Quest'Italia chiacchierona. di Andrea Maria Nucete
Data: Lunedì, 02 settembre 2013 ore 08:30:00 CEST Argomento: Redazione
Su di una
spiaggia della Calabria (Mandatoricccio), "sotto l’ombrellone", ho
conosciuto, a metà agosto, Andrea Maria Nucete. Non è un uomo o un
ragazzo, ma una splendida, slanciata ragazza che, in barba al fatto di
avere visto ben poco l’Italia (o forse proprio in quanto non vi è
"annegata dentro"), ripartendo ne ha fatto, nelle righe che allego, un
ritratto molto chiaro e da un punto di vista molto interessante.
Essendo io ben decisa a non interessarmi “soltanto” della mia ottica ed
amando molto i giovani, cui, sono convinta, occorrerebbe di offrire
maggiori possibilità di quelle che l’Italia offre (ammesso che ne offra
ancora, se non soltanto "a parole"), le ho chiesto, una volta rientrata
al suo paese, di comporre qualcosa sulle motivazioni, le delusioni e le
ragioni del suo avere lasciato questa nostra splendida terra per
cercare altrove la propria fortuna, benché questo, per lei e per il suo
ragazzo (italiano), sia anche significato l’allontanamento (si spera
momentaneo), dell’uno dall’altro. Ritengo che meriti di essere diffuso
e letto e continuo a restare nella convinzione che l’Italia abbia preso
una bruttissima piega: lascia
emigrare i cervelli ed apre le braccia alla manovalanza per la camorra.
Bianca Fasano
fasanobi@libero.it
Tutto ebbe inizio nel 2002, nell'anno dell'euro, delle aspettative, dei
cambiamenti. Avevo 11 anni quando, da un'isola dei Caraibi, mi
trasferii nel tempio della tradizione, della famiglia, della cultura
culinaria. L'Italia è stata la prima meta d'oltreoceano che visitavo e,
nella quale, vivevo. Il colpo che ho subito nel venire sradicata da un
posto che molti catalogano come paradisiaco a un paese di periferia
della provincia di Napoli (Nola) è stato molto forte, sia dal punto di
vista del modus vivendi che dal punto di vista umano; al mio arrivo non
conoscevo alcuna parola in lingua Italiana e non vi sono state persone
o programmi scolastici che mi preparassero all'inizio delle scuole
medie che sono state tutt'altro che una passeggiata; dove per certi
versi venivo emarginata perché troppo alta, troppo diversa, troppo
"straniera". Ci tengo a puntualizzare che provengo da una famiglia di
origini Italiane e che tutti i miei documenti erano in regola,
cittadinanza compresa. Così ho iniziato il mio viaggio, che definisco
una corsa ad ostacoli; non era facile confrontarsi con persone che non
sapevano dell'esistenza di altri continenti, che non avevano interessi
nello sport, che nella società erano poco attive, perché diciamocela
tutta, al giorno d'oggi sono pochi i ragazzi che hanno interesse per
altro che non sia l'iphone, l'ipad, facebook, etc. Ho conosciuto una
faccia dell'Italia pigra che non riesce a valorizzare ciò che ha di
buono, i talenti innumerevoli che vengono sprecati ogni giorno per
ignoranza,incompetenza. Sono riuscita ad andare avanti facendomi strada
tra tutte le gomitate e gli sgambetti che mi venivano fatti dai miei
stessi coetanei che non pensavano a coltivare passioni, che stavano lì
a giudicare gli altri anche non essendo nella posizione di poterlo
fare.
Alla fine delle scuole medie sono riuscita ad ottenere l'eccellenza
scolastica e avevo il mito del liceo, credevo che andando ad un liceo
le cose sarebbero state diverse, mi sbagliavo.
Da un certo punto di vista era peggio,mi rendo conto di descrivere le
cose con un velo di negatività ma tutto sommato, cosa siamo noi se non
il risultato di tante chiacchiere e pochi fatti?
Ho trovato abulia da parte di alcuni insegnanti che, nonostante la
materia prima a disposizione, sottovalutano e mettono alla pari degli
altri le menti brillanti che potrebbero impegnare in approfondimenti,
ricerche, con il fine di arricchire un percorso e non rimanere nella
mediocrità.
Nessuno trionfa e nessuno cade, diceva
Oratio e secondo me non c'è cosa più triste. Rimanere nel mezzo, senza
mai distinguersi per gli Italiani sta diventando un modo di vivere e di
pensare. Una volta uscita dal liceo non mi ero ancora fatta sotterrare
da quest'Italia che sembra non voglia andare avanti e mi sono iscritta
all'università, dove ho cambiato due volte corso di laurea in quanto ho
trovato professori che invece di preoccuparsi di insegnare si
preoccupavano di infastidire le alunne, invitandole al loro studio in
cerca di tutt'altro che materiale didattico, ho trovato un'università
pubblica che rappresenta un sistema ormai obsoleto, troppo burocratico,
diciamocela tutta, troppo lento.
