La lenta eutanasia di un concorso impossibile
Data: Mercoledì, 25 settembre 2013 ore 07:00:00 CEST
Argomento: Opinioni


Quando il Consiglio di Stato, l’11 luglio 2013, ordinò la ricorrezione degli scritti non immaginava neppure su quale verminaio mefitico si sarebbe svolta la riedizione della procedura concorsuale lombarda. Nell’aprile 2012 centinaia di candidati si erano recati, furiosi, agli attoniti uffici dell’USR della Lombardia a richiedere l’accesso agli atti. Tra di loro, 102 avrebbero iniziato un ricorso giurisdizionale amministrativo che, di lì a poco, avrebbe portato all’annullamento del concorso. Altre 200 persone avevano ottenuto la copia degli atti e poi avevano rinunciato a ricorrere. Nella compulsiva richiesta di atti amministrativi, i funzionari dell’USR avevano intravisto i barlumi di un ricorso di massa che avrebbe creato grosse difficoltà all’amministrazione lombarda. Molti candidati oltre a chiedere l’accesso ai propri elaborati richiesero anche, ai sensi della L. 241 - 1990, la copia degli elaborati di tutti i candidati idonei e l’amministrazione, in ottemperanza a un disposto giurisprudenziale, consegnò a ciascuno di loro 20 elaborati, 10 della prima e 10 della seconda prova. Altri candidati chiesero, attraverso il meccanismo delle deleghe multiple, svariate decine di compiti.

Nei normali concorsi pubblici gli elaborati, non appena conclusi, sono inseriti in buste che li rendano invisibili a tutti. Gli stessi candidati non possono più accedere al loro elaborato, né conservarne copia, né conoscerne le prime righe al fine di evitare eventuali abusi. Qui, invece, centinaia di compiti, che dovevano restare segreti, finirono nelle mani di quanti chiesero l’accesso agli atti. Poi furono letti e analizzati da decine di persone, furono fotocopiati, viaggiarono via e-mail e attraversarono la rete internet. Un elaborato, ricco di disegnini che non sono passati inosservati, fu persino pubblicato su un quotidiano a tiratura nazionale. Adesso si teme, con cinica disillusione, che i docenti inondino la rete e i social network degli elaborati in loro possesso.

Insomma appare evidente che, per troppi motivi, queste prove scritte abbiano perso i crismi della segretezza imposti dalla procedura concorsuale. Tanto che il 23 luglio 2013 la portavoce degli idonei, Amanda Ferrario, scrisse che in quelle settimane “i compiti passavano da un corridoio all'altro senza sigilli e aperti, ormai, perché corretti” (*1). E’ vero quei compiti dal 19 aprile 2012 erano “senza sigilli” e “aperti”. Ma se fosse vero che giravano “da un corridoio all’altro” nuovi, inquietanti interrogativi si porrebbero. Possono essere certi i candidati che nessuno li abbia sbirciati, fotocopiati o sostituiti? O esiste la possibilità anche “astratta” che questo sia accaduto?

Poi un altro fatto. Forse il vulnus peggiore per la procedura concorsuale. Il 19, 24 e 25 luglio il MIUR inviò a Milano le dott.sse Palumbo, Tozza e Rosati per la ricostituzione dei plichi contenenti le prove scritte. Esse iniziarono a lavorare presso l’USR della Lombardia e poi si spostarono all’ITSOS “Albe Steiner” di Milano. Il Consiglio di Stato aveva previsto che 10 candidati assistessero alla ricostituzione dei plichi. Un numero, di norma, elevatissimo. Tuttavia, per il clima di guerra in atto, la quantità di candidati che chiese di presenziare al reimbustamento fu talmente grande che l’USR incaricò una società di Milano, la Evimedia Studio, di riprendere le operazioni di ricostituzione dei plichi con video in diretta streaming.

