Viaggio tra gli articoli dello scrittore calabrese Corrado Alvaro
Data: Domenica, 02 giugno 2013 ore 08:00:00 CEST
Argomento: Redazione


La letteratura del novecento è legata, come non mai nel passato, al giornalismo soprattutto letterario. Il letterato del ventesimo secolo  non è il gentiluomo come  il Manzoni, il Leopardi, né tanto meno il letterato-professore come il Carducci. E', invece, uomo di lettere, come tale svolge  la sua attività sulle colonne dei giornali. Non è il caso di menzionare un pullulare del gran numero di fogli, di riviste, di periodici politico-culturali di fine ottocento e inizio novecento, di certo, però, a quei tempi, il giornalismo rappresentava il centro della vita culturale italiana  del novecento.
Corrado Alvaro, partecipe di tutti questi movimenti culturali per oltre un cinquantennio, nel variegato panorama di quel secolo, ha senz'altro occupato un posto distinto oltre che come scrittore anche da giornalista. In questa direzione ha sviluppato una attività non meno importante rispetto a quella seguita da scrittore, manifestando un impegno e una tenacia non comuni che lo dovevano portare a non restare insensibile  a quell'ampio ventaglio di interesse che esprimono i suoi pezzi. Egli diede la sua collaborazione a diverse testate giornalistiche e riviste, a partire dal 1917, con "Il Resto del Carlino" , non ancora laureato, per passare poi al "Corriere della Sera" a laurea in lettere conseguita. Ancora "Il Mondo", "Il Tempo", "Il Popolo di Roma", "La Stampa", tappe significative dei maggiori quotidiani nazionali, ma anche "L'Italia che scrive", "La Fiera letteraria", "Atlantica", "Nuova Antologia" ed altri ancora.

Riviste specifiche dove vengono affrontate problematiche di carattere  prettamente letterario, ma anche di altra natura. Il mondo alvariano del giornalismo appare, dunque, complesso. Qui è possibile cogliere il grande apporto che lo scrittore calabrese è riuscito a fornire al campo della carta stampata. Ma Alvaro, quale uomo di cultura, si interessò molto della problematica letteraria che in quegli anni investiva il panorama letterario. Così  ne affronta  alcuni aspetti, in un articolo, sulla rivista "Atlantica" di New York,  uscita nel dicembre del 1929,  cui dà un titolo molto significativo: The Litterary Spirit of Modern Italy.
E' questo un vero e proprio trattato che tende a mettere in rilievo l'evoluzione letteraria in Italia a partire dal Romanticismo per arrivare a toccare punti nodali ed autori significativi della nostra letteratura in seno alle due guerre." Il Romanticismo - afferma Alvaro - durò poco in Italia" e spiega il perché:
"in base alla reale struttura della vita italiana fu quasi impossibile per gli scrittori italiani intraprendere a scrivere di eventi con una qualche opinione personale anche di carattere sociale, che è uno dei postulati del Romanticismo".

L'illustre Calabrese prosegue nel suo giudizio sostenendo che gli scrittori "furono costretti a trattare ricostruzioni fantastiche o storiche: queste ultime fornivano la sola possibile letteratura sociale e trattando di ispirazioni del passato, ricordi storici e fatti linguistici, formavano la così detta letteratura nazionale. Lo stesso Carducci -affermava Alvaro- ottenne la fama scrivendo solo Odi storiche di relativo valore artistico".
Mentre del Pascoli, Alvaro dice che "fu costretto a fare lo stesso". Ma sfortunatamente - continua lo scrittore calabrese - quando la letteratura italiana cercò di emergere dal Carduccianesimo o dal Pascolismo visse di sentimenti riflessi e presi a prestito, come la letteratura  crepuscolare".

Continuando in questa visione crepuscolare conferma Verga come l'unico vero "poeta crepuscolare" che fosse autenticamente italiano.
Poi lo scrittore Calabrese passa a considerare  quale fu lo strumento  più efficace ai fini del rinnovamento della nostra letteratura e lo individua nel giornalismo. Esso "da molto tempo era il più grande veicolo di cultura in Italia, fu di grande aiuto al rinnovamento  della letteratura italiana".
Qui il quotidiano prese il posto del libro, della rivista. Il giornalismo è sempre dipeso dagli scrittori, che, poiché essi dovevano parlare fin quanto possibile di eventi pratici e concreti basati sui fatti, e con lo scopo di convincere piuttosto che divertire furono costretti a cambiare se stessi ed i loro pregiudizi. La letteratura nei passati dieci anni  era stata nei quotidiani. Alvaro, scrivendo degli effetti provocati dal giornalismo, mette in rilevo l'influenza che suscita quello stile: "Noi - dice - troviamo alcuni di loro che riescono a scrivere la loro colonna  con il calore di un'antologia ed il calore  della convinzione che solo i fatti possono suggerire".

Adele Sammarro
adelesammarro@tiscali.it

rivista Atlantica New-York






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