Al
Complesso del Vittoriano è possibile visitare fino al 2 febbraio la
mostra dal titolo “
Cézanne e gli
artisti italiani del ‘900”.
Cento sono le opere esposte e tra queste molte quelle di Cézanne che,
nonostante non si fosse mai recato in Italia ne era molto attratto, ma
soprattutto provava grande ammirazione per gli artisti del passato che
tanto gli avevano insegnato.
La mostra inizia con la documentazione che attesta la presenza delle
opere dell’artista francese in Italia. Quotidiani e riviste mensili,
oltre a singole pubblicazioni, parlano di lui come il padre della
modernità, colui che allontanandosi dalla corrente impressionista,
ricerca l’ordine nel caos inserendo i suoi soggetti in strutture
geometriche. È il critico e pittore fiorentino Ardengo Soffici a
scoprirlo nel 1904, dopo aver visitato a Parigi il Salon d’Automne.
“A Cézanne si deve la capacità di rendere tangibile la realtà, invece
di limitarsi alla mera riproduzione di essa”, queste le parole del
critico fiorentino che ben presto porterà in Italia i suoi lavori: nel
1910, infatti, avrà luogo la “
Prima
mostra di impressionismo francese”.
La mostra è articolata in una serie di pannelli descrittivi, che
presentano gli artisti in mostra, molti dei quali quasi sconosciuti.
Dopo aver appreso la divulgazione letteraria di tale innovazione, la
mostra prosegue con una serie di opere relative al tema del paesaggio:
si susseguono quadri di Morandi, Soffici e Cezanné.
Morandi è affascinato dalla lezione dell’artista francese, eseguirà
vere e proprie opere a lui celebrative, riproducendone quadri ed
adottandone la tavolozza. Il cambiamento è immediatamente percepibile:
a colori brillanti, pennellate fluide e sfumature impressioniste, si
sostituisce una tavolozza dai colori scuri e macchie di colore
accostate secondo la lezione dei macchiaioli, ancora viva nella Firenze
del primo ‘900. La costruzione dell’immagine è basata invece sulla
sintesi formale, quella che Cézanne ritiene più idonea per costruire la
figura e renderne immediata la sua struttura.
È nella sezione successiva che l’indirizzo cezanniano viene presentato
nella sua interezza. Qui il tema è quello delle bagnanti e le opere in
mostra testimoniano l’elevata influenza che in Italia è avvenuta.
Sironi, Pirandello, Capogrossi e di nuovo Morandi, nessuno è immune ed
è interessante scoprire come pittori da noi conosciuti “astratti”,
abbiano invece avuto un passato figurativo, basato sulla lezione di
Cézanne. Di quest’ultimo tre diverse versioni delle bagnati e due
litografie fanno da corollario all’intera sezione. Sono opere di
ridotto formato che esprimono nella loro interezza la filosofia
dell’artista francese: rigore classico e sintesi formale.
Una volta giunti al piano superiore, la lista degli artisti si allarga.
Carlo Carrà, conclusa l’esperienza metafisica , esegue negli anni Venti
paesaggi spogli, dove rivolge particolare attenzione all’aspetto
naturale delle cose . Le opere racchiudono una profonda poesia, non
dovuta alla riproduzione del reale, ma a quella delle emozioni
interiori.
Anche Umberto Boccioni, padre del Futurismo, apprezzerà di Cézanne la
forza evocativa e rigeneratrice, la stessa che cercherà di immortalare
nelle sue opere: interessante è “Ritratto del maestro Busoni”, opera
del 1916 dove non si può non ricollegare il paesaggio sullo sfondo a
quello del maestro francese.
Di Gino Severini son presenti opere del suo intero percorso artistico:
quelle degli inizi del novecento geometrizzate e volte alla sintesi e
quelle del dopoguerra dove, oramai vittima delle restrizioni fasciste,
torna ad una riproduzione fedele del reale.
Molti altri ancora sono i nomi presenti: Casorati, Gentilini, Cagli,
Trombadori, Melli, Donghi, Francalancia, De Pisis, solo per citarne
alcuni, tutti in qualche modo hanno metabolizzato la lezione cezanniana
facendola propria e rielaborandola secondo le proprie esigenze.
L’argomento è davvero vasto e, per comprenderlo al meglio, non c’è
altro modo che recarsi alla mostra ed analizzare personalmente le
singole opere. L’impresa del Vittoriano è stata davvero ardua: un tema
così complesso è indubbiamente complicato da presentare al pubblico, ma
comunque bisogna dar merito di esser riusciti a raggruppare opere di
notevole prestigio in un’unica occasione, grazie ai prestiti di
prestigiosi musei di tutto il mondo, dando così la possibilità a noi di
poterli ammirare e confrontare dal vivo, cosa molto difficile
altrimenti da fare.
Erroneamente si pensa che l’Italia non abbia nulla di contemporaneo da
presentare e questo perché, con l’avvento del fascismo, un ritorno
all’ordine ha impedito a gran parte dei nostri artisti di evolversi
verso nuove forme favorendo così l’affermazione dell’arte americana. In
realtà noi abbiamo molto e qui possiamo veramente apprezzarne l’essenza.
La mostra, curata da Maria Teresa Benedetti, si potrà visitare fino al
2 febbraio 2014 quando chiuderà le porte per lasciare il posto ad una
nuova esposizione, volta anche in questo caso, all’apprendimento e
conoscenza dell’arte italiana del ‘900.
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