Critica semantica strutturale. Seconda puntata, di Nuccio Palumbo
Data: Venerdì, 18 ottobre 2013 ore 07:45:00 CEST
Argomento: Redazione


Dal momento che l'opera d'arte è creata, essa è un qualcosa di profondamente nuovo e diverso, un organismo autonomo che trova in sé la ragione intima della sua validità poetica. Non interessa più conoscere la psicologia del suo autore, i condizionamenti sociali storico- culturali del suo tempo ecc. ecc. Lo strutturalismo critico, a differenza del metodo estrinseco genetico usato da certi critici marxisti, trascura i fattori allotri all'opera d'arte ai fini della sua valutazione. Eliot, respingendo le motivazioni del metodo genetico diceva che: "Quando nasce una poesia è accaduta una cosa nuova che non può essere spiegata interamente da qualsiasi cosa accaduta prima". (Sulla poesia e sui poeti, passo citato da A. Guiducci, Dallo zdanovismo allo strutturalismo. Ed. Feltrinelli,1967).

In sintesi possiamo ridurre a tre i presupposti da cui muove il metodo strutturale:

a) Che l'opera letteraria è una forza strutturante; un sistema costituito da una solidale coordinazione, da una interazione e tensione dinamica di parti, in ciascuna delle quali è il senso del tutto;

b) Che l'opera si identifica con il linguaggio;

c) Che questo linguaggio non è sostanzialmente comunicativo bensì un modo di comunicare.

Detto in questo modo, può sembrare che lo strutturalismo neghi la storia, e consideri la genesi i della poesia, e in genere di ogni opera d'arte, come un fiore di serra, avulsa dal contesto storico-sociale.
Ma non è così. La critica strutturalistica non ha nulla da spartire con il formalismo estetizzante di marca idealistica, o con qualsiasi altro tipo di forma classica "statica" e "universale". La "forma", ovvero la "struttura", ha sempre una sua temporalità in quanto partecipa dei "valori semantici della lingua e degli spostamenti di questi valori nel tempo della storia, secondo la tradizione più o meno lenta del sistema linguistico nei suoi vari aspetti. Partecipa delle vicissitudini della storicità che modificano il sistema linguistico stesso..." (A. Guiducci, op. cit.)

Del resto, il "puro sincronismo" - lo riconosce lo stesso Jakobson- è una "illusione", e non si possono fare - sostiene Lèvi -Strauss - buone analisi strutturali se non si fanno buone analisi storiche. Come dire: sul piano dell'analisi critica tra strutturalismo e marxismo non esiste alcuna incompatibilità; c'è soltanto una fondamentale distinzione di competenze. Forse, in definitiva, non sarebbe male, per una visione più completa delle cose, integrare i due metodi e le due dimensioni, come ci suggerisce Jean Starobinskj, secondo cui l'opera d'arte è sempre il frutto dell'attività di un uomo, vissuto in una situazione determinata, con determinate intenzioni o finalità, connesse a un sempre operante impegno , esplicito o implicito. L'opera d'arte è sempre il frutto di una "coscienza strutturante". Ed è come dire che lo stesso mondo esterno (storico-sociale) e tutti gli elementi cosiddetti "allotri", attraverso la mediazione della personalità dell'autore, si sono calati nella struttura dell'opera, ossia in un particolare prodotto dell'uomo che si realizza attraverso leggi fono-semantiche osservabili e determinabili che sono appunto le leggi del linguaggio poetico.


Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com





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