I 900 candidati che seguivano le operazioni su internet avevano la possibilità di scaricare i filmati andati in diretta streaming? Era possibile, da un punto di vista tecnico, salvare sul proprio computer i file con le operazioni del reimbustamento? Se la risposta fosse affermativa, come crediamo, si aprirebbe una questione assai peggiore di quella delle buste trasparenti. Una questione probabilmente mortale per il concorso. Attraverso un banale fermo-immagine chiunque riuscirebbe a leggere ciascun elaborato e ad abbinarlo al nome del candidato che era letto ad alta voce dalle ispettrici del ministero e che era anch’esso leggibile.

Finirà mai questa riedizione del concorso? I dubbi sono realisticamente troppi. Anche perché qualsiasi candidato uscito idoneo nella prima tornata concorsuale, se bocciato, farebbe certamente ricorso al TAR. Con ogni probabilità ricorreranno anche gli ex-ricorrenti che da un anno e mezzo rivendicano la bontà dei propri elaborati e che hanno costruito rapporti collaudati e amichevoli con gli studi legali che li hanno fatti vincere. A essi si aggiungerebbero molti candidati che non hanno fatto ricorso, ma ora hanno scaldato i motori e vogliono essere della partita. Insomma stavolta i ricorsi non sarebbero più 102, ma un multiplo letale.

Qualche genio dice che i ricorsi sarebbero evitabili attraverso una ricorrezione blanda che garantisca il 21/30 a quasi tutti i candidati e che rinvii la selezione agli orali. Ma la selezione agli orali, in cui i candidati sono riconoscibili, porterebbe la tensione alle stelle. Molti temono l’atteggiamento dell’amministrazione. Ricordano le frasi pronunciate dal dott. De Sanctis, in campagna elettorale (*2). L’amministrazione non voleva dei dirigenti, ma “quei dirigenti” e per assumerli avrebbe fatto “pressioni anche irrituali” sul Consiglio di Stato. Un orale in queste condizioni sarebbe militarizzato. Molti candidati esigerebbero, con correttezza e in punta di diritto, l’assoluta uguaglianza di trattamento tra tutti i 996 candidati e nella sfiducia collettiva chiederebbero la presenza degli avvocati alle prove orali di tutti i candidati.

Inoltre è difficile immaginare che la commissione si pieghi al progetto di promuovere tutti agli scritti per bastonare i “ciucci” all’orale. Una promozione di massa, volta a evitare i ricorsi, sarebbe un “unicum” nazionale. Sarebbe di fatto un concorso-truccato che, al pari di quanto accaduto in Sicilia (*3), sposterebbe la procedura concorsuale sotto la lente d’ingrandimento della procura della repubblica. E stavolta l’annullamento della procedura avverrebbe al ritmo tetro del tintinnio dei ferri.

In tutta questa situazione, con un concorso dagli esiti così incerti, sorprende che l’amministrazione non si adoperi per preparare un “Piano B” di uscita, una seconda soluzione al parossistico caso lombardo. Mentre si dà attuazione alla delibera del Consiglio di Stato e si cerca di rianimare un concorso, che appare pervaso da numerose metastasi, cosa si può fare, parallelamente, per evitare che tutto precipiti nel decesso della procedura concorsuale?

L’inerzia della Lombardia accresce gli appetiti delle altre regioni. I candidati lombardi affilano le armi per l’autodifesa. Numerosi gruppi segreti su Facebook studiano strategie, fanno previsioni, organizzano associazioni professionali, passano al setaccio i curricula vitarum di improbabili commissari. Nelle altre regioni si opera serafici. L’8 agosto 2013, mentre il Consiglio dei Ministri approvava un Decreto Legge D’Alia spurgato da provvedimenti per le scuole lombarde, gli idonei del Lazio protestavano dentro il Ministero dell’Istruzione per chiedere che le scuole lombarde fossero assegnate a loro, almeno temporaneamente. Come recita la saggezza popolare: “Tra i due litiganti il terzo gode”.

Giorgio Ragusa
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