Se il fine giustificasse i mezzi appoggerei certi percorsi lunghi e
tediosi, ma ti ritrovi a risolvere dei rebus per ottenere un risultato
al quale si può arrivare anche senza troppi giri, non si arriva presto
ad una soluzione , spesso ci vogliono mesi, c'è un senso del
pragmatismo latente, o almeno spero che ci sia.
La colpa di tutto questo io la do a noi giovani, non devono essere gli
altri a cambiare ma noi in primis, ognuno di noi deve cercare di dare
il meglio di se stesso per poter cambiare le grandi cose; tutto è fatto
di piccole parti, tutto ha gli atomi; la nostra società ha noi. Faccio
un piccolo esempio, io mi ritengo una cittadina corretta, faccio la
differenziata, pago le tasse, non getto rifiuti dalla macchina, non
parcheggio al posto dei disabili, non alimento il commercio clandestino
acquistando dai venditori ambulanti e la lista di un corretto cittadino
può continuare ad oltranza ma non basta; noi i corretti cittadini siamo
tanti, sicuramente, ma non dobbiamo isolarci, non dobbiamo evitare
quelli che si comportano male, quelli che si comportano in modo
scorretto; dobbiamo alzare la testa e farglielo notare che sbagliano,
che quando vai ad un ufficio pubblico non stanno facendo un piacere a
te se fanno ciò che gli compete, ciò per cui paghiamo le tasse,
dovrebbero essere gentili, sorridere, offrire un servizio per lo meno
dignitoso. Non ci prendiamo in giro, tutti noi sappiamo che in Italia
la maggior parte delle cose funzionano secondo alcuni "meccanismi" che
tutti noi conosciamo e che nessuno di noi denuncia e porta alla luce, i
favoreggiamenti ad esempio, quante volte ne abbiamo sentito parlare?
quanti di noi si sono trovati scavalcati solo visto che non avevano le
"conoscenze giuste" e io mi chiedo, quali sono? Non sono per caso la
cultura, le buone maniere, l'onestà? no, e lo sappiamo, cosa facciamo
per cambiare questa posizione? nulla.
Ci si lamenta quando le scoperte scientifiche vengono fatte da Italiani
all'estero, ci chiediamo perché? Forse perché i nostri ricercatori non
sono trattati come meritano? io credo di si.
Personalmente ho fatto la scelta di trasferirmi negli Stati Uniti, mi
sono innamorata, e ho scoperto un modo di vivere differente, un modo di
pensare lontano anni luce da noi. Ho potuto ammirare come dal nulla si
può creare qualcosa osannata da tutto il mondo, sulla quale tutto il
mondo ha gli occhi. Sono amareggiata perché L'Italia ha tanto, e non lo
sfrutta, ha la cultura, ha la storia, ha i reperti, ha tutto ciò che il
mondo desidera, ha il mare, la montagna, le tradizioni.
Perché è così difficile smettere di pensare a se stessi per un attimo e
capire che non bisogna ingozzarsi con il fine ultimo di diventare il
pesce più grosso, la personalità più influente.
Al mio ritorno dagli States trovo un'Italia cieca per 3/4, si sa, non
c'è peggior cieco di chi non vuol vedere. Sono ancora troppo pochi
quelli che amano davvero questa terra, che soffrono nel vedere crollare
una domus a Pompei, o qualche dipinto di artisti Italiani venduto a
qualche collezione privata o peggio a musei esteri.
Un ringraziamento a questo paese io lo devo, anche se può sembrare
contraddittorio. All'Italia devo soprattutto il merito di essere stata
un'ottima palestra; gli anni vissuti qui li ho trascorsi a fare a
gomitate tra quelli che hanno i santi in paradiso e quelli che come me
cercano una strada nel giusto, per meritocrazia. E non mi sono arresa,
ringrazio l'Italia per avermi allenata ad avere quella marcia in più
che in altri luoghi del mondo non hanno.
La bellezza di questo paese è incommensurabile, ma sono costretta a
dire, "in vacanza". Finché gli stessi Italiani non avranno il coraggio
di essere orgogliosi di quello che hanno, di quello che sono e non si
potrà andare verso un futuro nel quale i nostri figli ne avranno uno.
Apriamo gli occhi, lavoriamo sodo, facciamo valere i nostri diritti ed
eseguiamo i nostri doveri con serenità, con fede, senza sperare che
qualcosa cambi da se; se non puliamo il giardino le erbacce non
spariranno, né tantomeno smetteranno di crescere. Ho ventidue anni, e
parlo ai miei coetanei, a quelli della generazione prima della mia, e
alla successiva, non rimaniamo a guardare.
Italia, parla meno e fai di più, ne gioverai.
Andrea Maria Nucete
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