‘U zu Carmine e ciccineddu alla raccolta delle mandorle
Data: Venerdì, 01 novembre 2013 ore 08:00:00 CET Argomento: Redazione
E venne il tempo della
raccolta delle mandorle, in contrada “Ciappe”, e siccome il lavoro era
lungo e faticoso, ‘u zu Carmine, insieme a Ciccineddu, e ‘Gnaziu, con
sua moglie, il loro primogenito, e Titina, si trasferirono, per un paio
di giorni, in campagna. La “chiurma”, arrivata alle Ciappe, dopo aver
rassettato la casotta, si diede da fare per preparare il lavoro di
raccolta, ma prima, Gaetano, il giovane figlio do’ zu Carmine con il
primogenito di ‘Gnaziu, insieme a Ciccineddu e a Titina, si avviarono
alla fontana, vicino al fiume, per dissetarsi e riempiere i bùmmuli e
le brocche. Ciccineddu venne lasciato libero di brucare l’erba, mentre
Titina, scodinzolando con gioia, “sorvegliava” l’intera compagnia. Il
terreno delle Ciappe, che si dipartiva dal piccolo torrente e
costeggiava il fiume fin sopra la casotta, era quasi interamente
ricoperto da alberi di mandorlo, poi vi era qualche filare di
pergolato, ed infine degli alberi di fico e di pero.
La piantagione produceva mandorle con la buccia tenera, ‘i mènnuli
muddisi, con la buccia a forma di noce, ‘i mènnuli nuciddari, e
mandorle amare. ‘U zu Carmine, con sua moglie Nunziata, e i figli
Maria, Concetta e Gaetano, e ‘Gnaziu, con sua moglie Santa ed il loro
primogenito adolescente, incominciarono la raccolta dalla parte più
bassa del terreno, più vicina al torrente. Avevano approntato tutto, le
scale, i teli, ‘i tiluni, le pertiche, ‘u ramazzu, i sacchi; iniziarono
a “carramari”, “scutuliari”, ogni albero per fare cadere le mandorle
sopra i teloni per poi raccoglierle, metterle nei sacchi di juta e
portarle sull’aia, davanti alla casotta, dove erano pronte le donne,
Nunziata e Santa, per pulirle e sgusciarle, cioè togliere la “scòrcia”
che le ricopriva.
‘A carramata era un “rito” riservato solamente agli uomini, ‘u zu
Carmine e ‘Gnaziu con delle lunghe e appuntite pertiche di legno
battevano le cime degli alberi per far venire giù il frutto e, alla
fine, se ne rimanevano ancora, si servivano di lunghe scale per
rastrellarle e fare cadere quelle rimaste. Intanto, Ciccineddu
continuava a brucare, con accanto Titina, e tutti e due guardavano il
lavorio dei loro padroni. Poi venne l’ora del pranzo e la “chiurma”
smise la raccolta, si riunì sotto l’albero di fico, vicino alla
casotta, dove vi era un tavolo con dei ceppi di legno, ‘i fullizza,
costruiti do’ zu Carmine con arbusti di “ferla”, che servivano da
sgabelli. Gaetano ed il figlio adolescente di ‘Gnaziu accompagnarono
Ciccineddu alla fontana per farlo bere, con Titina, che li “scortava”
festosamente. Finito il pranzo, dopo un breve riposino, ritornarono al
lavoro fino all’imbrunire.
A fine giornata la comitiva consumò una frugale cena, sempre davanti la
casotta, sotto l’albero di fico. Anche a Ciccineddu venne dato un bel
mucchio di fave secche, ‘na junta, ed anche Titina consumò festosamente
il suo desinare. Poi Ciccineddu e Titina ritornare alla fontana per
bere, sempre accompagnati da Gaetano e dal giovane figlio di ‘Gnaziu,
ed infine, vennero sistemati nella stalla. La “chiurma” si preparò per
la notte, nelle Ciappe si sentiva il rumore dell’acqua del torrente e
nel silenzio si poteva ascoltare anche lo scroscio dello “sgrìccio”
della fontana. L’odore della campagna, il fruscio del vento che alitava
sugli alberi e sulla casotta, erano come un balsamo, utile per
assaporare il riposo, e rilassarsi in assoluta tranquillità. Anche
Ciccineddu e Titina “gustarono” quella quiete. L’indomani di buon
mattino ritornarono tutti al “lavoro usato”.
La “campagna delle mandorle”, in contrada Ciappe, durò per un paio di
giorni, poi dopo averle pulite, sgusciate, ed averle messe ad asciugare
dentro la casotta, ‘u zu Carmine, con la sua famiglia, e Ciccineddu, e
‘Gnaziu, con sua moglie ed il loro figlio adolescente, e la cagnola
Titina, si avviarono al paesino nebroideo per far rientro nelle loro
case, ma a Ciccineddu e Titina non fecero mancare la consueta
passeggiata, ‘a passiata, alla vicina biviratura della Gebbia per farli
bere. Tutti e due, Ciccineddu e Titina, già pregustavano la prossima
uscita, ‘a nisciuta, insieme ai loro padroni, aspettavano quei preziosi
momenti per stare insieme, e già solo al pensiero si sentivano
rinfrancati e motivati, come… le loro due famiglie, do’ zu Carmine e di
‘Gnaziu.
Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it
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