in una caldaia supplementare, e dovuta all’ebollizione dell’acqua
addizionata con cloruro di sodio o sale da cucina.
L’addizione di cloruro di sodio viene compiuta per abbassare la
tensione superficiale dell’acqua, in modo da fare avvenire
l’evaporazione ad una temperatura più bassa.
La corrente di vapore prodotta viene poi convogliata con un tubo nella
cucurbita del distillatore, che così gorgoglia nel liquido da
distillare fornendo il necessario calore per la distillazione.
In corrente di vapore la distillazione si compie anche grazie
all’azione di trasporto esercitata dal vapore e che attraversa la
materia da distillare posta nell’alambicco.
Infatti in questo caso passano nel distillato pure le sostanze con un
elevato punto di ebollizione come le essenze, le quali vengono dal
vapore trascinate a una temperatura intorno ai 100°C e perciò inferiore
a quella propria di ebollizione (180°C circa), non subendo così le
indesiderate alterazioni prodotte da un eccessivo riscaldamento.
Pertanto tali dispositivi trovano un largo impiego nell’estrazione
delle essenze e di altri prodotti al fine di non alterarne la qualità,
anche se non deve credersi che ciò riesca in maniera perfetta.
Marcello
Castroreale
mcastroreale@alice.it
Distillatore continuo a vapore Egrot
con piatto provvisto di campane di gorgogliamento posto sopra della
caldaia (nella figura destra si riporta il particolare) e con
dispositivi di rettifica e di retrogradazione.
Da Steiner, Chimiste-Distillateur, 1890, Traité Pratique de la
fabrication Des Eaux-De-Vie par la Distillation, Paris, Garnier
frères, Libraires – éditeurs
Distillatore Deroy con piatti di
rettifica
Da Steiner, Chimiste-Distillateur, 1890, Traité Pratique de la
fabrication Des Eaux-De-Vie par la Distillation, Paris, Garnier
frères, Libraires – éditeurs
Distillatore Deroy con piatti di
rettifica, con legenda dei vari componenti.
Da Steiner, Chimiste-Distillateur, 1890, Traité Pratique de la
fabrication Des Eaux-De-Vie par la Distillation, Paris, Garnier
frères, Libraires – éditeurs
Bibliografia
AA.VV., 2005, Enciclopedia della chimica, Garzanti Editore, Milano
Castino M., Saracco C., Gozzelino A., 1996, Guida pratica dell’Enologo,
Edagricole, Bologna
Cesarano Albani Monti G., 2012, Lezioni di Alchimia, Ai confini della
scienza, Io Sono Ed., Città di Castello (PG)
Craveri C., 1927, sec. ed., Le essenze naturali, Estrazione, Caratteri,
Analisi, U. Hoepli Editore, Milano
Duplais P., 1891, Traité de la Fabrication des Liqueurs, Gautier –
Villars et Fils, Imprimeurs - Libraires
Fritsch J., Guillemin E., 1890, Traitè de La Distillation des
Produits Agricole et Industriels, G. Masson, Editeur, Libraire de
l’Acadèmie de Mèdicine, Paris
Ghersi I., 1950, Il Liquorista, 7a edizione, Editore U. Hoepli,
Milano
Kervran C. L., 1982, Trasmutazioni biologiche e Fisica moderna,
A. Giannone Editore, Palermo
Mahdihassan S., 1998, Alchimia Indiana, Rasayana “Arte della lunga
vita”, Ed. Mediterranee, Roma
Manfred M. Junius,2005, Alchimia verde La preparazione alchemica delle
sostanze vegetali, Edizioni Mediterranee, Roma
Manuale dell’Enologo, 1991, XVI Edizione, Casa Editrice, SpA, Fratelli
Mareschalchi, Casale Monferrato (AL)
Marchi V., 2012, La grande equazione – Io, l’Universo, Dio, Macro
Edizioni, Cesena
Morelli I., Flamini G., Pistelli L., 2005, Manuale dell’erborista,
Tecniche Nuove, Milano
Morelli R., 2008, L’Alchimia, l’arte di trasformare se stessi, Edizioni
Riza, Milano
Robinet E., 1889, Guide Pratique de Distillateur – Frabrication des
Liqueurs, Bernard Tignol, Editeur, Paris
Spolaore L., 2005, Grappe Liquori Tisane del benessere con le Piante
medicinali, Edizioni del noce, Camposampiero (Padova)
Steiner, Chimiste-Distillateur, 1890, Traité pratique de la
fabrication des Eaux-De-Vie par la distillation, Paris, Garnier
frères, Libraires – Editeurs
|
|