Scuola per piccoli Socrate
Data: Giovedì, 26 dicembre 2013 ore 07:30:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


A scuola da un decennio succede sempre più spesso che l'istituzione assicuri ai bambini (e, più di rado, ai teenagers) la possibilità di esprimersi indipendentemente dal normale lavoro scolastico e dalle verifiche sul "profitto", dunque non in maniera occasionale e quasi fortuita né al di fuori dell'orario scolastico. Questa è un'autentica scoperta dei nostri giorni, con breve periodo di incubazione a fine ventesimo secolo. Si è cominciato a coltivare il potenziale filosofico dei minori, i loro tentativi di organizzare al meglio le proprie idee, assicurando agli allievi l'agio di elaborarle e di confrontarsi senza l'interferenza di spiegazioni o valutazioni calate dall'alto.
A margine di questa innovazione ce n'è un'altra da registrare: l'uscita dei primi libri che raccontano in dettaglio le conversazioni filosofiche nel modo in cui esse hanno avuto luogo in certe classi della Primaria di certi anni, dunque come elementi della vita reale di una determinata classe. Ha cominciato Sergio Viti, maestro a Pietrasanta (Lu) quando ha dato la parola ai suoi alunni (e al filosofo A.M. Iacono) in Le domande sono ciliegie (Roma, 2000) e in Per mari aperti (Roma, 2003). Poi è stata la volta di due classi della scuola elementare di Chiugiana, a un passo da Perugia, grazie agli insegnanti Anna Rita Nutarelli e Walter Pilini, che hanno riportato le loro parole in La filosofia è una cosa pensierosa (Perugia, 2005). Sono seguiti altri tre titoli apparsi anch'essi a Perugia e un settimo, uscito questa estate: Carrucola-Nutarelli-Pilini, La filosofia a/ha sei anni (2008); A. Presentini, ...O forse il tempo siamo noi (2012); D. Spadotto, I bambini che muovono i discorsi (2013) e F. Lorenzoni, Una verità, non sicura però... (Giove TR, 2013).
La particolarità di questi libri è di riportare, per ogni bambino, non alcune, ma svariate decine di frasi contestualizzate. Di conseguenza, ciascuno di loro è in grado di ritrovarsi e riconoscersi pienamente nel libro che lo riguarda (e così pure di ritrovarci i suoi compagni di classe). Non si tratta solo di rivivere la magia di un'epoca passata perché a ciascuno di loro può capitare di prendere la matita e annotare: «oggi (data) scriverei piuttosto che...», oppure: «è curioso, ma a X anni di distanza, la penso ancora a quel modo», oppure :«eh, però tu hai dichiarato che... Non lo puoi negare, ho la prova!» (eccetera). Decisiva è la quantità delle dichiarazioni, sostenuta da una efficace evocazione del contesto nel quale questi pensieri hanno preso forma.
Questi libri sono dunque autentici incunaboli che annunciano un flusso di altre opere del medesimo genere. Hanno ormai aperto una strada e, se fossi un maestro, vorrei scriverne uno pure io e farne dono ai miei alunni. Inoltre stanno alla filosofia dei bambini come i dialoghi socratici sono stati alla formazione della primissima biblioteca filosofica in lingua greca. Se gli oltre cento dialoghi socratici pubblicati ad Atene nei decenni immediatamente successivi alla morte del filosofo hanno formato la prima biblioteca filosofica della storia (perché l'idea del libro di filosofia prese forma proprio allora), analogamente in questo caso si deve sottolineare che non stiamo parlando di «filosofia spiegata ai bambini» (a Torino in questi giorni), né di libri di filosofia per i bambini (o per i loro insegnanti), ma di libri che preservano le tracce della filosofia fatta dai bambini, ogni volta in un contesto ben preciso. Ciò che sta prendendo forma è proprio un nuovo genere letterario.
L'esistenza di queste opere ha attitudine a incidere sulla stessa filosofia nata in Grecia, perché finora mai abbiamo avuto un accesso "ampio" al pensiero dei bambini. La freschezza di queste narrazioni non è inferiore a quella dei dialoghi di un'altra epoca: le une e gli altri ci propongono persone che provano a ragionare con la propria testa e a confrontarsi, che hanno modo di pensare insieme l'insieme, il tutto (dunque fare filosofia). E, nel contempo, queste pratiche filosofiche stanno facendo uscire la filosofia da quelle aule dove è stata tenuta chiusa per secoli. Infatti, da quando la filosofia è diventata Filosofia, si è subito costituita, di riflesso, la categoria dei profani e, a seguire, quella dei consumatori del prodotto filosofico. L'impressione che tutto questo fosse senza alternative è stata ed è tenacissima. Eppure la filosofia, in quanto orientamento globale, è un'azione del pensiero che non può dipendere più di tanto da libri e lezioni. Quindi la filosofia che si fa può ben pretendere a un più alto grado di genuinità (compensato dalla maggiore precarietà) rispetto alla filosofia dei libri e dei corsi universitari. E accade che la modalità non professionalizzata del filosofare cominci a rivendicare il suo spazio in questa e in altre forme, in una "agora" che, a seconda dei casi, è la classe, il caffè, la piazza, la "saletta di filosofia" all'interno del penitenziario o forse anche Twitter. Senza nulla togliere alla ricerca di punta: si tratta solo di chiarire che la filosofia è anche altro.

Livio Rossetti
Ilsole24ore.com





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