Quota 96, gli 'esodati della scuola' esclusi dal decreto legge del governo
Data: Giovedì, 12 settembre 2013 ore 21:06:44 CEST Argomento: Rassegna stampa
Li chiamano “esodati
della scuola”. I cosiddetti “quota 96“, in realtà, sono un’altra cosa.
Ma pure loro sono vittime della riforma Fornero, che ha cancellato i
diritti acquisiti di migliaia di lavoratori, costringendoli a rimanere
in servizio nonostante avessero già inoltrato la richiesta di
pensionamento. Un pasticcio che risale ormai a più di un anno fa. E per
cui una soluzione non è stata ancora trovata, nonostante tante
promesse: i “quotisti” sono stati esclusi anche dall’ultimo,
attesissimo decreto legge sulla scuola. Nelle ultime settimane le voci
di uno stralcio si erano fatte sempre più insistenti. Fino all’annuncio
dell’esclusione, fatto il 5 settembre da Manuela Ghizzoni, deputata Pd
che segue da tempo la questione e ha parlato di “schiaffo ai diritti
dei lavoratori”. Poi, con la presentazione del decreto, è arrivata la
conferma.
I pensionandi restano bloccati in servizio dalla Fornero, che ha
abolito la “quota 96” da cui prendono nome. Prima del provvedimento
varato dal governo Monti, infatti, il requisito per andare in pensione
nel mondo della scuola era il raggiungimento di questa cifra, tra età
anagrafica e contributiva (partendo da un minimo di 60 anni di età e 35
di servizio). Molti docenti, a ottobre 2011, avevano già fatto domanda
di pensionamento perché avrebbero conseguito la quota entro la fine
dell’anno scolastico. Ma la riforma Fornero ha azzerato tutto: alcuni
di loro (specie fra gli uomini) adesso dovranno aspettare anche 5-6
anni.
Il problema è non aver tenuto conto della specificità del mondo della
scuola, in cui l’unica unità di misura è l’anno scolastico e non quello
solare. Rispetto agli altri dipendenti pubblici, infatti, i lavoratori
della scuola hanno un’unica finestra di uscita previdenziale: possono
andare in pensione solo tra il 31 agosto e il primo settembre, vista la
necessità di non lasciare una classe a metà anno. Per questo le riforme
pensionistiche hanno sempre riservato un capitolo ai dipendenti della
scuola. Non quella Fornero, però, che anche per loro ha fissato il
termine per la maturazione dei requisiti al 31 dicembre 2011 (fine
dell’anno solare) e non al 31 agosto 2012 (fine dell’anno scolastico).
La svista è stata riconosciuta più volte e da più parti. Il Partito
Democratico si era fatto carico della questione, facendone addirittura
uno dei punti del programma di governo per il settore scuola: “Occorre
permettere il pensionamento di quanti (docenti e Ata) sono rimasti
‘impigliati’ nella riforma Fornero, in particolare sanando
l’ingiustizia subìta dai lavoratori della scuola della cosiddetta quota
96”, si legge ancora nel manifesto che ha sostenuto la candidatura di
Bersani. Per questo “l’esclusione dal decreto legge sulla scuola da
parte di un governo capeggiato proprio dal Pd è stata una delusione
enorme”, spiega Giuseppe Grasso, professore romano e membro del
“direttivo quota 96″. E anche la stessa deputata democratica Ghizzoni
ha parlato di “vulnus alla credibilità del Pd”. “Siamo stati
sacrificati sull’altare di altre emergenze – spiegano dal direttivo -,
come i docenti inidonei e gli insegnanti di sostegno. La verità è che i
pensionandi fanno meno notizia di precari e disabili: la coperta era
corta e il governo non ha avuto dubbi su chi scegliere”.
La questione, infatti, è fondamentalmente economica. Per mandarli in
pensione servono decine di milioni, forse centinaia. Quanti, di
preciso, non si sa. Perché non è chiaro neanche quale sia il numero
totale dei “quotisti”: una prima stima del Miur li quantificava in
3500; ma secondo le stime attuariali fornite dall’Inps sono oltre
9mila. Una cifra che il direttivo ritiene esagerata: “Sparano alto per
spaventare il governo e proteggere la riforma Fornero, che per loro è
un dogma intoccabile”. Fossero veri questi numeri, però, il
provvedimento a regime varrebbe almeno 200 milioni di euro. “E la
copertura – aggiunge Ghizzoni – in un momento in cui tante risorse sono
state drenate per la cancellazione dell’Imu, proprio non c’era”.
“Adesso ci hanno assicurato che toccherà a noi”, affermano i “quota
96″. In Parlamento c’è un provvedimento ad hoc (a firma della Ghizzoni)
che riprende il suo iter dopo la pausa estiva. Altre possibilità
potrebbero essere degli interventi all’interno della legge che
convertirà il dl Imu-Cig-esodati (come prospettato da Francesco
Boccia), o della legge di stabilità. Certezze, però, non ce sono: se
non quella che, in ogni caso, i pensionandi passeranno almeno un altro
anno in servizio. La prima cosa da fare – suggerisce Ghizzoni – sarà un
censimento preciso dei lavoratori interessati, per capire le
proporzioni del provvedimento. “Noi, di certo, continueremo la nostra
battaglia”, conclude Grasso.
Sulla questione pende poi la spada di Damocle del giudizio della Corte
costituzionale, che il 19 novembre si pronuncerà sul ricorso presentato
da un insegnante. Se il verdetto sarà favorevole, governo e ministero
non potranno più temporeggiare.
Lorenzo
Vendemiale - Ilfattoquotidiano.it
|
|