Lezioni di vera politica dal carcere. Parla l’ex presidente della Regione Sicilia, Totò Cuffaro
Data: Domenica, 09 febbraio 2014 ore 07:30:00 CET
Argomento: Redazione


Sono ancora vive le immagini e risuonano chiare e forti le parole dell’ex presidente della Regione Sicilia, Totò Cuffaro, matricola n. 87833, detenuto nel carcere di Rebibbia. In un’intervista condotta da Michela Giuffrida, direttore di "Antenna Sicilia", è stata rievocata la vicenda che ha portato alla condanna a cinque anni di carcere del senatore e presidente della Regione per favoreggiamento alla mafia. Vittima sacrificale che ha pagato per tutti e con ammirevole forza, coraggio e pazienza sta sopportando la dura prova.
Ho sbattuto sulla mafia, dice Totò Cuffaro, riconoscendo i suoi errori, ma il suo credo politico, la sua attenzione alla gente, la ricerca del bene comune lo rendono "maestro" della vera politica che non cerca solo il consenso elettorale, ma sta vicino alla gente e ne condivide le tensioni, i bisogni, le attese e le speranze.

Ha già compiuto 1379 giorni di carcere e ne mancano altri 746 per riacquistare la libertà e poter rivedere per intero il cielo della sua Sicilia. Ogni giorno li conta, li cancella e li vive nella pesantezza del carcere, attendendo il 5 dicembre 2015, ultimo giorno di pena e per lui si apriranno le porte del carcere.
Con ammirevole onestà, profonda cultura dello Stato e grande rispetto delle Istituzioni, compresa la Magistratura, Totò Cuffaro ha impartito una vera lezione di politica che guarda il bene comune e cerca il consenso dei cittadini, attraverso le azioni di servizio alla gente, creando un contatto, guardando le persone negli occhi, stringendo le loro mani in segno di amicizia. Quello che è stato definito "cuffarismo" nel senso buono si traduce in attenzione alle persone, mentre oggi i politici sono lontani dai cittadini e, una volta eletti, se ne dimenticano.

In Sicilia, ha detto, non si può governare con il bastone della tirannia, della prepotenza e della sopraffazione sugli altri, bensì attraverso un "buon governo" che adotta le regole del "buon padre di famiglia" che rimprovera e richiama, ma collabora e valorizza le persone.
Oggi il politico risulta quasi un ibrido giacché appare "giornalisticamente modificato" (PGM) constatando che i giornalisti costruiscono l’immagine di un politico e ne determinano il successo. Anche una foto (quella dei cannoli) può distruggere l’immagine di un politico e segnarne la fine.
In carcere il senatore Cuffaro fa "politica"; si è messo a servizio degli altri detenuti, molti dei quali extra comunitari, li aiuta scrivendo per loro ricorsi, domande, appelli. Per alcuni scrive anche lettere ai familiari e alle fidanzate, fa il consigliere e il confidente di quanti sono in difficoltà. Riceve molte lettere di amici e risponde con ammirevole forza, studia per conseguire la laurea in Giurisprudenza per poi aiutare i detenuti che non possono permettersi un avvocato, scrive libri rivivendo in forma romanzata la sua triste esperienza.

Nei suoi libri: "Il candore delle cornacchie", già edito e candidato al "premio Strega" e nel libro di prossima pubblicazione "Le carezze della nenia", racconta la vita del carcere che opprime, ma vista da un aquilone giallo verde e azzurro anche il carcere dall’alto sembra piccolo e la speranza della libertà si alimenta e cresce, sempre più dando forza e fiducia nel momento della prova.
Il messaggio che dall’intervista arriva alla gente comune, ma che dovrebbe arrivare anche ai politici nazionali è che nelle carceri, luoghi ai quali la Costituzione assegna il compito della rieducazione, si vivono non solo storie dei corpi e quindi i problemi del sovraffollamento delle carceri e delle strutture, ma ancor più si vivono "storie di anime" e si sente forte il senso della giustizia. In carcere, per non essere disperati, occorre vincere l’astio e il rancore con la speranza e la fiducia, non tenere i pugni chiusi, bensì le mani aperte all’accoglienza e alla solidarietà e quindi seminare non rabbia e veleni, bensì speranza e fiducia.

Nella conclusione dell’intervista, il presidente Cuffaro che spiega i braccialetti colorati ricevuti in dono da un amico di ritorno dai pellegrinaggi a Lourdes afferma con serenità e convinzione:
"A differenza di chi sconta l’ergastolo, io sono fortunato e, anche se la mia pena è lunga e difficile, finirà. Sono fortunato perché sono affidato all’abbraccio di Dio e della Madonna e tale affidamento non mi può essere negato".
Queste espressioni risuonano come monito e lezione di vita, meritano attenzione e rispetto da parte di tutti, auspicando che la data del 5 dicembre 2015 possa essere anticipata.

Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it





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