L’impossibile riscatto dell’Università di Bari
Data: Giovedì, 22 agosto 2013 ore 08:00:00 CEST Argomento: Sindacati
È di queste ore
il durissimo attacco del Governatore della Regione Abruzzo contro
alcune università meridionali, tra le quali Bari che, a suo avviso,
andrebbero chiuse per il bene stesso della comunità in cui insistono.
Non ci interessa rispondere a prese di posizione ideologiche e
muscolari di chi, piuttosto che occuparsi della chiusura di atenei di
altre regioni, dovrebbe dedicarsi maggiormente ai tanti problemi del
proprio territorio: è così evidente la ricerca di una visibilità
elettorale, così abnorme la sciocchezza detta e confermata
nell’ignoranza degli stessi dati ANVUR portati ad esempio, della
composizione degli indicatori statistici, del loro andamento e
contestualizzazione.
Vorremmo, invece, controbattere a chi ancora una volta e ancora oggi,
dietro quelle parole e attraverso le più seducenti argomentazioni di
economisti più raffinati, vuole indicarci la strada da seguire per
l’emancipazione, per il riscatto sia dal punto di vista economico, sia
delle politiche per la conoscenza.
Credevamo superati i tempi in cui il dualismo economia-sociale
legittimasse e inducesse nel nostro Paese a calpestare l’autonomia
delle comunità regionali e locali, indicando le soluzioni migliori, i
modelli più efficienti da seguire (non a caso Chiodi parla
espressamente di “imitazione” sebbene “in senso qualitativo”).
Abbiamo sempre respinto questo approccio imitativo, l'idolatria dei
modelli che “funzionano”, tanto più nel settore della conoscenza, dove
è complicato definire cosa e quale sia il modello più efficiente. Si
dovrebbe sapere (almeno dovrebbero saperlo politici e accademici), che
la misurazione dei risultati non è mai asettica e oggettiva, ma dipende
da molti fattori, tutti politicamente influenzati. Coloro che decidono
le politiche dovrebbero innanzitutto imparare a sottoporre a
misurazione e a valutazione gli esiti delle proprie azioni politiche,
non foss’altro perché sono quelle decisioni a incidere sui risultati
degli atenei, come di tutti i servizi pubblici per la conoscenza. Si
scoprirebbe così che le politiche della Gelmini e del suo successore,
Profumo, sull’Università non stanno aiutando lo sradicamento del
baronato, non stanno incrementando l’accesso al sapere, non stanno
alimentando la ricerca, né la stabilizzazione e il benessere di chi
lavora nel settore.
Un maggiore rispetto per l’autonomia delle nostre comunità e della
nostra capacità critica permetterebbe di apprezzare il lavoro dei
soggetti, singoli e collettivi, che meticolosamente, con intelligenza e
facendo rete, si battono quotidianamente per il miglioramento e la
risoluzione dei tanti problemi dell’università barese.
Non ci servono, né ci aiutano, le bacchettate di chi, non conoscendo e
non conoscendoci, vorrebbe suggerirci come fare, o addirittura venirci
a spiegare che perdere un così importante presidio di produzione di
cultura e conoscenza, come l’università di Bari, sia per noi un bene.
Vogliamo rassicurare politici e ideologi: a Bari non sguazziamo nella
mediocrità, anzi la combattiamo costantemente. Abbiamo bisogno di
continuare a lavorare per il riscatto del nostro Ateneo come da sempre
facciamo e abbiamo dimostrato di saper fare.
Continueremo a farlo insieme, a tutti i livelli, a maggior ragione,
ancora di più dopo parole così insensate.
FLC CGIL Bari
ADI Bari
LINK Bari
bari@flcgil.it
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