L'Oceano del Web
Data: Giovedì, 12 settembre 2013 ore 08:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Oltre le colonne d’Ercole dell’accademia sclerotizzata, della critica asservita, dell’editoria da supermercato, dei premi letterari con televoto e veline, si apre l’oceano del web.
Facile perdersi, naufragare; o arenarsi nelle secche del gossip, dell’improvvisazione, dell’autopromozione. Ma quante isole sconosciute, in compenso, in cui approdare! E in quelle isole, quanti incontri e scoperte, quanti fuochi intorno a cui radunarsi e discutere, per restituire alla letteratura, all’arte, al pensiero, al confronto, il loro senso originario, la loro sconfinata libertà, la possibilità di rinominare la realtà e trasfigurarla.
È l’affrancamento della scrittura da autorità e interessi, è qualcosa di simile al “libero esame” delle Scritture un tempo rivendicato dai protestanti più radicali. Si rischia l’anarchia, ma si guadagna un rapporto finalmente immediato col mondo delle Forme, con gli abissi del Senso.
Con i miei studenti ho varato, nell’ultimo decennio, numerosi blog e tavoli telematici di discussione e reciproco arricchimento: “Letteratura e dintorni”, “Astratti furori”, poi le sezioni del Forum della Facoltà di Lettere e, su Facebook, le pagine dedicate alla mia materia o, nella mia pagina, le mie note corredate d’innumerevoli interventi... Si chiama “web-learning” e consente di raggiungere il singolo allievo oltre l’anonimo muro di volti che ti fronteggia a lezione; e di sollecitarlo a partire dalle sue istanze, dalle sue predilezioni. Ma è molto di più d’una lezione solo un po’ più “democratica”, perché non si può parlare di Dante o di Foscolo senza mettersi in questione e mettere in questione il mondo in cui viviamo, perché commentare Leopardi o Proust significa anche pronunziarsi sui valori, sulle identità, sui destini.
E perciò è naturale che si cominci, magari, da un’ottava dell’Ariosto e ci si trovi a confrontarsi sulle emozioni e sulle riflessioni suscitate da un film visto in cineteca, dalle inedite sonorità d’una rock-band, da una performance teatrale, perfino da un evento sportivo o dai versi d’un amico. E perché non dovrebbe, quella discussione che s’allarga a macchia d’olio, dilatarsi fino a varcare il confine (per alcuni colleghi – e sbagliano! – remoto dai templi del sapere) dell’attualità e del costume, della politica?
È anche di questo che quei testi parlano; è anche a questa responsabilità civile che ci incitano quegli scrittori, che non erano esangui sognatori ma intellettuali e uomini di parte. E tanto più in un paese come il nostro, la cui identità nazionale e la cui fisionomia unitaria, oggi messe in discussione da sbornie revisioniste e maliziose demagogie, furono sognate – e coniate – dai poeti, secoli prima che uomini d’azione (in gran parte essi stessi poeti) le realizzassero.
Così è accaduto che una piazzetta telematica nata per offrire chiarimenti sulle cose che insegnavo si affollasse di utenti e di istanze d’ogni genere, che giovani intelligenze non identificabili dall’esamificio universitario esibissero i loro talenti, che la letteratura aggregasse fino a proporre modelli di confronto intellettuale e di convivenza anche amicale inevitabilmente ignoti alle facoltà, ai sodalizi culturali, agli “eventi” allietati da scrittori di chiara fama.
Ma è anche accaduto che l’Ateneo catanese decidesse, anni fa, di oscurare nella propria rete i siti dei social network. Perdonabile l’intento: impedire ai dipendenti di distrarsi smanettando, o chattando con amici e parenti. Ma imperdonabili il modo (come se per evitare che si vada a prendere un caffè si chiudessero tutti i bar) e l’esito, che è stato quello di troncare un canale di comunicazione innovativo e potenzialmente ricchissimo (e da altre università legittimato e sfruttato) tra docenti e studenti.
Oggi, finalmente, non solo i social network sono stati sdoganati da una nuova leadership universitaria, ma altre finestre mediatiche, come una web-TV, stanno per essere aperte.
L’uso di Facebook, giusto per fare un esempio, è stato un corredo essenziale del mio insegnamento degli ultimi anni: nella pagina dedicata alla mia disciplina i miei allievi hanno non solo dialogato con me e fra loro su quanto si diceva a lezione, ma hanno pure “postato” appunti e congetture, apparati iconografici e le loro personalissime e spesso ingegnose riflessioni su un canto di Dante o un romanzo di Sciascia o una questione di metodo critico. Perché togliere loro questa possibilità di espressione e interazione, che l’esiguo spazio e il taglio intimidatorio d’una lezione ex cathedra non potrebbero certo consentire?
Facebook, i social network, i blog, i forum e i web-magazine, i siti degli aspiranti critici e/o scrittori: piazze piene magari di spazzatura come certe piazze del Sud ma, come quelle stesse piazze del Sud, risuonanti di vivaci e insonni discussioni sui massimi sistemi, di proclami e di beffe, di denunzie e di entusiasmi. E non puoi solo trovarci l’amico scomparso da decenni, ma pure il libro che ti salva la vita, l’idea che ti fa reinterpretare il presente e reinventare il futuro.

Prof. Antonio Di Grado





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