‘U zu Carmine e Ciccineddu a vendemmiare
Data: Domenica, 10 novembre 2013 ore 08:00:00 CET
Argomento: Redazione


E finalmente venne il tempo della vendemmia! La vigna do’ zu Carmine, ubicata vicino al paese nebroideo, in contrada "Lastra", nella zona della biviratura, era impiantata con filari di pergolati e intercalata con alberi di pero e fico. ‘U zu Carmine e ‘Gnaziu, con le rispettive famiglie, e gli immancabili Ciccineddu, il giovane asino, e Titina, la cagnola, si recarono, di prima mattina, attraverso la trazzera che conduceva alle Ciappe, nel vigneto per raccogliere l’uva, cògghiri ‘a racina. Per vendemmiare, i due compari, avevano portato tutto l’occorrente, i panari, le ceste piccole, ‘i cannistri, le ceste grandi, ‘i cufina. Le ceste, appena riempite, venivano caricate in groppa a Ciccineddu che, felice di rendersi utile, le trasportava al vicino palmento, dove c’era ‘Gnaziu, rimasto ad aspettare, dopo il primo carico d’uva.

Il palmento, ubicato vicino la casa do’ zu Carmine, aveva due ingressi, uno principale, ed un altro che serviva per scaricare i recipienti pieni d’uva, in prossimità del quale c’era una grande vasca, dove l’uva veniva ammassata per essere pestata a piedi nudi. Successivamente il succo d’uva, ‘u mustu, veniva fatto scolare in un’altra vasca per farlo “riposare”. Intanto, nella prima vasca, dov’erano state scaricate le ceste piene d’uva, era iniziato il “rito” della “pistata da’ racina”, ‘Gnaziu, a piedi nudi, cominciò a “pestare” i grappoli d’uva, aiutato dal suo figlio primogenito. Mentre il giovane Gaetano conduceva il fido Ciccineddu in un continuo via vai, tra il palmento e la vigna, seguito, festosamente, dalla cagnola Titina.

Anche le donne di casa avevano il loro… “bel da fare”! Santa seguiva il marito al palmento, mentre la moglie do’ zu Carmine e le figlie, con le forbici in mano, strappavano, tagghiàunu, i grappoli d’uva che depositavano nei canestri, ‘i panara. E non veniva neppure tralasciato di dissetare il fedele Ciccineddu, nella vicina biviratura, accanto alla vigna, né di riempire d’acqua fresca le brocche, i bùmmuli, per ristorare i lavoranti. A mezzogiorno tutti smisero di lavorare, si riunirono nella casa do’ zu Carmine, vicino al palmento, per riposarsi e consumare un frugale pasto.

Anche Ciccineddu, accovacciato nella stalla, ebbe una buona porzione di paglia e di fave secche, ‘na junta, così come Titina, che consumò il suo cibo, accanto all’amico Ciccineddu. Finito il pranzo, l’asino e la cagnola, vennero accompagnati da Gaetano alla biviratura della gebbia, ubicata sotto la timpa Abate. Poi Ciccineddu continuò a trasportare le ceste d’uva, i cannistri, al palmento, dove ‘Gnaziu e suo figlio pestavano i grappoli nella prima vasca, mentre il mosto scolava nella seconda vasca. Man mano che i grappoli e gli acini d’uva venivano pestati si toglievano dalla vasca di pestatura per essere messi nell’apposito torchio per essere “strizzati” ancora di più, così da poter raccogliere l’ultimo succo, mentre la vasca di pestatura veniva riempita dalla nuova uva.

Finito il lavoro di raccolta, ‘a cugghiuta da’ racina, il mosto venne lasciato riposare per un’intera notte nella seconda vasca, per poi essere messo nelle grandi botti della cantina per farlo fermentare. Terminata la vendemmia, e il lavoro nel palmento, la “chiurma” si sciolse. ‘U zu Carmine e ‘Gnaziu ritornarono ai loro “consueti” lavori agricoli, ma le due famiglie continuarono a frequentarsi sempre di più, e lo stesso fecero Ciccineddu e Titina che aspettavano le uscite, ‘i nisciuti, per stare insieme. Intanto era giunto San Martino, per gustare salsiccia, castagne… e il nuovo vino!

Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it





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