Se i laureati in Scienze della Comunicazione non possono insegnare Teorie della Comunicazione
Data: Giovedì, 07 novembre 2013 ore 06:30:00 CET Argomento: Opinioni
Premessa: noi laureati in "Scienze della
Comunicazione" non abbiamo
sindacati, portavoce, o addetti stampa, per cui siamo costretti a
comunicare con i media e con le Istituzioni individualmente. Peraltro,
essendo giornalista pubblicista, mi accollo l'onere di comunicare con i
media.
Sono state fatte tantissime riforme universitarie, tuttavia, la riforma
delle nuove classi di insegnamento, riforma che avrebbe potuto
migliorare la qualità dell’insegnamento, rendendo più tecnici gli
Istituti Tecnici, non è stata ancora fatta. Si è parlato tanto e a
sproposito della laurea in “Scienze della Comunicazione”, nessuno ha
detto, però, qual è il vero problema di tale laurea.
Si, è vero non vi è un link fra università e lavoro, ma questo problema
vale per tutte le lauree italiane, anche gli ingegneri spesso non
studiano “Autocad” durante il loro percorso accademico…
Molti laureati in facoltà scientifiche, se non fosse per
l’insegnamento, sarebbero disoccupati, parlo dei laureati in Scienze
Biologiche, Matematica, Scienze Geologiche ecc…
Esiste una materia “Teorie della Comunicazione”, obbligatoria in tutti
gli Istituti Tecnici in Grafica e Comunicazione. Anche ad Adrano
l’Istituto Tecnico “Branchina” ha attivato tale indirizzo di studio,
eppure, per i laureati in “Comunicazione” non è cambiato nulla.
Attualmente per insegnare “Teorie della Comunicazione” bisogna avere i
requisiti per accedere alla classe di insegnamento 36/A
“Filosofia, Psicologia e Scienze dell’Educazione”.
Per potere accedere alla classe di insegnamento 36/A bisogna essere
laureati in “Scienze della Formazione”. Detto questo, chi insegna
attualmente “Teorie della Comunicazione”, probabilmente non conosce
McLuhan, non sa cos’è la “Bullet Theory” e probabilmente non conosce
neanche la differenza che c’è fra codice e messaggio.
Insomma, si parla tanto di scarsità dell’offerta formativa, ma, nessun
giornale ha approfondito tale problematica che inesorabilmente produrrà
un deficit culturale e professionale senza precedenti. Chi esce dagli
“Istituti in Grafica e Comunicazione”, in pratica, non avrà una
formazione mirata. Va detto che i comunicatori, che hanno sostenuto nel
loro percorso accademico diversi esami, teorici e pratici, inerenti la
comunicazione, potrebbero garantire agli studenti di questi istituti
un’istruzione decente e coerente col percorso scelto e, forse, anche un
futuro lavorativo più roseo.
Va detto che qualche anno fa si era parlato della creazione di nuove
classi di concorso, si era parlato della classe di concorso “Teorie e
Tecniche della Comunicazione” (classe A-58), alla quale potevano
accedere esclusivamente i laureati in “Scienze della Comunicazione”.
Ad oggi, nessuna riforma universitaria ha portato alla creazione di
tali nuove classi di concorso, i giornali criticano spesso i politici,
però, a questo tema, fondamentale per la formazione dei giovani e per
il miglioramento dell’offerta formativa nessun giornale si è
interessato.
Detto questo se qualche mio collega giornalista volesse prendere spunto
dal pezzo per scrivere un articolo sul tema ben venga, credo, infatti,
che i giornali debbano dare spazio, non solo alle polemiche, ma anche
alle proposte costruttive.
Va detto anche che i sindacati sono contrari, per non si sa quale
motivo, alla formazione di questa nuova classe di insegnamento Su
questa visione dei sindacati mi chiedo perché i gruppi parlamentari non
abbiano ancora proposto un'interrogazione parlamentare.
Insomma, è vergognoso che questo Paese anche nei punti nevralgici posso
diventare ostaggio dei sindacati. I sindacati, avendo tolto dalla bozza
delle nuove classi di insegnamento quello in "Teorie della
Comunicazione", stanno uccidendo la scuola e la formazione italiana,
questo va detto, anche i sindacati, però, possono rivedere le loro tesi
re-inserendo questa nuova classe di concorso nella bozza.
Dario Milazzo
dario.milazzo@alice.it
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