La voce degli studenti. Lettera di un’ex alunna del San Benedetto
Data: Venerdì, 14 giugno 2013 ore 07:45:00 CEST Argomento: Redazione
Conosco
ogni centimetro della mia vecchia scuola. Certo, è passato un po’ di
tempo dal giorno in cui vi ho messo piede per la prima volta, eppure
non è cambiata per niente. Ricordo ancora le parole di mia madre, che
cercava di tranquillizzarmi: “Sono sicura che presto piangerai perché
non vorrai più andare via di lì, proprio come tua sorella”. D’altra
parte il primo giorno di asilo è difficile per tutti. In
quell’occasione avrei tanto voluto tornare a casa mia a guardare i
cartoni animati, ma evidentemente era arrivato anche per me il momento
di crescere. All’improvviso ci fermammo di fronte ad un grande portone
marrone, con una scritta che ancora chiaramente non ero in grado di
leggere. Allora chiesi a mia sorella di farlo per me: “Istituto San
Benedetto”, rispose lei, con voce soddisfatta.
Che dire, non voglio perdermi troppo nei particolari, ma, non ricordo
esattamente come o quando, mi resi conto di non essere poi così tanto
lontana da casa. Ogni mattina era una corsa contro il tempo. Di fretta
ad indossare la solita divisa bianca e blu, che ancora custodisco
gelosamente nel mio armadio, e dopo, a scuola. Quando avevo un po’ di
tempo prima che suonasse la campana, mi piaceva andare in cortile a
prendere una boccata d’aria fresca. Forse perché mi ricordava i tempi
dell’asilo, quando la maestra ci portava a vedere i pesciolini che
nuotavano nella grande vasca verde in cortile.
Comunque, al suono della campana, si andava in cappellina, dove ognuno
di noi faceva una piccola preghierina affinché la giornata procedesse
per il verso giusto. Io spesso andavo in cappellina anche prima di un
compito in classe, per sentirmi un po’ più sicura. Insomma, tra
preghiere, compiti, lezioni e preoccupazioni, e mille gioie, dieci anni
passarono senza neanche rendermene conto. Così arrivò l’ultimo anno, ed
era sempre più vicino il giorno degli esami di terza media. Devo
ammettere però che la cosa che mi preoccupava non erano gli esami, la
prima vera prova che avrebbe deciso su gran parte del mio futuro, bensì
la paura di dover lasciare tutti i luoghi e le persone che avevano
rappresentato fino a quel momento la mia più grande certezza. Forse è
stato quello il periodo più bello, in cui cercavo di godermi ogni
singolo attimo, in giornate che sembravano trascorrere troppo in
fretta. Beh, anche gli esami sono passati eppure è come se io non fossi
mai andata via da lì. Il sentimento che mi lega a questo istituto e a
tutte le persone che fanno parte di esso non si è spento. So di dover
dire “Grazie” per tutto quello che da loro ho ricevuto. Ho capito
quanto un genitore sarebbe disposto a fare sacrifici affinché il figlio
possa frequentare questa scuola.
Ho imparato a lottare per ciò in cui credo, per ciò che mi è stato
insegnato. Ecco, credo che sia arrivato il momento di farlo. Non avrei
mai immaginato di dover parlare di una cosa del genere. Eppure è
successo, è la realtà. Certo, vedere la mia sorellina che tiene in mano
una lettera da parte della scuola non è proprio una cosa che mi
aspettavo. Ma la cosa più inaspettata in assoluto era il contenuto
della lettera. Mi è bastato guardare gli occhi lucidi di mia madre per
capire che qualcosa non andava: “La scuola rischia di chiudere a causa
di problemi economici”. Sentirlo dire e dopo ripeterlo ad alta voce non
lo rendeva ancora credibile. Non sono riuscita immediatamente a
realizzare che cosa volessero dire esattamente quelle parole e che
conseguenze avrebbero potuto avere. So solo che il giorno dopo ci siamo
ritrovate a scuola per un incontro tra i genitori degli alunni, gli
insegnanti e le suore che da sempre mandano avanti l’istituto con la
fede e l’amore che le contraddistingue. Appena entrata nella sala, la
stessa in cui da piccola partecipavo alle recite di Natale, l’atmosfera
che si era creata mi permetteva di assistere all’incontro solo da un
angolo della stanza.
Ognuno diceva la propria, qualcuno alzava il tono della voce e qualcun
altro non tratteneva le lacrime, ma nessuno si accorgeva che tutti
stavano combattendo per la stessa causa, spinti da un sentimento
comune: l’amore per l’Istituto San Benedetto.
Nonostante io non fossi più un’alunna di quella scuola, sentivo dentro
un timore che mai prima avevo provato: il timore di vedere quel portone
marrone chiuso, quindi tutti i ricordi che ho dentro di esso. Se si
arriva a questo punto credo che la crisi di cui tanto si sente parlare
in televisione non sia solo economica! Se è vero che i giovani sono il
futuro, allora bisognerebbe tenersi care le poche possibilità di veder
crescere un figlio secondo i veri valori della vita.
Posso solo dire che mi sento orgogliosa di aver fatto parte di questa
grande famiglia e spero di farne parte ancora per tanto tempo. Spero
con tutto il cuore che anche mia sorella possa credere a quello
che io oggi affermo con tutta la convinzione possibile.
Mi piacerebbe poter dire un giorno a mio figlio ciò che mia madre ha
detto a me: “Questo è l’Istituto San Benedetto. Vedrai, non vorrai più
andare via di qui!”.
Un’ex alunna dell’Istituto San
Benedetto, che quest’anno ha frequentato il quarto Ginnasio
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