Governo chiede carta bianca al Parlamento per la sua riforma epocale da attuare entro 9 mesi
Data: Domenica, 17 novembre 2013 ore 07:45:00 CET
Argomento: Sindacati


Per Anief-Confedir non si parla soltanto di semplificare o di adeguare la normativa italiana alla giurisprudenza comunitaria, ma di riscrivere un nuovo testo unico attraverso diversi decreti legislativi, che declassa gli organi collegiali, interviene illegittimamente su stato giuridico e trattamento economico del personale, riscrive le regole per l’accesso alla docenza con l’introduzione del corso-concorso beffa nelle scuole, riduce il numero di ricercatori, assegnisti di ricerca e il numero dei partecipanti alle abilitazioni scientifiche nazionali i cui criteri di selezione e valutazione saranno riformulati. Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, “la contrarietà è già nel metodo perché lo strumento della legge-delega su una riforma epocale del settore della conoscenza svilisce il dibattito parlamentare e non parte da un profondo ascolto dei protagonisti”. L’adozione del Disegno di legge collegato alla Legge di stabilità 2014 è stata rinviata nel Consiglio dei Ministri di venerdì scorso, segno che ancora nella maggioranza manca un accordo su alcuni temi, ma sembra che le differenze non siano insormontabili. “Certo che se veramente la normativa scolastica italiana fosse adeguata a quella europea – continua Pacifico – si risolverebbero i problemi del precariato, della sicurezza, delle classi-pollaio, dei congedi parlamenti, del diverso trattamento dei supplenti, ma dubito che così accada. Di contro, all’articolo 1, comma 1 una serie di lettere esplicitano i campi di intervento su cui il Governo chiede carta bianca e che potrebbero sconvolgere la vita di un milione di dirigenti, insegnanti e ata nelle scuole e di migliaia di aspiranti alla ricerca”.
Alla lettera h), in materia di istruzione si prevede infatti:
1.    una riforma organica del reclutamento che riprende l’ordine del giorno del PD approvato dai due rami del Parlamento durante l’esame del D.L. 104/13 (ora L. 128/13) nel mantenere il sistema del doppio canale (graduatorie di merito e ad esaurimento) ma introduce l’istituto del corso-concorso nelle scuole, quando migliaia di precari hanno diritto alla stabilizzazione immediata dopo aver prestato servizio per più di 36 mesi su posti vacanti e disponibili, come dice la Commissione UE.
2.    Una riforma degli organi collegiali che lasci loro la sola funzione consultiva, forse una revanche contro la presa di posizione di numerosi collegi docenti contro l’aumento delle ore da 18 a 24 ore, abortito soltanto un anno fa.
3.    La definizione e il potenziamento delle reti di scuole autonome, visto che sono state ridotte di 1/3 negli ultimi sei anni (da 12.000 a 8.000) e visto che il fondo per l’offerta formativa è stato depredato per garantire il pagamento dell’una tantum per il 2011 (MOF) e per evitare l’aumento delle ore a 24 (FIS).
4.    Una riforma dello stato giuridico e della definizione del trattamento economico del personale con interventi tra le fonti di natura pubblicistica e negoziale, che in verità dovrebbe riguardare tutto il pubblico impiego dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro ma che ne dovrebbe vedere attore il Parlamento e non il Governo-Legislatore d’urgenza o delegato che è anche il datore di lavoro; perché in questo caso uno dei due contraenti dell’atto negoziale cambia le regole da solo, in maniera incostituzionale, come è avvenuto in questi ultimi anni con il blocco dei contratti (2010-2014) o del primo gradone stipendiali per i neo-assunti dal 1° settembre 2011.
5.    L’introduzione della contabilità delle istituzioni scolastiche, come se non ci fosse già un regolamento.
6.    La disciplina giuridica degli altri soggetti riconosciuti nel settore dell’istruzione, si spera ricordandosi dei supervisori abbandonati, dei nuovi tutor del TFA o ancora dei vicari non pagati.
7.    Una riforma dello stato giuridico dei docenti dell’AFAM, magari chiarendo se appartengono al settore della scuola o dell’università.
Per quanto riguarda l’università, invece, alla lettera i), mentre da una parte (punto 5) si prende atto del fallimento dell’attuale sistema di valutazione delle commissioni insediate per riconoscere l’abilitazione scientifica nazionale, i cui criteri saranno di nuovo riformati – sperando che si abbandoni il criterio della quantità per abbracciare quello della qualità – dall’altra s’intende ridurre il numero di partecipanti e di abilitati vista la proroga del blocco del turn-over fino al 2017 previsto proprio dalla legge di stabilità per risparmiare sul finanziamento del FFO. Trova così spiegazione anche la riduzione del numero di figure per quanto riguarda ricercatori e assegnisti di ricerca (punto 6), perché la legge 240/10, purtroppo ha abolito la figura del ricercatore a tempo indeterminato e il ministro Carrozza sembra non intenzionata a cambiare idea nonostante la legge 1/10 avesse alimentato tante speranze a migliaia di precari e le università debbano ricorrere a contratti gratuiti, peraltro illegittimi, di insegnamento per le docenze.

Anief.org





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