Atti di culto e attività scolastica
Data: Giovedì, 20 marzo 2014 ore 07:45:00 CET Argomento: Sindacati
Al
quotidiano “Avvenire”
agli organi di informazione
Che stiamo lavorando e che lo facciamo con anticipo sui tempi ci sembra
già una buona notizia e un vanto; che poi la causa di tale alacrità sia
rivolta ad evitare che vengano commessi atti in violazione delle leggi
e delle disposizioni vigenti ci da l'illusione di poter riceverne
unanime consenso. Invece no, non è così. Non è così almeno per gli
ineffabili estensori del quotidiano “Avvenire” che proprio il nostro
attivismo in difesa delle disposizioni di legge sembrano voler
rimproverare. Riepilogando brevemente per una più agevole comprensione
da parte di tutti.
Nei giorni scorsi come organizzazione sindacale Cobas Scuola abbiamo
inviato a tutte le sedi periferiche dell'amministrazione scolastica,
Ufficio Scolastico Regionale e Uffici Scolatici Territoriali (ex
provveditorati) e ai Dirigenti Scolastici delle scuole siciliane, una
nota in cui ribadivamo, sulla base di una consolidata giurisprudenza
che arriva fino al rango costituzionale, che alle scuole non è
consentito a nessun titolo l’organizzazione o la partecipazione in
orario scolastico ad atti di culto, celebrazioni o a qualsiasi altra
attività di natura religiosa (Precetto pasquale, ecc.) e più che mai
che tali attività possano essere previste in luogo e in sostituzione
delle normali ore di lezione.
Si direbbe una raccomandazione addirittura pleonastica visto che
dirigenti, funzionari e il personale tutto delle pubbliche
amministrazioni devono, per dovere d'ufficio, conoscere ed applicare
con scrupolo la normativa vigente, in special modo quando si tratta
della delicata materia che attiene al complesso e delicato processo di
formazione delle coscienze e dell'individuo.
E invece no, e la risposta piccata di “Avvenire” dello scorso 4 marzo
ci conforta più che mai sulla opportunità della nostra iniziativa visto
che da quelle colonne ci si rimprovera, così afferma Paolo Ferrario,
citando Nicola Incampo (esperto per l’Insegnamento della religione
cattolica della Conferenza episcopale italiana), una mancata conoscenza
della normativa.
Orbene è proprio l'esperto Incampo che a nostro avviso inciampa subito
in un evidente travisamento della normativa e della questione nei suoi
termini più generali.
Ci rimprovera ad esempio la mancata considerazione della sentenza n.
3635 del 2007 del TAR del Veneto che avrebbe a suo dire ribaltato la
sentenza del TAR dell’Emilia Romagna del 1993 che invece noi citiamo a
sostegno delle nostre tesi la quale, a proposito dell'ambito di
deliberazione degli organi collegiali della scuola, collegio docenti e
consiglio di circolo o d'istituto, ai sensi dell’art. 6 secondo comma
lett. d) ed f) del d.P.R. 31 maggio 1974 n. 416 (adesso, art. 10, comma
3, lett. e. e g. del d.lgs. n. 297/1994), recita:
- che questa si esercita sulla programmazione e sull'attuazione di
attività prettamente didattiche e che in modo “evidente, se non si
vogliano fare forzature al dettato della legge, che in nessuna delle
indicate attività potrebbero mai rientrare concettualmente la
celebrazione di liturgie o riti religiosi o il compimento di atti di
culto o comunque le pratiche religiose”
- che, sulla base del dettato costituzionale di indipendenza e
sovranità reciproca tra Stato e Chiesa, “Al di là dell’insegnamento
della religione cattolica nelle scuole dello Stato, non è consentito
andare: pertanto, ogni altra attività, squisitamente religiosa (atti di
culto, celebrazioni) non è prevista e non è consentita nelle aule
scolastiche e meno ancora in orario di lezione e in luogo
dell’insegnamento delle materie di programma”.
