Dicono “Europa”. Ma solo se non costa
Data: Giovedì, 02 gennaio 2014 ore 06:00:00 CET Argomento: Sindacati
La battaglie più
importante (non fosse altro che per il fatto che da essa dipende il
futuro lavorativo di oltre 100mila colleghi) che l’ANIEF ha ingaggiato
è quella dinanzi alla Corte di Giustizia europea, e attendiamo una
sentenza che ponga fine alla difformità tra la normativa italiana e il
diritto comunitario, in materia di precariato.
Già sul governo italiano (ma sarebbe meglio dire, sui contribuenti)
pende una procedura di infrazione per l’abuso dei contratti a tempo
determinato, avviata nei confronti dell’Italia; si prospetta una
sanzione milionaria all’Italia. La Direttiva 1999/70/CE sulla
reiterazione dei contratti a termine ha fissato in tre anni di servizio
(anche non continuativi) la quota lavorativa minima per accedere
all’assunzione a tempo indeterminato; recependo questa Direttiva, con
il decreto legislativo 368/2001, il nostro governo ha, però, escluso il
personale della Scuola dall’applicazione. La discriminazione colpisce
oltre 100mila supplenti (tra docenti, personale Ata ed ausiliari) che
ogni anno vengono assunti e poi licenziati al termine delle lezioni.
Questa scelta politica (12 anni di miopia politica di tutti i governi
che si sono succeduti) e la malevolenza manifestata, reiteratamente in
varie forme, nei riguardi del personale scolastico sono all’origine
della drammatica condizione lavorativa dei precari della Scuola. Li
hanno proprio messi all’angolo. La loro condizione economica è tale che
c’è tra loro chi si interroga se sia meglio accettare una breve
supplenza o mantenere l’indennità di disoccupazione. E’ un’alternativa
indegna di un Paese civile. Noi dell’ANIEF siamo orgogliosi di essere
stati e di essere a servizio dei precari, con fermezza. Un anno
addietro, il Presidente Pacifico portò agli uffici di Bruxelles e di
Strasburgo valige di denunce reclamando giustizia per i precari della
Scuola. La ratio del monito della Commissione europea allo Stato
italiano è, in ultima istanza, questa: Non è consentito ai governi
della UE disporre trattamenti differenti in fatto di stipendi, di
progressione di carriera, di diritti contrattuali, per funzioni
lavorative uguali, tra personale di ruolo e personale precario. Questa
è, appunto, la tesi da sempre sostenuta dall’ANIEF.
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