'Consiglio di lettura' – Maria Rosa PANTÉ
Data: Lunedì, 07 aprile 2014 ore 08:30:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Non è la
Madonna a dire queste parole, ma una delle Madonne...
La frase ha un sapore sacro, è solenne e dice tutto. È la chiave del
libro che ho appena finito di leggere “VIVI. Ultime notizie di Luciano
D.” della poetessa Nicoletta Bidoia, edito da “La Gru”.
Secondo me questa frase è la chiave del libro perché senza questo tipo
di atteggiamento e di ascolto il libro non sarebbe mai nato.
La frase la scrive l'autrice e si riferisce alla sua amicizia lunga
parecchi anni col signor Luciano D. del titolo, il Messia appunto.
L'autrice lavora in una casa di riposo, all'ufficio protocollo, una
volta incontra un ospite della casa Luciano D. che non è un uomo
qualunque, è un matto. Viene infatti dal manicomio, ha subito
tantissimi elettroshock e si crede il Messia.
Nicoletta Bidoia invece di commiserarlo, o di ritrarsi spaventata, o di
deriderlo, lo ascolta. Semplicemente lo ascolta, si interessa a lui non
come matto, come caso umano, ma come essere umano: che è cosa ben
diversa.
L'autrice si interessa a lui e alla sua follia: si crede il Messia,
questo anziano signore. E scrive le ultime notizie messianiche, scrive
lettere ai grandi della terra. Dopo tutto lui è il Messia. La nomina
Decima Madonna. Il suo motto è VIVI Vivendo Viviamo: un motto pieno di
ottimismo, di passione, di vita.
Quando lo descrive mi pare di vederlo quest'uomo di antica cortesia,
che non ha potuto studiare, ma è informato, intelligente, interessato
al mondo. Mi pare di vederlo camminare curvo con la sua borsa piena di
scritti.
È simpatico questo signore, intenerisce, fa sorridere, ma anche
riflettere. La presenza di quest'uomo per anni ha aiutato la sua amica
poetessa, la fragilità in lui diventava forza per la convinzione con
cui portava avanti la sua missione non piccola, l'essere cioè il Messia.
Che anche l'autrice abbia vissuto difficoltà nella sua vita traspare da
pochi ma importanti accenni, Nicoletta sa ascoltare perché ha una
sensibilità particolare e una particolare attenzione verso il mondo
della follia, che in fondo come dice lei è questione di limite: ”C'è
chi lo varca spaesato e chi resta faticosamente aldiqua” (p.74).
La follia di solito fa paura, la si associa alla violenza,
all'irrazionale, ma non è così. Come la Arendt aveva ben visto la
banalità del male, così gli antichi avevano visto nella follia una voce
quasi divina che si fa strada fino a noi. Di certo nella vita di
Nicoletta Bidoia Luciano è stato questo squarcio di libertà, di
ottimismo, di bellezza anche. Quando lui viene trasferito e dunque si
diradano i loro incontri lei appiccica le sue foto e alcune lettere
alle vetrinette degli armadi pieni di pratiche e scrive: “Promemoria
minimi di libertà”.
È bello il finale, quell'ultima lettera trovata nel cassetto, quasi
dimenticata, dove scritti ci sono solo i loro due nomi: Nicoletta e
Luciano. Sembra un finale da romanzo, invece è la realtà, che talvolta
passa attraverso la fragilità, la follia per diventare poesia.
Maria Rosa Panté
mrpante@libero.it
|
|