Case d’altri tempi… chiuse o aperte?
Data: Domenica, 27 ottobre 2013 ore 08:30:00 CET
Argomento: Redazione


Basta fare un giro lungo la strada statale Catania-Gela, nel Lungomare di Catania, da piazza Europa a via Acquicello Porto, o in molte altre zone della città, la Stazione centrale o la circonvallazione, per ritrovarle invase da “donnine di malaffare”; spesso le trovi ai bordi delle strade, truccate pesantemente, che esibiscono i loro corpi seminudi, come merce da esposizione, le guardi un attimo negli occhi, e ti accorgi che sono poco più che bambine; donne bellissime, d’origine africana, sudamericana, o dell’est Europa, che forse per scelta, ma molto spesso perché obbligate, si ritrovano a prostituirsi, loro malgrado, sfruttate, violentate nel corpo e nell’anima dalla crudeltà degli uomini, che per meri interessi calpestano la dignità dell’essere umano (donna o uomo).
Un rifornimento di benzina, una stradina poco illuminata, o la desolata Piana di Catania, diventano posti per abbordare uomini, che cercano in questi incontri fugaci, momenti di piacere.
L’unica forma di protezione è il classico ”preservativo”, ma in un susseguirsi di prestazioni quali forme di igiene possono garantire? Come vengono tutelate queste donne?
Alcune volte vengono derubate, picchiate o uccise, se non dai loro “protettori”, o meglio sfruttatori, anche da clienti che approfittano della loro debolezza per fare quello che vogliono, delle vere “cavie” da macello alla mercé del più forte. Ma loro continuano ad offrire le loro “prestazioni” sulle nostre strade e su quelle di ogni città d’Italia, sotto l’indifferenza di tutti. Tanto alla fine la gente si abitua a tutto! E anche loro, fanno ormai parte… del paesaggio, come i lampioni, i cartelloni pubblicitari, le aiuole!
Spesso qualche gruppo di benpensanti protesta, perché trova riprovevole rientrare a casa, di sera, e ritrovarle semi nude lungo il percorso; le mamme non sanno come spiegarle ai loro figlioletti e trovano sconcertante che dei bambini debbano confrontarsi con queste realtà.
La famosa legge Merlin, entrata in vigore nel 1958,  che proibiva l’utilizzo di “case chiuse” e che introduceva il “reato di prostituzione”, perseguibile  dalla legge, era nata dall’idea di ridare “dignità” alla donna. Ma il risultato è stato realmente raggiunto? È dignitoso vedere donne sfruttate e schiavizzate senza nessuna forma di tutela? Sappiamo benissimo che lo Stato non tutela in alcun modo le donne, perché, dall’entrata in vigore della legge, non ha effettivamente proposto nessuna alternativa valida, quando, secondo me, andavano supportate, economicamente e socialmente. E invece, sono state, e sono tuttora, abbandonate a se stesse.
Si muovono in tal senso solo strutture sociali di ordine religioso, ma evidentemente non basta. La prostituzione è una piaga sociale troppo difficile da estirpare, ci sono troppi interessi economici in ballo che coinvolgono sfruttatori e mafiosi.
Alcuni movimenti femministi degli anni 60/70, portavano in giro lo slogan: “Il corpo è mio e lo gestisco io!”, nel senso che le donne volevano essere padrone di se stesse. Ma le donne che sono costrette a prostituirsi sono realmente padrone del loro corpo?
E se per il principio completamente opposto, io donna, decidessi di utilizzare volontariamente e senza costrizione alcuna il mio corpo per dare e ricevere piacere perché non poter esercitare questo diritto?
Certo, basta farlo gratis,… altrimenti diventa reato!
La mia vuole essere una domanda provocatoria, in ogni caso non sarebbe meglio se si riaprissero delle case di appuntamento, le case “d’altri tempi”, gestite e regolamentate dallo Stato, dove almeno la donna può essere aiutata e controllata, se ne avesse bisogno? In molti stati dell’Europa occidentale la prostituzione è legalizzata, mentre, invece, il favoreggiamento, lo sfruttamento, l’induzione o il reclutamento, sono illegali, e, quindi, perseguibili dalla legge.
Regolamentare la prostituzione sarebbe un “atto di retrocessione” per la nostra civiltà o un modo per tutelare la donna?
Meglio prostituirsi lungo i marciapiedi delle nostre strade o in case protette?
 
Ins. Natalia Rizza





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