La fotosintesi clorofilliana fonte della vita (parte II)
Data: Domenica, 15 dicembre 2013 ore 07:45:00 CET
Argomento: Redazione


Il regno vegetale e alcuni gruppi di batteri includono gli organismi autotrofi capaci, con la fotosintesi clorofilliana, di nutrirsi di sostanze inorganiche trasformandole in sostanze organiche assimilabili. Tali organismi sono i costruttori della biosfera, mentre gli eterotrofi, incapaci di nutrirsi da se stessi, consumano la biosfera. Ovviamente questi organismi sono tra loro complementari e coinvolti nei cicli della Terra regolati dall’armonia, che tuttavia data la complessità dei sistemi viventi, può subire alterazioni di vario tipo e in particolare per azione antropica.
La fotosintesi clorofilliana è ciò che sostiene la vita mediante una piccola corrente elettrica mantenuta dalla luce del Sole. La reazione complessiva della fotosintesi è la seguente:
6CO2 + 12 H2O + energia luminosa -> glucosio (C6H12O6   /   CH2O) + 6O2+ 6 H2O

Le fasi o stadi della fotosintesi clorofilliana, che si svolgono nei vegetali e specificamente negli organuli della cellula vegetale chiamati cloroplasti, sono due e cioè le reazioni luce dipendenti che avvengono nelle membrane dei tilacoidi, che impilati l’uno sull’altro costituiscono i grana, e le reazioni luce indipendenti che si verificano nello stroma del cloroplasto:

1)    Fase luminosa (non ciclica e ciclica), che si svolge in presenza della luce  e  dei due fotosistemi I e II che sono collocati nella membrana del tilacoide.  La luce (E=h*ν**   * costante di Planck / ** frequenza in Hz) attivando il complesso antenna nella membrana (pigmenti legati a proteine: clorofilla “a”; clorofilla b e pigmenti accessori, che assorbono lunghezze d’onda diverse e che passano l’energia alla clorofilla a) genera il flusso di elettroni, che passano in una catena di trasportatori con un percorso a Z nei due fotosistemi II e I (Fotosintesi non ciclica, con flusso di elettroni unidirezionale).  L’energia prodotta è impiegata per trasferire protoni (H+) dallo stroma del cloroplasto all’interno dello spazio del tilacoide. Si crea così nella membrana del tilacoide un differenziale tra l’interno e l’esterno o un gradiente elettrochimico, che permette la sintesi dell’ATP (fotofosforilazione), che è l’importante molecola energetica dei sistemi viventi. Al contempo altra energia luminosa è catturata dal fotosistema I che ossidandosi libera gli elettroni, che si legano ad un accettore primario dal quale passano al NADP+.  I fotosistemi I e II, posti nella membrana del tilacoide, quindi cooperano tra loro in modo da convertire dapprima la luce in energia elettrica e successivamente, con la rottura della molecola dell’acqua (fotolisi), in energia chimica immagazzinata nei legami delle molecole  NADPH e  ATP, con il rilascio in atmosfera di una molecola di ossigeno ogni 4 molecole di acqua; la fase luminosa ciclica coinvolge solo il fotosistema I e permette la produzione di una molecola di ATP da inviare alla fase oscura; in tale fase non si verifica la fotolisi, non si forma ossigeno, né NADPH.

2)  Fase oscura o indipendente dalla luce che ha luogo nello stroma dei cloroplasti senza aver bisogno della radiazione luminosa.
In tale secondo stadio della fotosintesi l’energia delle molecole NADPH e ATP viene utilizzata per ridurre il carbonio e sintetizzare zuccheri semplici.   La fase oscura o indipendente dalla luce è in relazione al ciclo di Calvin cioè ai passaggi che consentono la fissazione, mediante l’enzima “rubisco”, dell‘anidride carbonica nel Ribulosiodifosfato ( uno zucchero a cinque atomi di Carbonio) con la formazione successiva di un composto a 6 atomi di carbonio da cui si originano le due molecole di acido fosfoglicerico a 3 atomi di carbonio. Nelle successive 2 tappe queste molecole diventano 12 di gliceraldeide 3-fosfato. Dieci di queste molecole si riassemblano per ricostituire 6 molecole di rubisco difosfato a 5 atomi di C, mentre le due molecole in più sono il guadagno derivato dal ciclo di Calvin. Tale via è conosciuta come via C3. Occorrono 6 giri o cicli completi con l’introduzione di 6 molecole di CO2 per produrre 1 molecola di glucosio o altro zucchero, che con la glicolisi e scindendosi diventa il punto di partenza da cui sintetizzare gli zuccheri, amminoacidi e acidi grassi.
Nel corso dell’evoluzione i vegetali hanno escogitato altre modalità di sintesi e cioè la via C4 in cui si ha la formazione, con la fissazione dell’anidride carbonica nell’acido fosfoenolpiruvico a 3 atomi di C, di un composto a 4 atomi di carbonio (acido ossalacetico), il quale trasformandosi successivamente in acido malico e passando nelle cellule della guaina vascolare si scinde in acido piruvico e anidride carbonica che poi entra nel normale ciclo di Calvin. Nell’anatomia fogliare delle specie C4 vi è dunque una separazione spaziale tra la via C4 e il ciclo di Calvin, in quanto le cellule del mesofillo circondano le grosse cellule della guaina del fascio formando due strati concentrici ad ogni fascio vascolare (anatomia di tipo Kranz).

