Troppe differenze tra le mense d’Italia
Data: Lunedì, 27 maggio 2013 ore 07:00:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
L’allarme di
Save The Children: «A troppi bambini viene a mancare la possibilità di
mangiare a scuola, insieme ai propri compagni: criteri di accesso al
servizio di refezione molto restrittivi che finiscono per essere
umilianti nei confronti delle fasce più deboli» - ROMA Paese che vai,
mensa che trovi, è la conclusione a cui è giunta l’organizzazione Save
the Children al termine di un monitoraggio dei servizi di refezione
scolastica in 36 comuni italiani. Non c’è un comune uguale all’altro e
una mensa uguale all’altra, i servizi, la qualità e le possibilità di
accesso variano moltissimo da città a città. E’ uno dei tanti furti
denunciati da Save the Children nell’ambito di “Allarme Infanzia”, la
campagna che andrà avanti fino al 5 giugno. “A troppi bambini
oggi viene a mancare la possibilità di mangiare a scuola, insieme ai
propri compagni, a causa di criteri di accesso al servizio di refezione
molto restrittivi e che finiscono per essere stigmatizzanti e umilianti
nei confronti proprio di quei bambini che hanno maggiore bisogno di
aiuto - commenta Raffaela Milano, Direttore dei Programmi Italia-Europa
Save the Children Italia - In un Paese dove il 35% dei genitori
dichiara di aver dovuto ridurre la spesa alimentare, stiamo privando
proprio i bambini più a rischio di un supporto fondamentale per la loro
alimentazione e la loro crescita sana. Le differenze di trattamento tra
città e città sono abissali. Non è giusto che un bambino che vive in
una città anziché in un’altra debba trovarsi in situazioni opposte:
accolto a mensa anche quando la sua famiglia non riesce a garantire il
pagamento della retta, in alcuni comuni, o al contrario costretto a
mangiarsi un panino, magari relegato in una stanza a parte, in altre
città. In Comuni come Parma o Palermo per esempio l’esenzione dal
pagamento della quota di contribuzione al servizio non è prevista in
alcun caso. In altri comuni, pur essendo prevista, non sono omogenei né
i criteri né la soglia di accesso: si va da un tetto ISEE di 0 euro a
Perugia ad un tetto ISEE di 8.000,00 euro a Potenza; inoltre alcune
città prevedono l’esenzione per famiglie appartenenti a categorie
particolarmente svantaggiate, come i rifugiati politici a Genova o i
nuclei di origine rom a Lecce. Anche sul contributo da versare le
differenze sono notevoli da città a città: a Napoli la tariffa massima
mensile di 68,00 euro (con un ISEE superiore a 18.750,00 euro) è più
bassa della tariffa minima mensile di 66,50 euro richiesta Brescia (con
un ISEE inferiore a 16.840,00 euro). Tra i comuni sottoposti al
monitoraggio, solo in cinque hanno attivato delle misure di sostegno
all’impoverimento delle famiglie legato o alla numerosità dei figli o
alla perdita del posto di lavoro. Sono Verona, Parma, Pisa, Bari,
Sassari. In 11 comuni - Brescia, Adro, Udine, Padova, Verone, Pescara,
Perugia, Pisa, L’Aquila, Campobasso, Lecce – esistono vere e proprie
discriminazioni come l’obbligo di residenza per l’accesso all’esenzione
o la riduzione della contribuzione. “La richiesta di questo
requisito, secondo una ormai copiosa giurisprudenza, riveste il
carattere della discriminazione indiretta a danno soprattutto di
cittadini stranieri anche se poi, a farne le spese, sono anche bambini
italiani di famiglie che risiedono nei paesi limitrofi al comune dove
vanno a scuola”, sottolinea Antonella Inverno, Responsabile Area Legale
di Save the Children Italia. A Brescia, per esempio, i non residenti
pagano la retta più alta: 136,80 euro mensili. Un’altra discriminazione
è l’esclusione in caso di morosità dei genitori, accade, ad esempio, a
Brescia, Ancona, Salerno e Palermo. E a Vigevano, i bambini figli di
genitori non in regola con le rette, consumano il pranzo portato da
casa in una stanza separata. Save the Children, quindi, chiede che
“tutte le scuole, a partire da quelle dei territori più svantaggiati,
siano dotate di una sala mensa dove poter condividere il pranzo,
garantendo l’accesso gratuito e non discriminatorio al servizio alle
fasce più deboli. E’ necessario poi estendere a tutti i comuni una
misura anticrisi elementare come quella di consentire a chi ha perso il
lavoro di modificare la sua fascia di contribuzione alla mensa, senza
basarsi sui redditi dell’anno precedente”.
Flavia Amabile
Lastampa.it
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