Giocare a fare la rivoluzione per fare vacanza fino a Natale
Data: Giovedì, 05 dicembre 2013 ore 08:45:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Si avvicinano le vacanze di fine anno e, come è ormai consolidata tradizione, inizia la fibrillazione nel mondo scolastico. Ora i grandi problemi ambientali, più tardi la contestazione ad un capitalismo arrogante che non si fa scrupolo di sfruttare le debolezze del mondo del lavoro, quindi la solidarietà agli esclusi ed emarginati del mondo ed ancora, e perché no, la manifesta indignazione contro il mancato riconoscimento diritti civili. Cause nobili, sulle quali non c’è nulla da dire se non per aggiungere ulteriori argomenti che a guardarci attorno nella presente crisi sicuramente non mancano. Tutti temi, quelli che abbiamo elencato che all’apparenza sarebbero spia di una maturità culturale che altre generazioni di studenti non hanno purtroppo avuto.
Eppure, a guardare bene, avendo come metro quel tanto di laicità razionale che ogni tanto dovremmo tirare fuori soprattutto mettendo da da parte passioni e ideali, non possiamo che restare basiti confrontandosi con questi giovani, al punto da fare intuire che, con qualche rara eccezione, la finalità recondita che motiva lo scendere in piazza sia altra rispetto a quella pubblicamente dichiarata. Diciamolo fuori da denti, tutte le motivazioni che abbiamo in premessa citato c’entrano come cavolo a merenda perché l’intesse principale della quasi totalità, e dico quasi perché qualche ingenuo e onesto penso che ci sia , è quello di allungare il tempo delle vacanze di qualche settimana giocando a fare i rivoluzionari ed utilizzando tutto l’armamentario linguistico e strumentale di un tempo ormai tramontato.
Se ê questa la verità cruda e nuda, che può anche non far piacere sentirsela ripetere, sorprende che qualcuno si intesti di dare giustificazione a quelle che in poche parole sono vere e proprie manifestazioni di disimpegno piuttosto che di impegno. Sarebbe, dunque, il caso di cominciare a crescere, un invito che va fatto a tanti ma anche, e soprattutto, a quei cattivi maestri che indicano la strada dello sfascio come quella giusta per ricostruire una società degradata del quale in qualche modo si é un po’ tutti responsabili. Sarebbe ancora opportuno che anche le famiglie, che molto spesso mostrano debolezza verso queste forme di presunta protesta, cominciassero ad assumere comportamenti seri richiamando i loro figli ai propri doveri.
Sarebbe infine utile che la classe docente non si mostrasse compiacente pensando di sfruttare tali fibrillazioni per lucrare qualche giorno di ferie o per supportare in modo improprio certe anche pur giuste rivendicazioni personali. Dobbiamo capire che il tempo dei cortei opportunistici, delle occupazioni delle scuole, con i danni che ne derivano per il patrimonio pubblico, sono ormai tramontati e che la vera svolta può oggi solo venire da un supplemento di impegno.
Giocare alla rivoluzione, immaginare “l’impossibile” lucrando la compiacenza del “possibile” é roba d’altri tempi che non porta da nessuna parte e invece impoverisce, più di quanto non lo sia in questo terribile momento storico, ancor di più la nostra debolissima società.

Pasquale Hamel





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