Nel centenario della morte di Giovanni Pascoli, rileggiamo il X agosto
Data: Sabato, 10 agosto 2013 ore 07:30:00 CEST Argomento: Redazione
Il dieci agosto del 1867 , nel giorno di San Lorenzo, mentre ritornava dal mercato moriva, ucciso con una fucilata da sicari, rimasti sconosciuti, il padre di Giovanni Pascoli, Ruggero . L’evento luttuoso segnerà per sempre in maniera indelebile la vita e l’opera del poeta. Nel giorno delle stelle cadenti, rileggiamo la poesia X agosto, anche a ricordo del centenario dellamorte del grande poeta romagnolo.
I
San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
II
Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.
III
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
IV
Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.
V
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
VI
E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!
Le poesie di Myricae, di cui X agosto fa parte, inserita nella serie
intitolata Elegie, sono impregnate, per buona parte, di pianto, e
ricche di allusioni simboliche e di temi autobiografici
riguardanti la morte e il dolore e il male di vivere. Diremo, anzi, che
il Pascoli ebbe sempre, dopo la "tragedia familiare", la propensione a
universalizzare il suo dolore privato nel κήρυγμα di una vera e
propria tragedia cosmica; una tragedia così fitta di "ombra e di
mistero", che non trova nessuna soluzione "noetica", nessuna risposta
positiva, "oltre all’atto dell’interrogazione".
La poesia X agosto, così scolasticamente consumata, ma pure fraintesa,
per non dire snobbata da generazioni e generazioni di studenti, e non
solo, è, in realtà, come una summula di un certo Pascoli funereo,
sospeso sempre e incerto tra i richiami del positivismo e
quelli dello spiritualismo decadente. Nella poesia in oggetto, il poeta
pone esplicitamente le figure evangeliche del martirio ("come in
croce"), dell’olocausto del giusto ("Perdono"), per equiparare,
iperbolizzandola, una sciagura privata al sacrificio di Gesù; la morte
del padre trova analogie con quella del Cristo crocifisso, anche se,
poi, - come sostiene, a buon diritto, il critico semiologo Angelo
Marchese - l’essenza cristiana del mistero viene dal Poeta vanificata
dalla tragica lontananza di un "cielo" che sembra, se non insensibile,
almeno impotente davanti al male, separato, quasi estraniato dal dolore
dei viventi.
Il Pascoli, in definitiva, dell’evento centrale del cristianesimo,
ovverosia la morte redentiva del Signore, sembra vanificare proprio il
significato di salvezza: non c’è rapporto, infatti, né vera
comunicazione, a leggere questa poesia, tra lo spazio orizzontale
della storia e quello verticale del cielo.
Il gesto disperato di chi muore accennando ai segni-valore del nido (il
cibo, le bambole) ignora il compianto di un’entità metafisica
iperuranica nella quale il Pascoli "sigilla il suo spiritualismo
pessimistico, espressione esso stesso della crisi gnoseologica
del positivismo di fronte al "mistero" di "quest’atomo opaco del Male"!
Anche se a quel "cielo lontano" pure, alla fine, il poeta sembra
affidare i cosmici messaggi di San Lorenzo.
Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com
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