Il nuovo appezzamento di terra
Data: Mercoledì, 01 maggio 2013 ore 07:00:00 CEST Argomento: Redazione
Tutte le volte che
‘u zu Carmine passava da lì, per andare alle “Ciappe”, trovava sempre
il modo per guardare i terreni che erano proprio all’uscita del paese,
vicino alla “biviratura”, dove gran parte dei cittadini del paesino
nebroideo andavano ad attingere l’acqua fresca “da funtana” che,
secondo loro, aveva un effetto curativo.
Pure ‘u zu Carmine apprezzava quella fonte, ed assieme a lui,
Ciccineddu, il suo giovane asino, provava piacere quando si dissetava
in nelle “chiare e fresche acque”. Proprio sotto ‘a biviratura,
sorgevano degli appezzamenti di terra ben coltivati.
‘U zu Carmine ci passava spesso, in quanto, vicino, vi era la
“trazzera” che conduceva alle lontane terre delle “Ciappe” e sapeva che
in mezzo a quei terreni vi era un appezzamento, pieno di spine e di
rovi, che da diversi anni versava in stato di abbandono perché il
proprietario, con la sua famiglia, era emigrato al Nord, per lavoro.
‘U zu Carmine guardava spesso quel terreno ed a poco a poco ci fece un
pensierino per comprarlo, desideroso di poter avere un luogo tutto suo,
proprio vicino casa, da usare come “ritiro”, per sé e per Ciccineddu,
il suo giovane asino. Non aveva dimenticato le parole di sua madre:
“Ogni principio è forte, ed ogni desiderio avrà fine”. E così avvenne
che, dopo poco tempo, ‘u zu Carmine, ebbe l’occasione di contattare il
proprietario del terreno e di acquistarlo, realizzando così il suo
agognato progetto.
Comprato il terreno, vi si recò col suo asino e, dopo essersi dissetato
con l’acqua della fontana sovrastante, si avviò verso l’appezzamento
per prendere possesso ed organizzare i primi lavori, mentre Ciccineddu
stava tranquillamente a “pascolare” vicino alla “biviratura”.
‘U zu Carmine si accorse che le erbacce e le spine erano talmente
alte che coprivano e soffocavano le viti e gli alberi che vi erano
rimasti. Ma si avvide anche che tra tutta quella caotica selva di
“frasciame” inservibile, vi erano delle viti e degli alberi di mandorle
e di frutta che potevano ancora essere recuperati.
Allora, armato di zappa e di… tanta pazienza, iniziò a diserbare, a
zappare ed a rassodare il terreno circostante, per oltre una settimana.
‘U zu Carmine e Ciccineddu, si recavano al campo al mattino, poi a
mezzogiorno tornavano a casa, e nel pomeriggio erano di nuovo nel loro…
“posto di lavoro”.
Diserbando il terreno, ‘u zu Carmine allontanò tutte le erbacce e
bruciò i rami secchi, le spine ed i rovi che aveva tolto dal terreno.
Dopo la “pulitura”, insieme a Ciccineddu, contemplò il lavoro ben
fatto, contento di aver liberato il suo campo. Con soddisfazione scrutò
il terreno e volse il suo sguardo, per cercare approvazione, verso
Ciccineddu il quale, come se avesse capito, gli si avvicinò e gli
strofinò la testa sul braccio. ‘U zu Carmine, soddisfatto dal gesto, lo
accarezzò!
Era molto contento per aver comprato quell’appezzamento di terra, aveva
fatto, sicuramente, secondo lui, un buon affare. E ben presto quel
campo, diventò, per i “due inseparabili amici”, il loro “buen retiro”!
Il vecchio detto della mamma non si era sbagliato! Il principio di
voler restaurare quel terreno era stato forte, ed il desiderio di
possederlo e ripulirlo aveva avuto buon fine.
‘U zu Carmine, dopo quella fatica, ebbe modo di riflettere… e di
apprezzare, con gioia e serenità, il lavoro compiuto, e spesso,
scendeva nella stalla, dove si trovava Ciccineddu, per dargli un
nutrito “pugno di fave”, che il suo giovane amico le divorava con
soddisfazione. Tutti e due si guardavano contenti della loro “unità” e
stavano lì, mentre Ciccineddu mangiava le fave, e ‘u zu Carmine
spazzolava l’animale. E già pregustavano l’indomani mattina quando,
entrambi, sarebbero andati ‘nta biviratura a dissetarsi e nell’amato
terreno… a riposarsi!
Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it
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