Capitalismo senza etica? No, grazie!
Data: Sabato, 30 novembre 2013 ore 09:00:00 CET
Argomento: Redazione


"L’avidità è un valore essenziale dell’attività economica. L’ineguaglianza serve a scatenare lo spirito dell’invidia che promuove la crescita di un paese". Così il sindaco di Londra, Boris Johnson, in occasione di un pubblico discorso celebrativo tenuto in memoria della “lady di ferro”, Margaret Thatcher.  ( vedasi  art. in la “ La Repubbilca” del 29-11-03) Eh sì, è questo, purtroppo da sempre, e, a fortiori, ai tempi nostri,  il volto rapace espressivo  dell’avidità del Potere  che ha il suo specchio deformante in questa logica straniante e impudica, in questa filosofia di vita, incentrata sull’arricchimento competitivo e sfrenato, che fa aggio su una pulsione perversa della natura umana non sorretta, ahimè, da nessuna etica, da nessuna morale.  Noi riteniamo, al contrario,  che nessun valore economico  possa considerarsi  tale da meritare che ad esso si sacrifichino il senso della giustizia e il rispetto della dignità dell’uomo. Il progresso umano non può definirsi su di un piano di pura ed esclusiva economicità, né consiste nel moltiplicarsi della ricchezza  di pochi,  elitisticamente protesi alla  conquista di  una” posizione”  di superiorità fine a se stessa , nei confronti  e a danno, e umiliazione, del nostro prossimo. Manzoni ci ricorda che non c’è superiorità di un uomo su un altro uomo, se non al suo servizio!  Per non parlare di una norma di saggezza  ancora più antica che ci arriva dal mondo classico, dal delfico: “Nulla di troppo”. L’avidità, l’invidia, il perseguire a ogni costo l’utile a discapito di qualsiasi benché minima forma di equità  retributiva e distributiva, il puro economicismo  senza regole,  sono peccati capitali, diciamo  “disvalori”, che non possono assicurare in nessun modo alcuna crescita umana e civile di un paese, perché  lacerano e  deturpano  il volto dell’uomo minandone la dignità e il decoro. Il nostro Rosmini  scriveva nella sua Filosofia del diritto che :” La giustizia è un principio, l’utilità è una conseguenza. Fino che questa conseguenza della utilità si considera nel suo nesso col principio della giustizia, il pensare non è pervertito; quando l’utilità rimane sola dinanzi all’attenzione dello spirito, allora è venuto il regno del sofisma nelle menti, che è l’anarchia della società”.  Perciò, caro signor sindaco, kind mayor of London,  noi stiamo con i nostri classici e col nostro umanesimo cristiano, con la nostra coscienza  che ci ricorda che  l’avidità spesso sfocia nella superbia e la  superbia produce  invidia;  e chi prova invidia non può che desiderare il male di colui il cui bene lo tormenta. Anche l'invidia – ammonisce - sant’Agostino- porta subito a volere il male, e di qui derivano imbrogli, ipocrisie, maldicenze e tutto quel male che non si vorrebbe mai ricevere da un altro. Dunque : Pereat pecuniae aviditas et fiat iustitia,  poiché senza di questa nessuno Stato sociale può sussistere.

Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com





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