Il fatto è che la sentenza del 2007 del TAR del Veneto, invocata
dall'esperto Incampo come pietra tombale della discussione, si
riferisce alle visite pastorali e non alla celebrazioni di messe o
altri atti di culto in orario scolastico cui noi facciamo esplicito
riferimento nella nostra diffida.
Per giunta la successiva decisione del Consiglio di Stato n. 01911 del
2010, che Incampo sembra non conoscere, ha censurato questa sentenza
del TAR ristabilendo innanzitutto la piena legittimità dell'Uaar a
presentare ricorso e nel merito riconoscendo sì la legittimità della
visita pastorale nella scuola previa deliberazione degli organi
collegiali, ma solo a condizione che non possa “essere definita
attività di culto, né diretta alla cura delle anime”.
È forse questo il motivo dell'amnesia? A noi fa venire in mente altre
polemiche in cui molti si spinsero a definire il crocifisso arredo
d'aula, ex tal regio decreto di epoca fascista, pur di mantenerlo
appeso alle pareti tra le carte geografiche e le lavagne.
E poi perseverando l'esperto continua riesumando una circolare
dell'allora Ministro per la Pubblica Istruzione Misasi del 13 febbraio
1992, prot. n. 13377/544/MS che nell'articolo di “Avvenire” viene
citata con un perentorio “stabilisce che”, ma che da una lettura appena
superficiale rivela invece locuzioni ben più timide, del tipo “questo
Ministero è dell’avviso ...” e “Si ritiene ...” che ne evidenziano il
carattere meramente interpretativo in piena forzatura di quanto
espresso dal citato art. 6 del d.P.R. n. 416/1974 e poi ribadito
dall'art. 311 del d.lgs. n. 297/1994, il Testo unico in materia di
istruzione, e quindi definitivamente superata dalla sentenza del TAR
Veneto, sez. II, del 20 dicembre 1999, n. 2478.
A giudizio di chi legge: non vuol dire questo che a nessun titolo e in
nessun modo è ammissibile la pratica del culto religioso nelle sue
varie forme all'interno delle attività curriculari ed extracurriculari
previste dagli ordinamenti scolastici? Non è esattamente proprio questo
che noi segnaliamo come pratica scorretta ed illegale nella nostra nota?
Stiano tranquilli dunque “Avvenire” e Incampo, non facciamo altro che
ribadire quanto un'ormai lunga teoria di pronunciamenti ha
inequivocabilmente acclarato e dover rimettere continuamente in
discussione anche i più evidenti e consolidati principi ci sembra
francamente pretestuoso.
Nei loro panni, nei panni cioè di chi esprime semplicemente un'opinione
e non può per questo essere sanzionato, ci preoccuperemmo però di non
dare ambigue indicazioni a dirigenti e insegnanti circa la libertà di
azione che in nome dell'autonomia avrebbero nella programmazione di
attività di natura religiosa visto che poi le conseguenze di scelte ed
iniziative sbagliate sarebbero solo ed esclusivamente a loro carico.
A dirigenti e insegnanti ci permettiamo casomai di segnalare le
indicazioni più responsabili e meditate della arcidiocesi di Bologna:
“atti di culto nelle scuole in orario di lezione (c.d. curricolare)
sono da evitare, anche se fosse fatta salva la libertà di parteciparvi”.
Chiaro, semplice, incontestabile.
In definitiva noi Cobas, ma prima di tutto insegnanti e operatori
scolastici, riteniamo che la scuola debba essere il luogo privilegiato
dove le alunne e gli alunni possano acquisire validi strumenti di
interpretazione critica della realtà cui sono chiamati a partecipare e
contribuire, in tutte le forme e sfaccettature in cui questa si
esprime, senza mai privilegiare o addirittura orientare le loro scelte
verso alcuno dei modelli con cui questa preziosa diversità e
complessità si manifesta, affinché le loro scelte di individui siano
sempre motivate dalla consapevolezza e dalla libertà.
Difficile, faticoso ma irrinunciabile.
Ferdinando Alliata - per l'Esecutivo
Nazionale Cobas Scuola
cobas.comitati.di.base.scuola@gmail.com
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