La Fondazione Agnelli ha pubblicato il rapporto
conclusivo della ricerca "La valutazione della scuola".
La filosofia di fondo è analoga a quella di A. Ichino e G.
Tabellini [CFT in rete - Una
composizione fuori traccia: "liberiamo la scuola"]: le strategie
formulate eludono i vincoli posti dal sistema di regole in cui
l’istituzione scuola è immersa.
La speranza è che politici e ministeriali non si facciano ammaliare dai
falsi profeti.
Si considerino tre domande cui il resoconto della Fondazione Agnelli
risponde:
La valutazione è
davvero necessaria?
Il feedback è essenziale per il governo del sistema educativo: si
sostanzia nel confronto tra obiettivi programmati e risultati attesi.
[CFR in rete: Coraggio! Organizziamo le scuole]. Nei Piani dell’Offerta
Formativa delle scuola i processi di retroazione non appaiono: dal
paragrafo “valutazione” emerge lampante che l’unico, costante
riferimento è il grado di adesione ai contenuti disciplinari.
La Fondazione Agnelli bypassa questo problema considerando la scuola
una scatola nera. Un’impostazione analoga a quella che si genererebbe
in un box di formula uno in cui si valutano le prestazioni di un
prototipo prescindendo dalla professionalità del pilota.
La spiegazione di tale comportamento deriva dalla mancata comprensione
della specificità delle responsabilità formative, educative e
dell’insegnamento: si presuppone, erroneamente, che scuola e università
abbiano finalità e struttura coincidenti.
Perché la
maggioranza degli insegnanti è ostile alla valutazione?
Le risposte fornite dalla Fondazione Agnelli non hanno colto la
sostanza del problema. Affermano: la valutazione è “buona cosa e
giusta”, ad essa scuole e docenti devono conformarsi.
La questione è molto più spinosa: lo spirito della legge e l’ordinaria
gestione scolastica sono separate da una profonda frattura.
Da un lato l’Invalsi che rileva l’intensità delle competenze,
dall’altro lato le scuole che le certificano ma che non progettano
itinerari idonei alla loro promozione.
Si tratta di una questione originata dalla mancanza di una terminologia
univoca e condivisa: apprendimento e competenza sono parole utilizzate
in modo vago e generico, sintomo di una generale e scarsa
professionalità.
Ecco quanto afferma Anna Maria Ajello, presidente Invalsi: "La nozione di apprendimento a cui si può
far riferimento, se pensiamo alla competenza, si caratterizza come
esito di attività autentiche a cui il soggetto prende parte e di cui
riconosce a pieno il significato, e non come esito di apposita
memorizzazione. La sua fondamentale caratteristica è il diretto
coinvolgimento dell’individuo e il suo prendere parte attiva, tanto da
imparare con tutti i cinque sensi e non soltanto mediante l’ascolto e
lo studio solitario".
Una definizione che, proiettata sulla dispersione scolastica, la cui
misura esprime l’inefficacia del servizio scolastico, consente di
rilevare il momento in cui gli studenti manifestano l’insofferenza per
lo studio e per il conoscere.
Un malessere che emerge quando nell’attività di classe, che nei primi
anni della primaria è finalizzata alla promozione delle competenze,
irrompe l’insegnamento disciplinare. Da un lato una situazione in cui
lo studente e le sue potenzialità sono il cardine dell’attività
scolastica, dall’altro lato il centro della scena è occupato dal libro
di testo a cui l’alunno deve uniformarsi.
Una definizione che consente di comprendere l’origine del fallimento
della scuola media che, banalmente, molti vorrebbero ristrutturare
senza ricercare le cause della sua inefficacia [CFR in rete – Riformare
la scuola media: perché?].
Una definizione che circoscrive il campo dell’intervento necessario: la
didattica va ripensata, ri-finalizzata, coordinata [CFR in rete –
Laboratorio di matematica: Pitagora]
Chi
si può valutare?
Insegnanti: valutazione della loro formazione iniziale
e dei risultati ottenuti con i loro studenti.
Le proposte presenti nel rapporto sono il frutto di un incerto
procedere, di un evidente disorientamento: manca ogni attenzione alla
finalità della scuola. Si è sorvolato sul fatto che la promozione di
capacità e di competenze è il la meta del sistema educativo. Un
traguardo che implica la progettazione di percorsi unitari, coordinati,
convergenti, unici per tutte le discipline: l’insegnamento rappresenta
il momento esecutivo.
Ne discende che la professionalità dei docenti si esplica a livelli
differenti: la valutazione delle loro prestazioni non può avvenire al
di fuori del naturale ambito di responsabilità e per risultati che
dipendono solo parzialmente dalla loro azione.
Il mondo dello sport fornisce una calzante analogia. Si può formulare
un giudizio sul singolo giocatore sulla base del punteggio di
classifica se la sua squadra di calcio è priva d’allenatore?
Scuole (e dirigenti): valutazione
della qualità degli istituti,
attraverso il confronto nel tempo o con le altre scuole.
Razionalità vorrebbe che la valutazione delle prestazioni di una scuola
derivassero dalla misurazione dal grado di conseguimento degli
obiettivi programmati. Un intervento molto più articolato di quello
proposto dalla Fondazione, un intervento che garantirebbe la conformità
della gestione delle scuole al sistema normativo [CFR in rete – Quale
formazione per il dirigente scolastico?].
Esiste nel mondo contemporaneo un’organizzazione che non definisce i
traguardi, che non formula strategie, che non monitorizza i processi?
Enrico Maranzana
zanarico@yahoo.it