Abolita
la storia dell’arte: millenni di capolavori esiliati dalla scuola,
future generazioni senza conoscenza. L’allarme lanciato dal web in
poche ore è stato smentito e ri-smentito più volte. E tutto perché si
era diffusa la voce (infondata) che la commissione Cultura della Camera
aveva bocciato il progetto di aumento delle ore di storia dell’arte
alle superiori sostenuto dal ministro Carrozza.
Qualche passo indietro, per capire.
Dopo la presentazione del Decreto Scuola, lo scorso ottobre, era
partita una petizione in difesa delle materie storico-artistiche, che
raccolse circa 15mila firme (tra cui anche quelle di Salvatore Settis,
Cesare De Seta e Adriano La Regina). Quando il decreto arrivò in
Parlamento, le richieste contenute nella petizione furono accolte, ma
senza copertura finanziaria.
In realtà, dall’autunno la politica non ha fatto mosse sostanziali. A
muoversi, come spesso accade, sono solo le polemiche.
Sul blog di Beppe Grillo, Chiara Di Benedetto del M5S ha attaccato la
maggioranza per la bocciatura dell’emendamento che reinseriva la
materia negli indirizzi scolatistici dove la «stolta riforma Gelmini»
l’aveva eliminata.
Il Pd ha replicato che, per evitare disorganiche richieste di aumento
orario per diverse discipline, aveva già chiesto e ottenuto un
monitoraggio sugli effetti della passata riforma che, insieme alla
storia dell’arte, colpì duramente chimica, fisica, musica, matematica,
diritto, laboratorio e altre ancora.
L’intento della commissione Cultura, dunque, è di rimettere mano a
tutta la riforma Gelmini, che nel 2008 tagliò 8 miliardi di euro
all’istruzione e 132.000 posti tra insegnanti e personale Ata. Ma
l’ostacolo più evidente sta nella mancanza di risorse. «Per potenziare
la cattedra di storia dell’arte, sia nei licei che negli istituti
professionali, servono centinaia di milioni» ha chiarito Maria Chiara
Carrozza.
Nonostante le polemiche, il ministro porta avanti il suo progetto che
porterebbe alcune novità. A partire dal programma che vuole includere
«l‘insegnamento di cinematografia, fotografia o le arti digitali,
specchio di una società delle immagini in continuo mutamento, cambiando
la dicitura in “storia delle Arti” o semplicemente “Arti”» spiega il
ministro su Facebook. Non solo, il progetto prevede anche
laboratori scolastici nel pomeriggio con corsi aperti a
tutta la cittadinanza, «con lo scopo di mettere la scuola al servizio
di chi vuole svolgere attività artistiche e confrontarsi con persone
che hanno gli stessi interessi».
L’assurda bagarre politica di questi giorni lascia attoniti soprattutto
loro, i prof che ogni giorno entrano in classe. «Noi speriamo che
da tutto questo possa emergere una riflessione fruttuosa, una nuova
presa di coscienza sull’argomento» spiega l’Anisa (Associazione
nazionale insegnanti di storia dell’arte). Per ottenere risultati
concreti, però, «sarà importante allargare la prospettiva a livello
europeo. L’enorme patrimonio della nostra disciplina, intesa anche come
contenitore di professionalità pedagogica e didattica nonché di buone
pratiche, è un bene da tutelare e da trasmettere. L’Italia, non va
dimenticato, è stata il primo paese ad inserire un insegnamento
obbligatorio di storia dell’arte nella scuola superiore».