Il compito della Pedagogia nella società contemporanea è
oggi un compito arduo e problematico, poiché deve occuparsi di
educazione e
formazione rispondendo ai bisogni di una società a forte rischio
di disumanizzazione. E’, quella di oggi, infatti, una società che, come
dice Edgar Morin si presenta complessa per una molteplicità di fenomeni
alcuni dei quali però più incisivi rispetto ad altri e per questo
fortemente condizionanti i comportamenti e la qualità di vita di
ciascuno di noi.
Una società che è resa complessa e diversificata per una molteplicità
di fenomeni quali per esempio
il consumismo,
che ha determinato disuguaglianza, povertà, esclusione sociale…
Fenomeno, quello del consumismo, che ha fatto sì che l’oggetto di
consumo e la sua enfatizzazione sostituissero
la centralità della
persona e il suo rapporto con l’ambiente e la natura,
trasformando luoghi, abitudini di vita, comportamenti. Il consumo è
diventato un linguaggio ed esprime il mondo dei desideri, che ha ben
poco a che vedere con i bisogni del corpo e della mente, ma molto
riguarda l’universo confuso del piacere ludico.
La felicità si è degradata a benessere a cui tutti possono aspirare in
forza di quell’istanza promossa dalle grandi rivoluzioni della
modernità, che ha innalzato a principio l’uguaglianza degli uomini
senza in realtà garantirla a tutti.
Non c’è dunque da meravigliarsi se per coloro che si occupano di
Educazione sia diventato difficile pensare a come
progettare nelle
scuole la costruzione e la difesa delle
identità,
quando il futuro, soprattutto dai giovani, ma non solo dai giovani,
viene concepito come tempo de-progettualizzato. Un’identità senza
progetto, infatti, si presenta anche de-responsabilizzata per cui o si
nasconde dietro una libertà di scelta inconcludente, perché priva di
orientamento o si rende dipendente da un’idea guida. La seconda
soluzione è quella preferibile.
Il mutamento dei valori che si può ricondurre alla dominanza di
orientamenti culturali e di uno stile di vita che si orienta verso
l’immediata realizzazione e l’utilità pratica, spesso viene cercata
e si consuma nel breve tempo. Un mutamento di valori che ha portato
a considerare l’esperienza personale come il metro della valutazione di
sé e della propria realtà e l’individuo ad essere l’unico e
insindacabile giudice capace di dare valore a ciò che fa. Il soggetto,
di fronte a questa situazione, è così diventato norma di se stesso ed
ha tagliato ogni rapporto con un riferimento oggettivo rendendo più
difficile anche il proprio processo di socializzazione.
Oggi si crede, erroneamente, che basta sostituire alla continuità
progettuale la propria presenza, riflesso della cultura dell’immagine e
del mondo dei mass media. Si crede che la ricerca della felicità umana
si trovi all’interno dei gesti e delle scelte che caratterizzano il
consumo quotidiano delle informazioni, dei beni materiali e delle
relazioni sociali.
E allora, ci chiediamo, spero in molti, di fronte a questa mutevolezza
della realtà, quali strumenti risultano utili, per far comprendere ai
giovani che non è vivendo con sfiducia e con il senso della precarietà,
o ancor peggio senza grinta, che si possono cambiare le cose? Forse
bisognerebbe far capire che è necessario vivere con impegno continuo e
costante? Perché forse in questo modo si possono raggiungere i
risultati programmati e quindi i piccoli successi? Questo sarebbe l’ideale!!
rosita.ansaldi@tin.it