Una via analoga è la CAM (Crassulacean Acid Metabolism) che avviene nelle piante succulente, le quali però aprono gli stomi di notte per assorbire l’anidride carbonica trasformandola in acidi a 4 atomi di carbonio, mentre di giorno svolgono la fotosintesi con la CO2 liberata da questi acidi organici. Quest’ultima via è un adattamento particolare ai climi aridi in cui vivono. In pratica la via C4 e CAM sono adattamenti del processo fotosintetico a contesti ambientali più difficili o in cui la CO2 in atmosfera è ad una concentrazione minore.
La luce e l’energia del Sole al termine è così convertita in energia chimica potenziale nella molecola del glucosio o dei suoi composti: disaccaridi (saccarosio) e polisaccaridi (amido, cellulosa, amilosio).
In sintesi la luce è trasformata dapprima in energia elettrica e questa poi in energia chimica potenziale.
Inoltre la fotosintesi clorofilliana si distingue in ossigenica quando è rilasciato in atmosfera l’ossigeno e anossigenica quando  ciò non avviene.
In particolare quella ossigenica è  importante per la vita sulla Terra.

Difatti agli albori della Terra l’ossigeno nell’atmosfera non c’era (nel corso del tempo la % di ossigeno in atmosfera è variata da % nulle o bassissime al 10  sino a giungere al 30 % o poco più;  attualmente tale percentuale è al 20 - 21 % circa) e gli organismi viventi per ricavare l’energia necessaria per trasformare i nutrienti e mantenere la loro struttura e l’ordine nella loro organizzazione, impiegavano la respirazione anaerobica, che però è più dispendiosa e con un livello di efficienza energetica di 1 su 20-30 rispetto a quella aerobica. Quindi gli organismi anaerobiotici per accrescersi  della stessa quantità devono demolire  20 - 30 volte di cibo più dei corrispondenti aerobici (A. Ceruti, 1986).
Ciò vuol dire che se noi uomini fossimo anaerobici avremmo bisogno di 20-30 Kg di pane al giorno, anziché  di 1 Kg  per avere la stessa energia. 
La respirazione aerobica ha impresso quindi una svolta decisiva all’evoluzione dei viventi, perché è meno dispendiosa e più efficiente e ciò è avvenuto mediante le piante e la fotosintesi clorofilliana, col conseguente accumulo dell’ossigeno nell’atmosfera.
La fotosintesi clorofilliana, da cui consegue la produzione dell’ossigeno, avviene sulla Terra da circa 2/3 miliardi di anni e quindi ha sostenuto, nel corso del tempo, la vita a chissà quante specie comprese quelle a noi sconosciute, alcune delle quali forse anche più intelligenti e civilizzate di quella umana.

L’uomo e la sua civiltà esistono invece e relativamente solo da poco tempo rispetto all’età della Terra,  e  non è sicuro che siano così indispensabili come è nella nostra comune convinzione.
Infatti è probabile che la vita sul nostro pianeta, anche senza l’uomo, andrebbe avanti lo stesso.
Considerare l’uomo all’apice dell’evoluzione, separato e al di sopra di tutti gli organismi viventi è in effetti una pura e semplice presunzione frutto di un’alterazione del pensiero, che nel corso del tempo della storia umana ha causato disarmonia, involuzione, dolore, divisione e perfino conflitti e guerre inutili, che hanno sterminato milioni su milioni di uomini e di donne.
Ed invece si può ben dire che è la fotosintesi clorofilliana il fondamento e la fonte della vita ed al contempo il fenomeno più importante, magnifico e straordinario che accade sulla Terra, che unisce tutti gli organismi viventi in un tutt’uno perfettamente integrale e ciclico, e che quando distruggiamo le foreste e gli alberi o inquiniamo e deturpiamo l’ambiente in pericolo non sono i vegetali ed il nostro pianeta ma siamo noi stessi.

Marcello Castroreale
mcastroreale@alice.it

La luce è catturata dalle foglie grazie alla clorofilla “a” nei cloroplasti e trasformata dapprima in energia elettrica e poi in energia chimica per essere utilizzata direttamente dalla pianta, per il proprio metabolismo e come cibo per tutti gli altri esseri viventi. In sintesi la luce e le foglie sono due aspetti diversi di un’unica cosa che è la Luce. È davvero un prodigio divino della Natura a cui sovente non prestiamo attenzione grazie al quale tutti ricevono dal Sole visibile ed invisibile il dono della vita
La luce che vediamo è solamente una piccola parte della luce esistente, essa infatti si compone di luce elettromagnetica e di luce debole od oscura, l’una per buona parte visibile e l’altra che non vediamo affatto, né tantomeno riusciamo a rilevare con la strumentazione. Entrambe costituiscono l’unico campo definito elettrodebole, che è alla base della fotosintesi clorofilliana e della vita sulla Terra.






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