Quanto bisogno ci sia ancora di Leonardo Sciascia; e di quanto ci manchi
Data: Martedì, 12 novembre 2013 ore 07:00:00 CET
Argomento: Redazione


A sentire Sgalambro, rivisitare Sciascia è oggi del tutto inutile. Giacché la sua funzione "s'è esaurita" ed "occorre un'altra coscienza siciliana". Evviva! potremmo giubilare, se non fossimo assaliti dallo sconforto, da un sottile disagio. Lo stesso imbarazzo che ci afferra quando ci rendiamo conto che la migliore letteratura di ogni epoca è passibile di equivoci tanto grossolani.
Forse che la lettura sciasciana del nostro tempo e delle sue più acerbe contraddizioni può essere scambiata per cronaca di costume? la sua indagine morale per gossip? il suo rovello esistenziale per esibizionismo?
Forse che la funzione dell’intellettuale in Italia, la sua solitudine di fronte al conformismo accomodante può essere scambiata per malanno passeggero?
Forse che il garantismo a tutela minima del diritto di ogni persona può essere scambiato per questione estemporanea? O non sarà che la deriva etica delle istituzioni e della politica, questo loro tendenza a farsi sempre più cosca di un “contesto” infrangibile, autoreferenziale, spietato, agglomerante, si sono miracolosamente convertite in virtù solidali? in schietti atti promotori di progresso?
Forse che l’antropologia del Potere non merita la fatica di un’indagine, di una cognizione, di un’esorcizzazione?
Forse che il recupero della memoria, dell’inestricabile legame che ci fa autentici ricordandoci chi veramente siamo stati, non è auspicabile doverosa attività dello spirito? O forse, più semplicemente, che testimoniare l’esigenza di verità è divenuta un optional? O non sarà per caso che la mafia, questo sdrucciolare continuo dal sistema di responsabilità al sistema delle più squallide rutilanti convenienze, non è ancora una chiave di lettura plausibile di questo nostro Paese?

E dire che la tagliente sottigliezza sciasciana, la sua ironia e lucidità, finanche la sua provvidenziale “contraddittorietà” erta a simbolo dell’eterna lacerante contraddittorietà umana, avrebbero dovuto insegnarci, almeno, se non altro, a rifuggire proprio dalle facili mistificazioni, dai facili fraintendimenti, dall’incombenza di parziali vedute, dai retaggi delle strumentalizzazioni modaiole.
E su quali presupposti, mi chiedo, se non quelli indagati da Sciascia e nelle sue opere forgiati, sarebbe possibile costruire un simulacro di “coscienza”? un senso di appartenenza alla razionalità umana? le ragioni di una civile comunità di individui? un’autentica coscienza di siciliani? Niente. Siamo esattamente al punto di partenza: quando la cecità o la vanità, fate voi, si mostrano più forti dell’acume della comprensione.
L’importante, al solito, è dimenticare al più presto, rinnovare frettolosamente l'arredamento scaraventando il povero Bendicò dalla finestra, smantellare tutto per non smantellare infine un accidente. Tant’è; per quanto mi riguarda le affermazioni di Sgalambro sembrano appartenersi più alle posture da palcoscenico che al rigore della critica, e sono semmai l’empirica banalissima dimostrazione di quanto bisogno ci sia ancora di Leonardo Sciascia; e di quanto ci manchi.

Filippo Martorana





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