Stipendi: il Censis auspica più consumi e rilancio lavoro, ma il Parlamento lavora in senso contrario
Data: Mercoledì, 11 dicembre 2013 ore 07:00:00 CET Argomento: Sindacati
Anief-Confedir: col
potere d’acquisto delle famiglie fermo a due decenni anni fa, alla
Camera si sta approvando una legge di stabilità che terrà ferme le
buste paga di 3,5 milioni di dipendenti pubblici per il quarto anno
consecutivo. Quelli della scuola per il quinto. E l’intenzione è
stroncare pure le carriere. Il potere di acquisto degli stipendi si è
così assottigliato che gli italiani stanno vivendo “una nuova
sobrietà”: gli italiani evitano ''sprechi ed eccessi'', tirano sempre
più la cinghia al punto che ''nel 2013 le spese delle famiglie sono
tornate indietro di oltre dieci anni'': la fotografia realizzata dal
Censis è davvero impietosa. Tanto è vero che nel Rapporto
annuale si parla di ''un quadro preoccupante” e della necessità di
agire subito in termini di radicale abbassamento della pressione
fiscale, di incentivi ai consumi prontamente utilizzabili e di
politiche del lavoro. Quanto auspicato dal Censis, tuttavia, non
troverà compimento. Basta andare a vedere il “capolavoro” finanziario
che sta approvando il Parlamento italiano fermando gli stipendi dei
pubblici dipendenti, attraverso la legge di stabilità, per il quarto
anno consecutivo. Per quelli della scuola addirittura per il quinto
anno. Ignorando le tante perplessità espresse nelle scorse settimane
dalla VII Commissione Istruzione del Senato (“300 milioni di euro si
spostano dalle retribuzioni del personale, già molto basse, verso il
contenimento della spesa pubblica”), a Palazzo Madama non si è tenuto
conto che tra i paesi moderni europei i nostri docenti hanno lo
stipendio più basso dopo la Grecia, con quasi 8mila euro in meno a fine
carriera rispetto alla media delle buste paga del vecchio continente: è
tutto dire che oggi in media un insegnante guadagni in media 1.300
euro. E un non docente poco più di mille euro. La pochezza delle buste
paga dei dipendenti pubblici era stata ravvisata alcuni mesi fa anche
dall’Istat. Che lamentava la crescita davvero modesta su base annuale
degli stipendi. Ciò ha comportato, tenendo conto dell'inflazione, nel
2012, la riduzione di quasi il 5% della già modesta capacità economica
delle famiglie consumatrici (un calo annuale che non si toccava dal
1995). Facendo tornare il potere di acquisto dei dipendenti pubblici,
con in testa quelli della scuola, a quello di 20 anni fa. Ora, in
queste condizioni come si fa a rilanciare i consumi e, di conseguenza,
l’attività produttiva?
Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo
Confedir, ricorda che “la parabola discendente ha preso inizio con il
blocco dei contratti introdotti con la legge 122/2010. Il caso della
scuola è emblematico, con gli scatti automatici, che l’amministrazione
vorrebbe far scomparire, recuperati solo attraverso una quota tantum.
Tutto questo, peraltro, accade malgrado si tratti di scelte che
contrastano palesemente diversi articoli della Costituzione: l’1, il
36, il 39 e il 41. E non a caso la questione è stata già censurata
dalla Consulta, attraverso la sentenza 223 dell’ottobre scorso che ha
di fatto ‘cassato’ il blocco degli scatti stipendiali dei magistrati.
Così, dopo aver privatizzato il rapporto di lavoro del pubblico
impiego, si compie un altro passo verso la perdita dei diritti dei suoi
lavoratori”. “L’amara realtà è che sempre più il Governo italiano veste
contemporaneamente i panni del datore di lavoro e del legislatore. Così
già oggi a fine carriera un docente percepisce quasi 10mila euro in
meno. E che la maggior parte del personale della scuola continuerà a
percepire uno stipendio sempre più vicino alla soglia di povertà. Con
la beffa – conclude Pacifico – che con la riforma Fornero la sua
carriera lavorativa non solo avrà sempre più alte possibilità di
rimanere ferma. Ma sarà allungata fino a 42 anni di contributi".
Anief.org
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