La via del freddo, le neviere iblee
Data: Giovedì, 14 novembre 2013 ore 07:30:00 CET Argomento: Redazione
Cercare di
rintracciare la linea che ha portato nel corso della storia alla
costruzione di una rete di depositi in cui veniva raccolta la neve per
scopi di varia natura, significa seguire i passi di diverse civiltà
sparse nel Mediterraneo che hanno beneficiato di una risorsa atipica
all’interno del contesto geografico e culturale in cui è esistita. Tra
il 1500 e il 1900, dalle Madonie ai Nebrodi, dai monti Peloritani
all’Etna per passare infine all’Altopiano degli Iblei crebbe una realtà
legata al lavoro della raccolta della neve, che ha dato forma a una
serie di costumi e usanze. La possibilità di implementare attività
economiche collaterali fu di aiuto nelle zone montuose dell’isola dove
la fame era all’ordine del giorno.
Leggendo la vasta indagine sui mestieri tradizionali in Sicilia, curata
da Antonino Buttitta, alla fine degli anni ottanta, non può non colpire
l’assenza di questo tipo di attività. Per quanto conosciute e
scarsamente valorizzate, le neviere siciliane rappresentano una traccia
indelebile del territorio regionale. Abbandonate, alcune
semi-distrutte, altre riadattate per diversi scopi, i nevai, ancora
esistenti nell’area iblea, presentano una forma semplice e la loro
struttura cristallina ne fa uno dei capolavori dell’architettura minore
siciliana. Ciò dimostra l’importanza che ha avuto il fenomeno
dell’espansione dell’industria legata al commercio della neve.
Le popolazioni che ebbero a che fare con il suo utilizzo acquisirono
una maggiore consapevolezza della possibilità di investire parte del
loro capitale umano e finanziario per la crescita dell’attività di
raccolta. Sino al secolo scorso si commerciava la neve da Trapani a
Tunisi su navi a vela e le neviere che rifornivano Palermo erano due
sole: una sui monti dietro Monreale ed una della “Busambra”, presso
Corleone. Dall’altipiano degli Iblei, invece, la neve veniva inviata
alle città sulla costa ionica e mediterranea, fino a raggiungere
l’isola di Malta.
A Buccheri, in provincia di Siracusa, erano all’incirca venticinque le
neviere in attività agli inizi del secolo XX; peraltro nelle immediate
vicinanze del paese troviamo altre costruzioni adibite alla
conservazione della neve: a Palazzolo Acreide, Buscemi, Sortino e
Vizzini. In provincia di Ragusa spiccano le neviere a spiovente di
Chiaramonte Gulfi, i resti delle neviere “S. Caterina” e “S.
Bartolomeo” a Giarratana, le presenze negli atti del decurionato di
Monterosso Almo della vendita in piazza di alcuni carichi di neve, i
depositi del ghiaccio a Ragusa Ibla.
A differenza dell’attività di raccolta della neve che si è avuta nelle
altre zone montuose della Sicilia, quella di Buccheri e in misura
minore quella di Chiaramonte Gulfi, presenta un’organizzazione del
processo lavorativo ben pianificata e protratta nel tempo. Menzionare
dunque la parola neviera dimenticandosi della Sicilia, significa negare
dignità all’arte artigianale della grande pasticceria siciliana,
prodotta dalle classi più povere a servizio dei ceti più abbienti
dell’isola.
Carmelo Brafa Musicoro
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