Perchè Sylvia Plath?
Data: Lunedì, 04 novembre 2013 ore 06:30:00 CET
Argomento: Redazione


Perchè Sylvia Plath? Perché ho scoperto che sono 50 anni dalla sua morte: un triste anniversario, ma buono per ricordare la sua potenza poetica. Ho scelto la poesia “Malato di insonnia” perché mi piace.
Sylvia Plath nacque a Boston nel 1932, da padre entomologo, di origine tedesca e madre casalinga. Fu una studentessa brillante, iniziò subito a scrivere, vinse di versi premi. Uno di essi la portò a New York, l'esperienza fu tragica, tornata dalla città, frenetica e vuota, non riusciva più a mangiare, dormire e scrivere. Tentò il suicidio, fu salvata e fu ricoverata in manicomio. La psicoterapia e gli elettroshock le consentirono di riprendere una vita normale. In seguito a una borsa di studio si recò a Cambridge, dove incontrò il poeta Ted Hughues e lo sposò. Gli diede due figli. In un primo tempo tentò di conciliare la sua prepotente vena poetica coi doveri di moglie e madre, poi, anche a causa della sua fragilità e sensibilità, avvenne il crollo in concomitanza col fallimento del matrimonio.

Tradita, lasciò il marito, portandosi i figli, fu questo però il periodo di massima espressione creativa; purtroppo l'angoscia di esistere ebbe il sopravvento e un giorno del 1963, dopo aver mandati i figli dai vicini, sigillò porte e finestre della sua casa con nastro adesivo, scrisse l'ultima poesia "Orlo", aprì il gas, infilò la testa nel forno e si tolse la vita.

Nella poesia Malato di insonnia, già dall'incipit le immagini sono stranianti, inquietanti:

- il cielo notturno come carta-carbone;
- la luce delle stelle come quella d'un bianco d'ossa.
L'insonnia, diversa dalla veglia solitamente scelta e operosa, è solitudine e sofferenza; è fastidio come dei granelli di sabbia.

Perché l'insonnia?
- Perché ossessivamente l'insonne rivede la sua vita, la sua giornata come in un film;
- il film non è drammatico, ma imbarazzante e soprattutto ripetitivo, noioso;
- non si salvano nemmeno l'infanzia, l'adolescenza che sono definite "appiccicose di sogni".

Come vincerla? Il '900 è una pillola:
- pillole come zuccheri-pianeti (strana similitudine!)
- le pillole danno dolci, storditi risvegli, dunque un vita, non-vita;
- ormai anche le pillole sono vane! L'insonne è totalmente esposto e nudo: fortissima è la parola "spalpebrata": gli occhi sono ostinatamente aperti sul mondo.

Com' è la notte per l'insonne?
- piena di rumori: i gatti bercianti
- piena di attesa per il giorno che però altro non è che un "bianco disagio", un disagio che nasce dalla futilità e dalla ripetitività della vita; in un mondo di persone in fila, tutte uguali, tutte con occhi vacui... che abbiano dormito o meno!
La notte dell'insonne ha perso la magia, perché ricolma del bianco disagio della quotidianità.
 

Il cielo notturno è una carta-carbone neroblù,
Con le orbite a lungo riattizzate delle stelle
Filtranti la luce, spiraglio a spiraglio -
Luce d'un bianco d'ossa, come la morte, al di là di tutto.
Sotto gli occhi delle stelle e il rictus della luna
Egli patisce il suo guanciale deserto, l’insonnia
Sparge per ogni dove i suoi granelli di sabbia.

Ossessivamente si replica un vecchio, sgranato
Film di imbarazzi -giorni uggiosi
D'infanzia e adolescenza, appiccicosi di sogni,
Facce parentali su alti steli, severe o piangenti,
Un verminoso roseto che lo faceva strillare.
La sua fronte è bozzuta come un sacchetto di sassi.
Dive obsolete, i ricordi competono per l'inquadratura.

È assuefatto alle pillole: rosse, vermiglie, azzurre -
Quanto gli confortarono la noia di sere prolungate!
Quei zuccherosi pianeti la cui influenza gli valse
Un po' di vita ribattezzata non-vita,
E i dolci, storditi risvegli da infante senza memoria-
Le pillole sono ormai vane, come gli dei del passato.
Più non gli giovano i loro papaverosi colori.

La sua testa è un angusto interno di grigi specchi.
Ogni gesto si snoda di colpo in una serie
Di prospettive in decrescendo, e il suo senso
Fuoresce come acqua da un buco all'estremità.
Esposto in mostra: lui vive in una stanza spalpebrata,
Le nude fessure degli occhi spalancate in permanenza
Su un accendi-e-spegni infinito di situazioni.

Per tutta la notte in cortile gatti invisibili
Berciavano come comari o strumenti scordati.
Egli ormai vede il giorno, il suo bianco disagio
Che spunta col suo carico di futili ripetizioni.
La città è una mappa di gioviali pigolìi, adesso;
Tutti con occhi vacui dai riflessi di mica
Vanno in schiera al lavoro, come dopo un lavaggio del cervello.

Maria Rosa Pantè
mrpante@libero.it





Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org

L'URL per questa storia è:
http://www.aetnanet.org/scuola-news-2483901.html