Il barone rampante di Italo Calvino
Data: Domenica, 09 febbraio 2014 ore 08:30:00 CET
Argomento: Redazione


Italo Calvino, nato a Cuba il 15 ottobre 1923 e morto a Siena il 19 settembre 1985, scrittore e narratore italiano tra i più importanti del Novecento, pubblicò la prima edizione del "Barone Rampante" presso l’Editore Einaudi nel 1957. Lo scrittore, in questo libro, narra la storia di un ragazzo che sale su un albero, si arrampica tra i rami e passa da una pianta all’altra, da un albero di alce ad un carrubo, diventando più inafferrabile di un animale selvatico. L’Autore, che al momento della pubblicazione del romanzo aveva trentatré anni, vuole esprimere, con quest’opera, la nostalgia verso le letture della fanciullezza, d’un’età spensierata e senza responsabilità.

Il racconto si svolge nel secolo XVIII e rappresenta un nostalgico intreccio di simboli, metafore, riferimenti; descrive un “gioco” che rischia di complicarsi, trasformandosi in qualcos’altro. Il romanzo si svolge in un paese immaginario, Ombrosa, che si trova in un punto imprecisato della riviera ligure e descrive un mondo mai esistito ma che contiene i nuclei di ciò che è stato e di ciò che avrebbe potuto essere e, quindi, presenta le allegorie del passato e del presente e le interrogazioni sulla propria esperienza. Il “Barone Rampante”, Cosimo Piovasco di Rondò, il 15 giugno del 1767, sedette per l’ultima volta in mezzo ai suoi, era mezzogiorno e aveva appena respinto un buon piatto di lumache.

A tavola, oltre al fratello, che ne descrive il racconto, vi erano il padre, Barone Piovasco di Rondò, l’Abate Fauchlafleur, la madre, Generalessa Corradina di Rondò, la sorella monaca di casa Battista, e il Cavaliere Avvocato Enea Silvio Correga. Cosimo, che aveva appena compiuto dodici anni, decise all’improvviso di separare la sua sorte da quella della famiglia. Rifiutando di mangiare le lumache, Cosimo uscì fuori e corse verso il giardino, arrampicandosi su un grande albero di alce: era già allenato a stare sui rami degli alberi e da quel giorno, per ribellarsi ai suoi, decise di non scendere più dagli alberi, passando il resto della sua vita da un ramo all’altro. Poi passò su una magnolia, poi su un gelso, cibandosi dei loro frutti, passando da un ramo all’altro, continuò ad esprimere la “sua rivolta” contro la famiglia. Intanto le stagioni passavano e d’inverno, con gli animali che cacciava, si fece un bel giubbotto di pelliccia per difendersi dal freddo. Cosimo portò la ribellione fino allo stremo delle sue forze, volle essere spietatamente se stesso fino alla morte.

Poi, all’improvviso, si ammalò, si trovava nel giaciglio sopra un albero di noce, aveva 65 anni e, ormai, senza più nascondersi, continuava a rimanere sugli alberi. La sua salute si aggravò, i familiari, preoccupati, issarono un letto, lo misero sull’albero, dove Cosimo si adagiò volentieri. Ma una mattina non lo trovarono nel letto perché era salito in cima all’albero, di sotto sistemarono un gran lenzuolo per far in modo di attutire un’eventuale caduta. Ad un certo punto, sopra quell’albero, apparve una mongolfiera spinta da un forte vento, Cosimo spiccò un balzo risoluto, si aggrappò alla corda e volò via, trasportato dalla mongolfiera spinta dal vento. Cosimo, agonizzante, scomparve, mentre volava sopra un golfo, ed i suoi non ebbero nemmeno la soddisfazione di vederlo da morto. Così, sulla sua tomba vuota, misero una stele con la scritto: “Cosimo Piovasco di Rondò – visse sugli alberi – amò la terra – salì in cielo”.

Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it





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