Un miliardo a scuola e ricerca
Data: Mercoledì, 14 agosto 2013 ore 05:00:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Verificare
come sono andati i programmi per l'utilizzo dei fondi europei. Puntare
all'empowerment dei giovani. Reperire un miliardo per la scuola,
l'università e la ricerca. Sono le tre leve che il ministro
dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, chiede di azionare per rendere
il nostro sistema più competitivo e al tempo stesso più attrattivo.
Passando anche dall'introduzione di un vero credito d'imposta per le
imprese. «Perché i cittadini – sottolinea l'ex rettore della Scuola
superiore Sant'Anna di Pisa – devono capire che non c'è solo l'Imu». E
anche perché «non c'è un'opzione B».
I dati sull'utilizzo dei fondi Ue per la ricerca dicono che
abbiamo speso poco più dell'8% e siamo solo quarti in Europa. Che
impressione trae da quei numeri?
La mia impressione è che le nostre prestazioni non siano state
all'altezza del valore dei nostri enti di ricerca e delle nostre
università. Occorre migliorare dal punto di vista dell'organizzazione
della ricerca e aumentare sia il numero che la qualità dei nostri
ricercatori. Il mio obiettivo è fare del 2013-2014 l'anno accademico
dei giovani ricercatori. Per questo dobbiamo concentrare le risorse sui
progetti a cui i giovani possono accedere. Ad esempio, bisogna dare la
massima priorità al Firb (il Fondo per la ricerca di base, ndr).
Con quali mezzi?
Le risorse le stiamo verificando ma dovrebbero essere circa 48 milioni.
In più abbiamo lavorato per riportare il turn over al 50% e questo è un
successo del Governo Letta. Ma ora è importante favorire una politica
complessiva per i giovani ricercatori. Faremo una linea di indirizzo su
come andranno realizzate le pubblicazioni. Diremo che verrà premiato
chi firmerà le pubblicazioni senza il supervisore di dottorato
dimostrando di essere indipendente. È un sistema già adottato
nell'European Research Council dove i ricercatori devono dare prova di
saper pubblicare da soli. Anche nel valore dei progetti di ricerca
terremo conto dell'indipendenza e dell'autonomia dimostrate. E
privilegeremo gli atenei e i centri di ricerca che hanno ricercatori
come responsabili e coordinatori di progetti. I giovani devono
diventare i protagonisti della riscossa. Dobbiamo lavorare per renderli
più indipendenti come avviene all'estero. La nostra fuga di cervelli è
anche legata al fatto che all'estero i ricercatori sono più liberi e
l'ambiente li responsabilizza di più.
Dai numeri emerge una migliore capacità di spesa nei progetti che
coordiniamo. Ma per coordinarli dobbiamo essere più credibili agli
occhi di Bruxelles. Come?
Abbiamo da poco nominato i nostri delegati nel comitato del prossimo
programma Horizon 2020. Mi impegno a riceverli una volta al mese e mi
diranno come possiamo muoverci. Tra l'altro abbiamo scelto persone che
già conoscono il mondo imprenditoriale. Il contatto con le imprese è
fondamentale. Non solo con le grandi ma anche con le piccole e le
medie. Qui sarà importante anche il ruolo delle università e degli enti
di ricerca che dovranno fare da raccordo. È tutta la filiera infatti
che va attivata.
Anche con il credito d'imposta che le imprese chiedono da anni?
Certo. Ma deve essere un credito d'imposta vero e che funzioni. Non un
click day. È il momento di dire che non si può parlare solo d'Imu. I
cittadini devono capire l'importanza della ricerca e dell'innovazione.
Ne va della capacità del nostro sistema produttivo e dell'attrattività
dei capitali stranieri. C'è un termine che mi piace molto. Ed è
l'empowerment dei giovani. Bisogna far sì che i ragazzi guidino il
sistema. Come nel Dopoguerra anche oggi tocca ai trentenni fare
ripartire l'Italia.
Ci sono le condizioni politiche per riuscirci?
Su questi temi in Consiglio dei ministri e in Parlamento c'è un buon
clima. Forse è più difficile farli passare nelle università e negli
enti di ricerca. Ma è un segnale che va dato ai cittadini. Per questo
mi chiedo: perché non cercare un miliardo per fare ripartire la scuola,
l'università e la ricerca? Puntare sul capitale umano è l'unica via per
uscire dalla crisi.
Prima ha citato Horizon 2020. In quel programma i fondi per la ricerca
aumenteranno almeno del 20 per cento. Nei prossimi sette anni
riusciremo a migliorare le nostre performance di spesa?
Non c'è un'altra opzione. È un punto di vita o di morte del nostro
sistema. O miglioriamo i tempi e la qualità dei progetti e aiutiamo i
giovani ricercatori a essere all'altezza dei loro colleghi o perdiamo
il treno. Non c'è un'opzione B.
Eugenio Bruno
Ilsole24ore.com
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